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Ritrovata la “Principe Umberto”, la più grave tragedia navale umana della Grande Guerra, Titanic Italiano

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Un  team di sub italo svizzero ha ritrovato, al largo dell’Albania, il relitto del piroscafo transatlantico Principe Umberto, affondato durante la Prima Guerra Mondiale da un sommergibile austriaco, lo U5, e il cui affondamento costituì la più grande tragedia in mare della Grande Guerra. A ritrovare la nave è stato l’ingegner Guido Gay, già noto per importanti ritrovamenti di relitti nel Mediterraneo.

La Principe Umbeto riporta alla memoria un evento veramente tragico. La nave faceva parte della classe “Reale” con i piroscafin Vittorio Emanuele e Regina Elena. Varato nel 1909 in tempo di pace si occupava di rotte per il Sud America. L’8 giugno 1916 fu organizzato il rientro in Italia dall’Albania, via mare, del 55º Reggimento fanteria , che constava di 2605 effettivi del Regio Esercito. In quel periodo le nostre truppe combattevano nei Balcani al fianco dei serbi contro gli austriaci . Per il trasporto delle truppe partì un convoglio formato, oltre che dal Principe Umberto, dal piroscafo Ravenna, mentre la scorta era fornita dall’esploratore Libia e dai cacciatorpediniere InsidiosoEsperoImpavido e Pontiere.

Sul Principe Umberto avevano preso posto, fra truppe ed equipaggio, 2821 uomini così ripartiti[5]:

  • Truppa 2445
  • Sottufficiali 75
  • Ufficiali 58
  • oltre a 216 persone fra equipaggio e stato maggiore (personale civile di bordo, membro della Marina mercantile)
  • Ufficiali della Regia Marina 2
  • Marinai della Regia Marina 25

Il convoglio salpò alle 19, e dopo poco la rotta del convoglio s’intrecciò con quella di un sommergibile austro-ungarico, l’ U. 5. Da circa un chilometro di distanza, una quindicina di miglia a sudovest di Capo Linguetta, l’ U. 5 lanciò due siluri. Il Principe Umberto, colpito a poppa, s’inabissò nel giro di qualche minuto, trascinando con sé 1926 uomini di cui 632 veneti, che erano i più reclutati in marina, in particolare trevigiani. Solo 895 poterono essere tratti in salvo.

Una immane tragedia che colpì i nostri trisavoli, ma almeno ora abbiamo un luogo dove gettare, volendolo, un fiore.


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