Attualità
REPLICA AL CORSERA SULL’USCITA DALL’€. di Paolo Becchi e Fabio Dragoni
La domanda retorica a cui vorremmo rispondere è: “poteva il Corriere della Sera astenersi dal disinformare i suoi lettori su un’eventuale uscita dell’Italia dall’euro?”. La risposta altrettanto retorica del giorno è “NO non poteva”.
Il compitino è stato questa volta assegnato a Maurizio Ferrera. Qualcosa deve essere andato infatti di traverso a molti espertoni di Via Solferino.
Federico Fubini intervista l’economista tedesco Clemens Fuest, presidente dell’Istituto di ricerche economiche Ifo di Monaco (facendo lui, Fubini, una figura de mierda), ma scappa al giornale la notizia che uscire dall’euro si potrebbe e che anzi per l’Italia sarebbe un bene.
Il giorno dopo il volenteroso Ferrera, ovviamente sempre sul giornalone, inizia a vivisezionarne il pensiero a modo suo cominciando intanto a topparne il nome chiamandolo invece Micheal. Ma se le “lievi imprecisioni” fossero finite qui non ci saremmo certo disturbati a prendere carta e penna. Cosa che invece facciamo ora per correggere il resto.
Ma cosa aveva detto di preciso Clemens Fuest? Semplicemente una banalità. Che vale la pena riportare testuale fra virgolette: “Sì. C’è un forte interesse dell’Europa nel suo complesso nel tenere l’Italia nell’euro, ma questo è accettabile per la popolazione italiana solo se il Paese riesce a tornare a livelli soddisfacenti di crescita. L’Italia deve riuscirci attraverso miglioramenti della competitività e riforme. Se poi risulta che l’euro è un ostacolo alla crescita in Italia, sembra preferibile che il Paese lasci l’euro. Certo, è una decisione che deve prendere il governo italiano”.
Il fatto che sia un tedesco – e per giunta di quelli con le palle – a dire che all’Italia “conviene uscire dall’euro” probabilmente ha fatto sobbalzare sulla sedia il direttore del giornale. È il primo ed unico? No! È il primo della lista in ordine di tempo? Men che meno. È l’ultimo sempre in ordine di tempo? Ma manco a parlarne. Vi forniamo una selezionata ragionata cogliendo fior da fiore.
6 Maggio 2014: la tedeschina Ska Keller – leader degli europeisti verdi – viene intervistata in televisione su Rai 3. Queste le sue testuali parole: «Se la Germania lasciasse l’euro perderebbe moltissimi posti di lavoro nel settore delle esportazioni perché nessuno comprerebbe più i prodotti carissimi tedeschi». Theo Waigel, ex ministro delle finanze tedesco, 10 luglio 2016: «Se la Germania oggi uscisse dall’Unione Monetaria allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20 per cento ed il 30 per cento del marco tedesco che tornerebbe nuovamente in circolazione. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per le nostre esportazioni, per il nostro mercato del lavoro, per il nostro bilancio federale. Invece con un’uscita dall’euro ed un taglio netto del debito la crisi interna italiana finirebbe di colpo». Ultimo della lista (tralasciando per motivi di spazio Peter Praet economista della BCE e Joachim Starbatty politico altrettanto tedesco della CDU di Frau Merkel) il super consulente aziendale Roland Berger che al prestigioso Handelsblatt rivela ieri che l’eurozona così com’è non può andare avanti. Ed è quindi essenziale pensare ad un suo smantellamento. A tale proposito la cosa più saggia sarebbe, secondo Berger, “che fosse la Germania ad abbandonare l’eurozona”. Il fatto quindi che in Germania (ovvero il paese che più ha beneficiato dell’euro in termini di surplus commerciali) il dibattito sia aperto in merito alle modalità di disgregazione dell’eurozona è di per sé già molto eloquente.
Ma a Ferrera tutto questo non interessa. Come il bambino che si tappa le orecchie e comincia a strillare pur di non ascoltare quelli che gli parlano intorno arriva a terrorizzare i suoi lettori con la solita trita ritrita bufala: “come farebbero i debitori italiani (compresi i privati) a onorare i loro debiti in euro?”. Già come farebbero? Farebbero come hanno fatto ad onorare i loro debiti nel 2001 quando sono stati ridenominati in euro. Stavolta sarebbero invece ridenominati in lire. Semplice no? Casomai, caro Ferrera, avresti dovuto chiedere ai tuoi lettori: come diavolo fanno 6 milioni di italiani che non hanno lavoro (considerando pure coloro che vorrebbero un impiego ma non lo cercano perché disperati e quindi tecnicamente non disoccupati) a pagare i loro debiti? Ecco questa sarebbe stata forse una domanda più sensata. Ovviamente il nostro illustre interlocutore poteva esimersi dal calare il poker d’assi della svalutazione che si mangia i salari? Poteva? No, che non poteva. Bene rendiamogli omaggio quindi: “Una grande svalutazione potrebbe ridarci fiato per un po’. Ma come accadeva negli anni Settanta e Ottanta, l’affanno poi tornerebbe e a soffrirne sarebbero soprattutto i lavoratori”.
Orbene Ferrera negli ultimi due anni l’euro è passato da circa 1,40 dollari a quasi un euro. Così per curiosità ci dice di quanto si è ridotta la sua busta paga a causa di ciò? Giusto una stima. Così un tanto al kilo come tanta informazione che viene fatta su questi temi. Infine dopo il poker d’assi la scala reale. La tragedia dei mercati. Come questi reagirebbero di fronte alla prospettiva del break up. Semplicemente come hanno reagito dopo la vittoria del NO. Con il sontuoso “ca… che gliene frega”, per dirla alla Rovazzi. Il rapper che va tanto di moda fra i nostri amatissimi figli. E piace anche a noi.
Paolo Becchi e Fabio Dragoni
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