Energia
Salvini tra nucleare di nuova generazione e rinnovabili sceglie entrambi (di Carlo Alberto Morosetti)
Il nucleare va di moda, ma presenta anche dei problemi di realizzazione che molti politici tendono a sottovalutare
“Io sono a favore di tutte le energie rinnovabili e sono a favore del nucleare. Sono convinto che l’Italia per essere un paese moderno debba tornare a investire sul nucleare di ultima generazione, ma non si possono mettere mostri eolici che su terra o mare danneggiano i paesaggi. Danneggiare bellezze come la Sardegna o la Puglia con questi mostri non penso sia il futuro del nostro paese”. Così in diretta sui social il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.
Al Forum Ambrosetti , il 3 settembre scorso a Cernobbio, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, si è detto convinto che l’attuale esecutivo (ipotizzando quindi che il centro destra continui a governare) potrà inaugurare “la prima produzione di energia da nucleare nell’arco di dieci anni”.
“Conto che entro il 2025 questo governo abbia la forza di spiegare agli italiani perché, nel nome della neutralità tecnologica, non possiamo dire di no a nessuna fonte energetica”, ha aggiunto Salvini, riferendosi appunto alla nuova prospettiva di puntare sull’atomo nel nostro Paese.
Intanto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, sempre a Cernobbio ha annunciato la convocazione, della prima riunione presso il ministero della “Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile”.
La piattaforma servirà a coordinare, con il supporto di Enea e Rse, “tutti i diversi attori nazionali che a vario titolo si occupano di energia nucleare, sicurezza e radioprotezione, rifiuti radioattivi, sotto tutti i profili. In particolare, si punta allo sviluppo di tecnologie a basso impatto ambientale e con elevati standard di sicurezza e sostenibilità”.
Salvini e Pichetto pensano soprattutto al possibile sviluppo di piccoli reattori modulari (SMR: Small modular reactors), una soluzione che non sembra affatto sostenibile dal punto di vista tecnico-economico, stando a diversi recenti studi sulle prospettive di mercato per questa tecnologia.
I reattori modulari sono ancora lontanidalle eventuali applicazioni commerciali e hanno diversi problemi, legati soprattutto ai costi, agli approvvigionamenti di combustibile ad alto arricchimento di uranio e alle diseconomie di scala (Rinascita nucleare, alimentata da ideologia e soldi facili (per alcuni).
A rimarcare i punti deboli e le difficoltàdel nucleare è un recente commento pubblicato su Joule a firma di Luke Haywood (European Environmental Bureau), Marion Leroutier (Stockholm School of Economics) e Robert Pietzcker (Potsdam Institute for Climate Impact Research).
Nell’articolo, intitolato “Why investing in new nuclear plants is bad for the climate”, gli autori spiegano che investire in nuovi impianti nucleari è una pessima idea a causa dei costi elevati e dei lunghi tempi di realizzazione, tanto che, secondo gli autori, è “praticamente impossibile” affidarsi all’atomo per centrare gli obiettivi climatici europei al 2030.
Nell’articolo di Haywood, Leroutier e Pietzcker si citano poi gli extra costi faraonici dei due reattori EPR in Francia (Flamanville) e Finlandia (Olkiluoto).
Il primo doveva entrare in funzione nel 2012 al costo di 3,5 miliardi di euro ed è ancora in costruzione con un budget lievitato a oltre 12 miliardi. Il secondo ha iniziato a produrre elettricità quest’anno con un costo complessivo intorno a 11 miliardi di euro, mentre il progetto iniziale stimava 3 miliardi e l’inizio dell’attività di generazione nel 2009.
Secondo gli autori, la produzione variabile delle energie rinnovabili può essere bilanciata con la domanda grazie anche a diverse opzioni di stoccaggio e flessibilità (batterie, pompaggi, idrogeno), senza dover ricorrere a massicci investimenti in grandi centrali nucleari.
Poi c’è “il problema irrisolto dell’industria nucleare”, quello delle scorie radioattive e di come trattarle, oltre ai rischi insiti di una tecnologia complessa da gestire.
I tre esperti di politiche energetiche affermano che, “la costruzione di centrali nucleari richiede molti anni di pianificazione e costruzione, è molto costosa, mentre la crisi climatica richiede urgenza e investimenti così ingenti che l’efficienza dei costi è e sarà di fondamentale importanza”.
Pertanto, “fare affidamento sulle nuove costruzioni nucleari per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Ue è, di fatto,impossibile. Anche in base a ipotesi molto ottimistiche, le eventuali nuove centrali nucleari in Francia inizieranno a fornire elettricità a basse emissioni solo nel 2035”.
Ma anticipiamo già i commenti: i nuclearisti diranno che è un approccio ideologico. Una scusa sempre buona quando le proposte non reggono alla prova dei fatti.
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