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Senza sanzioni sul petrolio russo il prezzo potrebbe cadere a 65 dollari al barile. Nel frattempo pagano i consumatori…

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Secondo Simon Watkins, analista a Oilprice, il fallimento delle sanzioni petrolifere contro la Russia porterebbe il prezzo del petrolio indietro a 65 dollari al barile, portando un  colpo a Mosca probabilmente superiore rispetto a quello costituito dalle sanzioni stesse. Senza considerare gli effetti positivi sull’inflazione e sulle tasche dei cittadini dell’Unione. Però sembra che la direzione sia completamente opposta.

Secondo l’analista un fattore chiave dell’attuale prezzo elevato del petrolio greggio  è la preoccupazione del mercato relativa al possibile divieto delle esportazioni di petrolio russo nell’Unione Europea (UE). Prima dell’invasione dell’Ucraina, l’Europa importava circa 2,7 milioni di barili al giorno (bpd) di petrolio greggio dalla Russia e altri 1,5 milioni di bpd di prodotti petroliferi, principalmente diesel. Questo timore delle sanzioni è stato ampiamente esagerato. La rimozione di questo particolare fattore di paura nel prezzo del petrolio gli consentirà di tornare nel corso di quest’anno al livello di prima che il “premio di guerra” Russia-Ucraina iniziasse a essere prezzato  nel settembre 2021 , cioè a circa  65 dollari USA al barile (pb) di Brent.

Ricordiamo che  Ungheria e Slovacchia continuano ad affermare che non voteranno a favore del bando del petrolio russo. Secondo i dati dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), l’Ungheria ha importato 70.000 barili al giorno, ovvero il 58 percento, delle sue importazioni totali di petrolio nel 2021 dalla Russia, mentre la cifra per la Slovacchia era ancora più alta, a 105.000 barili al giorno, pari al 96 percento di tutto le sue importazioni di petrolio l’anno scorso. Altri  paesi europei che dipendono dall’oleodotto Druzhba meridionale sono   la Repubblica Ceca (68.000 barili al giorno, o 50 per cento o le sue importazioni di petrolio nel 2021 provenivano dalla Russia) e la Bulgaria (che dipende quasi completamente dalle forniture di gas del gigante petrolifero statale russo Gapzrom, e la sua unica raffineria è di proprietà del gigante petrolifero statale russo, Lukoil, che fornisce oltre il 60% del il suo fabbisogno totale di carburante). Questo rende molto improbabile una applicazione seria delle sanzioni petrolifere da parte della UE,  che, alla fine, dovrebbe concedere talmente tante esenzioni da far apparire la misura come una forma di groviera!

A questo punto sarebbe molto più serio abbandonare la misura e non mettere al bando il petrolio, finché possibile, permettendo che l’abbondanza di produzione faccia scendere il prezzo e quindi danneggiando la Russia con prezzi meno convenienti, magari riaprendo all’Iran e incentivando le produzioni  venezuelane e libiche. Però la demagogia è molto forte presso la Commissione, più della logica e dell’economia.


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