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“Scuola e sanità: un destino comune!” di R. SALOMONE-MEGNA

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Prima di parlare della sanità e della scuola statale al tempo del coronavirus, occorre una breve prodromica digressione.

Per onestà intellettuale, gli attuali governanti arrivano al comando dopo più di 25 anni di feroci politiche neoliberiste, poste in essere da tutti quelli che li hanno preceduti, nessuno escluso, al grido “L’Europa lo vuole“, evocando il grido “Deus vult”, che portò i Crociati in Terrasanta. Le loro responsabilità sono pertanto limitate all’arco temporale del loro governo.

Possiamo tuttavia annoverare anch’essi tra i neotolemaici italiani, che si caratterizzano per avere tre certezze assolute: la NATO in politica estera, l’euro in economia e l’Unione Europea per tutto il resto.

La moneta, che normalmente è solamente un mezzo, in Italia è invece diventata un fine.

In buona sostanza, al centro c’è l’euro, assurto a valore assoluto, mentre tutto lo stato sociale, in primis pensioni, scuola e sanità, girano attorno ad esso e si devono adeguare.

Chi sia il Tolomeo italiano è difficile a dirsi.

Ci sono tanti nomi autorevoli, che possono a buon diritto concorrere a questa titolo: Beniamino Andreatta, Carlo Azelio Ciampi, Romano Prodi, Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Mario Monti. Ci fermiamo qui, ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo. Ognuno di essi, in buona fede forse o in cattiva fede molto probabilmente, ha destrutturato il sistema economico italiano così come si era formato dopo la seconda guerra mondiale e che aveva portato l’Italia ad essere in assoluto la quinta potenza economica occidentale, grazie al suo mix innovativo di grandi imprese di stato, come l’IRI, ereditata dal ventennio fascista, e di medie e piccole imprese private.

Fatto sta che, a causa degli accordi di Maastricht prima e del pareggio di bilancio dopo, in Italia da anni non si fa più politica di alcun tipo ed i governanti sono diventati sostanzialmente i gabellieri di Bruxelles.

I Governi ratificano scelte politiche prese altrove. E’ molto triste, ma ormai la democrazia italiana è stata ridotta ad una sterile liturgia. Vengono totalmente disapplicate intere parti della nostra Carta Costituzionale e, qualunque possa essere l’orientamento della compagine al comando, non può far altro che perpetuare le scelte precedenti.

Questo modus operandi si chiama rispetto dei vincoli esterni. Vinculum in latino significa catena. Tutti noi, quindi, siamo incatenati poiché la politica economica, fiscale, di sviluppo non ricade più sotto il controllo parlamentare.

La politica estera è invece indirizzata dalla NATO, longa manus degli statunitensi.

Gli Stati Uniti, con la loro politica delle sanzioni economiche, ci limitano anche nei commerci.

Assurde le sanzioni che abbiamo dovuto applicare, obtorto collo, alla Russia, paese con il quale abbiamo sempre avuto nel secondo dopoguerra ottime relazioni diplomatiche. Come non ricordare la FIAT a Togliattigrad ed un grande attivo commerciale, ma tant’è: l’Italia è diventata una colonia e come tale ha margini di manovra molto limitati.

In ogni caso, oggi la Federazione Russa non ha fatto mancare il suo concreto sostegno. Quando i nostri alleati e malmostosi vicini facevano solo chiacchiere, in questo momento così tragico, non ha esitato ad inviare con un ponte aereo un’intera brigata NBC completamente attrezzata ed autosufficiente all’aeroporto di Pratica di Mare.

Una piccola chiosa. Gli aerei russi, per giungere in Italia, sono passati per la Turchia, un po’ come dire che per andare da Napoli a Roma si passi prima per Messina. Il motivo? La Polonia non ha dato il permesso di attraversamento del proprio spazio aereo agli aerei da trasporto russi II67, ben sapendo che erano aiuti per l’Italia.

Vorrei sommessamente ricordare che il grande sviluppo economico della della Polonia di questi anni è finanziato dai trasferimenti dell’U.E. e quindi anche dai cittadini italiani, essendo l’Italia contribuente netto al bilancio europeo. Questo forse i polacchi non lo sanno e pertanto sarebbe il caso che il ministro Di Maio facesse in merito qualche precisazione al suo omologo polacco. E’ sempre vero il detto antico che gli amici si vedono nel bisogno!

Ma le cose vanno così e l’unione europea si sta dimostrando sempre più una “compagnia malvagia e scempia”. Patetica la dichiarazione di ieri del presidente della Commissione europea. La Von der Leyen si è detta preoccupata per i farmaci contraffatti, perché i criminali sfruttano questi momenti di paura ed ha aggiunto:”Ho parlato col direttore di Europol, con i nostri governi e le agenzie europee: facciamo tutto il possibile per proteggervi dai medicinali contraffatti“. Dopo tale stentorea dichiarazione, ora sì che ci sentiamo tutti tranquilli!

Fatta questa lunga ma doverosa premessa, cosa è avvenuto, summa capita, nella sanità e nella scuola negli ultimi due decenni?

Innanzitutto tagli, solamente tagli, niente altro che maledetti tagli, spacciati ovviamente per salvifiche riforme.

Ormai, quando in Italia si sente il termine riforma, il cittadino avveduto deve fare i debiti scongiuri, poiché anche se sbandierata per un ipotetico miglioramento dello status quo, certamente peggiorerà il suo tenore di vita. E’ fattuale.

Partiamo dal sistema sanitario nazionale, che nel 1999 con il dlgs 229 è stato regionalizzato. Gli ospedali, posti sotto il controllo regionale, sono diventati “ aziende”, sostantivo che con la tutela della salute in genere non si coniuga affatto bene.

Si sono create, infatti, sanità di serie A, di serie B e alcune di serie C. Il pareggio di bilancio, inserito in Costituzione da Mario Monti nel 2012, che vincolava anche il bilancio delle regioni al suo rispetto, ha fatto il resto. Negli ultimi dieci anni sono stati tagliati alla sanità 130 miliardi di euro.

A dire il vero, i più accorti costituzionalisti paventavano l’eventualità che l’art.32 della nostra Carta, che pone la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo, potesse entrare in conflitto con le modifiche introdotte ai successivi artt. 81, 97, 117, 119, che statuiscono il pareggio di bilancio.

Ma tant’è. Alla Camera il provvedimento passò con 464 voti favorevoli , 0 contrari e 11 astenuti. Nessuno dei deputati si oppose alla modifica costituzionale e molti di essi votarono il provvedimento senza aver per niente chiaro quali fossero le future ricadute sul paese.

Una vera e propria hybris ci ha colpito per quella scelta, grazie alla quale oggi abbiamo una palese dimostrazione di insulsaggine e perniciosità. Eppure, a quei tempi, fu presentata come cosa di poco conto, quasi un atto dovuto, però operata senza alcun dibattito approfondito nella società civile e sotto il ricatto dello “spread”.

Mio padre, medico ospedaliero classe 1904, avrebbe detto che il “tempo è galantuomo”.

In effetti, il tempo è stato galantuomo e così veniamo colpiti da una epidemia causata da un virus, normalmente non pericoloso, ma che si è purtroppo mutato e in alcuni casi attacca anche i polmoni dell’ospite, causando gravi polmoniti, per curare le quali i nostri soliti rimedi sono del tutto inefficaci, non esistendo protocolli clinici e men che meno vaccini.

Per tentare di salvare gli ammalati è necessaria la terapia intensiva e quindi i reparti specificatamente attrezzati con i ventilatori polmonari.

I sacrifici che ci sono stati imposti illo tempore oggi risultano ancora più gravosi ed inutili per i lutti che stanno causando e soprattutto perché i risparmi, rectius tagli, sullo stato sociale a cui siamo stati costretti, vennero impiegati per salvare le banche tedesche e francesi, aziende di quelle nazioni che non hanno dimostrato ad oggi alcuna solidarietà verso l’Italia.

Il ministro della sanità Roberto Speranza, nomen omen dicevano i latini, giustamente appella i medici e gli infermieri italiani come gli eroi del nostro tempo. E’ vero, sono degli eroi.

Un trepidante pensiero in questi giorni lo rivolgo spesso a mio fratello Angelo, responsabile del reparto di malattie infettive dell’ospedale della mia città. Non avrei mai immaginato che avrebbe dovuto affrontare un’emergenza sanitaria così acuta, al pari di quella che, causata dal tifo nella nostra provincia sannita ancora devastata dalla guerra, mio padre fronteggiò settanta anni fa.

A cagione di questi tagli siamo tornati indietro di settanta anni e questo per inseguire ufficialmente la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa, progetto inizialmente quanto mai utopico, ma rivelatosi nel prosieguo distopico, poiché concretamente ha appagato la cupidigia e la brama di ricchezza di una ristretta casta di apolidi miliardari.

A questo arricchimento immondo e ingiustificabile i neoliberisti nostrani, che ora non si fanno più sentire in giro e bene fanno ( Alesina, Giavazzi, Panebianco etc.), trovarono anche una giustificazione: la teoria del trickle-down, del gocciolamento verso il basso.

Affermarono con impudenza questo: é vero che solamente coloro che sono in alto si arricchiscono tanto, ma un po’ di questa ricchezza finisce per gocciolare verso il basso e tutti alla fin fine staranno meglio; che poi disparità e diseguaglianza aumentano poco importa.

Questa teoria evoca i banchetti medioevali quando i signori, al termine di lauti pranzi, lanciavano gli avanzi alle plebi perché si beassero.

Prima dell’epidemia da covid-19 spirava tra i beneventani un clima di mobilitazione, poiché c’era in progetto per l’ ospedale civile di Benevento la chiusura di alcuni reparti, che sarebbero stati trasferiti presso l’ ospedale di S.Agata dei Goti, paese distante quaranta chilometri dal capoluogo. Negli anni precedenti, oltre alla chiusura nel medesimo ospedale del reparto di neurochirurgia, presidio di assoluta eccellenza a livello nazionale, per il quale era stato costruito anche un eliporto, erano stati chiusi in provincia altri due ospedali.

Il ministro Speranza dovrebbe anche dirci perché mai, nel 2020, il sistema sanitario della settima economia mondiale e del secondo stato esportatore europeo ha bisogno di eroi per tutelare la salute degli italiani. Se vuole essere credibile, deve essere onesto fino in fondo e chiarirci dove vanno a finire i finanziamenti tagliati alla sanità pubblica.

Non meno dolorosi sono stati i tagli nella scuola.

Ricordiamo che il personale docente e quello non docente ha avuto il rinnovo contrattuale dopo più di dieci anni dalla scadenza, con aumenti stipendiali del tutto irrisori.

Ove non bastasse, l’attuale ministro dell’istruzione Azzolina ha sostituito il precedente ministro Fioramonti dimissionario, che aveva assunto la carica solamente il 5 settembre 2019.

Fioramonti giustamente riteneva che per l’istruzione, la ricerca e l’università, dopo le cure di Moratti, di Gelmini e di Renzi, nella finanziaria del 2020 ci dovesse essere un incremento degli stanziamenti di almeno tre miliardi ed aveva promesso le sue dimissioni in caso contrario.

Avendo acclarato di lì a poco che non c’era trippa per gatti, come avrebbe detto Ernesto Natan, strano a dirsi, l’onorevole Fioramonti, a differenza di Renzi, ha tenuto fede alle proprie parole e si è dimesso il 25 dicembre dello stesso anno.

Infatti, la scuola non solo non aveva ottenuto più fondi per il 2020 ma, come per la sanità, si preannunciavano ulteriori tagli per gli anni a venire e non da poco.

Precisamente, leggasi la Nota di aggiornamento DEF 2019, se nel 2010 la spesa per l’istruzione era il 3;9% del PIL, nel 2015 è diventata il 3,6%, nel 2020 il 3,4%, nel 2025 sarà del 3,2%, nel 2030 il 3,1%, nel 2035 il 3% e fermiamoci qui pro bono pacis.

Solo nel corso dell’anno 2019 alla scuola sono stati tagliati 1,8 miliardi di euro!

Il ministro Azzolina giustamente si appella, in questi giorni di grande difficoltà, ai docenti evocando valori etici, valori deontologici, ma in questi anni, caro ministro, i docenti sono stati in trincea e se la scuola italiana si mantiene ancora ad un livello di decenza, nonostante i PON, il POF, il PTOF ed un’altra dozzina di acronimi, è perché ci sono persone che ancora credono nel ruolo della scuola istituzione.

Anche l’onorevole Azzolina, se non vuole essere annoverata tra i saltimbanchi e i ciurmatori della politica nostrana, dovrebbe dirci a chi sono stati dati i soldi tagliati alla scuola.

Mi sento di scommettere che sicuramente alla sanità non sono andati.

Raffaele SALOMONE-MEGNA


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