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SALVATE IL SOLDATO GENTILONI (E L’ITALIA DALL’EURO) (Domenico Caruso)

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Sono passati oltre 20 anni da quando l’euro ha fatto il suo ingresso nei mercati finanziari e quasi 18 dalla sua adozione come moneta avente corso legale in Italia. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e molti danni sono stati fatti dalle politiche economiche di austerità imposte dalla UE per assicurare la stabilità della moneta unica.

Chi volesse rendersi conto di come l’euro, anziché costituire un fattore di unificazione, alimenti le divergenze tra i Paesi europei non deve far altro che ascoltare l’audizione del commissario agli affari economici Paolo Gentiloni presso la commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento Europeo e le domande formulate dal Prof. Antonio Maria Rinaldi: la prima sul metodo di calcolo dell’output gap da parte della Commissione Europea che conduce ad una valutazione più bassa del PIL potenziale; la seconda sul deterioramento del saldo strutturale previsto dalla NADEF nella misura di 0,1 punti percentuali; la terza sull’enorme surplus commerciale di alcuni paesi tra i quali la Germania in violazione dei trattati.

Sono 3 domande logicamente connesse e teleologicamente orientate a dimostrare l’assurdità delle regole imposte dalla UE a tutela della moneta unica che hanno strangolato l’economia italiana che cresce, si fa per dire, con percentuali da yogurt magro.

Come è noto, l’output gap è la differenza tra il PIL reale calcolato dall’ISTAT ed il PIL potenziale stimato dalla Commissione Europea corrispondente alla produzione raggiungibile in condizioni di piena occupazione dei fattori produttivi (capitali, lavoro) senza inflazione.

Con un output gap positivo, ovvero con PIL effettivo superiore al PIL potenziale, il sistema economico starebbe sovrautilizzando le risorse disponibili e ciò, nella visione della Commissione Europea, dovrebbe portare ad una accelerazione del tasso di inflazione deleterio per la stabilità dell’euro per cui è imposto l’obbligo di tendere rapidamente alla realizzazione del pareggio strutturale di bilancio.

Con output gap negativo i prezzi non aumenterebbero poiché sussisterebbe un tasso di disoccupazione in corrispondenza del quale non vi sarebbero spirali inflazionistiche sulla base della curva di Phillips per cui il percorso di avvicinamento all’obiettivo del pareggio strutturale è reso più graduale.

Dall’output gap dipende il calcolo del deficit strutturale dato dall’ammontare del deficit nominale a cui è sottratta la componente ciclica ovvero l’output gap moltiplicato per un fattore non oggettivo ma determinato dalla Commissione UE per tener conto della componente ciclica sul saldo di bilancio.

La stima dell’output gap concorre a determinare le correzioni di politica fiscale richieste dalla Commissione Europea e la sua ampiezza, in ragione di diverse soglie, influenza il percorso di avvicinamento verso l’Obiettivo di Medio Periodo (OMT) dettato dalla matrice di convergenza. Un elevato output gap, in altri termini, consente maggiore deficit e quindi minori sforzi per conseguire l’obiettivo di medio termine del saldo strutturale in pareggio; per converso in presenza di output gap ridotto, le regole europee impongono di tendere verso il pareggio di bilancio strutturale con politiche di riduzione della spesa ed aumenti delle entrate.

Il problema connesso all’output gap è quello relativo al metodo di stima del PIL potenziale utilizzato dalla Commissione UE contestato da molti economisti dal momento che altri sistemi di calcolo potrebbero fornire una valorizzazione più alta del tasso di crescita del PIL potenziale e dell’output gap capace di determinare un sensibile miglioramento del saldo strutturale di bilancio rispetto a quello risultante dal metodo utilizzato dalla Commissione Europea con conseguente liberazione di risorse da destinare alla spesa per investimenti necessaria per rilanciare l’economia.

Con l’utilizzo di metodi alternativi, il nostro Paese potrebbe conseguire l’obiettivo di medio termine del saldo strutturale in equilibrio in maniera più graduale senza essere costretto ad effettuare politiche di contenimento della spesa che impediscono la crescita.

E’ evidente il cortocircuito innescato dalle regole europee dal momento che per l’Italia è ipotizzato un output gap ridotto derivante da stime al ribasso del PIL potenziale del tutto inverosimili dal momento che la congiuntura economica è ben lontana da una situazione di pieno utilizzo dei fattori produttivi ed in particolare della forza lavoro in virtù di un tasso di disoccupazione stimato attorno al 10%.

In un momento in cui l’economia italiana è in una fase di stagnazione che potrebbe essere superata solo grazie ad investimenti capaci di stimolare la domanda aggregata il governo, in conseguenza delle stime al ribasso dell’output gap, del deterioramento del saldo strutturale e per rispettare pedissequamente le assurde regole europee, dovrà mettere in atto manovre economiche restrittive con minori spese per investimenti e maggiori entrate da reperire, peraltro, con il contrasto all’evasione fiscale il cui gettito effettivo è ipotizzabile solo sulla carta.

Il tutto per garantire non la crescita ma la stabilità dell’euro che ha permesso alla Germania di accumulare un notevole surplus commerciale ai danni dei Paesi periferici con conseguenti squilibri macroeconomici destinati ad ampliare le divergenze già esistenti tra economie strutturalmente diverse nella stessa area euro.

Nelle risposte alle domande del Prof. Rinaldi il commissario Gentiloni è apparso spaesato, balbettante, insicuro e certamente non propenso a modificare regole così ottuse.

Salvate il soldato Gentiloni, inconsapevole sostenitore dell’euro e assieme a lui il nostro Paese!


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