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Quote Export, il rapporto tra Italia e Germania
Quote Export, il rapporto tra Italia e Germania
Ospitiamo un post scritto a quattro mani da AB (giovane commentatore di Scenaripolitici) ed Andrea Lenci. La tabella allegata è di quelle esplosive..
Vi siete mai chiesti perchè i promotori dell’eurofollia non danno mai dati?
Noi sì, e di solito rispondendoci con una constatazione, a loro tutto questo non interessa. Loro vogliono l’Europa, gli Stati Uniti d’Europa, (l’Euro è solo una moneta), con i fantomatici valori e benefici che essa porterà. E’ una questione ideologica, di “fede”, in cui il lato razionale non ha spazio.
Infatti sentiamo spesso parlare di “sogno europeo” , negli ultimi anni inoltre, hanno anche smesso di promettere le ore di lavoro in meno settimanali (sì Prodi, stiamo guardando te!).
Tuttavia capita ancora di trovare qualche impavido difensore dell’Euro che prova a portare dati, pratica ammirabile, se non fosse che spesso questo dimostri solo una certa incapacità di analisi dei dati stessi.
Oggi, a tale scopo, vi presentiamo una bellissima tabella, che una volta di più dimostra quello che gli “eurofobici” (e sottolineo eurofobici, e non europeofobici) dicono da parecchio: l’ancoramento valutario senza uno stato unico che ne controlli fiscalità e politica dietro è un suicidio economico. La stessa tabella è stata recuperata da un amico “eurista” accompagnato da: “vedete l’Euro è arrivato nel 2002 ma l’industria italiana era già in crisi a causa della concorrenza cinese”.
La tabella mostra l’andamento delle quote sulle esportazioni (in scala mondiale) dei paesi, per alcune categorie di prodotti in cui la presenza italiana sui mercati è importante. Parliamo di dati Istat, datati 2003.
Che cosa possiamo notare? Il solito. La Cina cresce. Ma la tabella mostra pure altro, le quote di export di tutta l’area UE sono in continuo calo. Ma non quelle americane!
Ad uno sguardo ancora più approfondito notiamo che la flessione della Germania, pari a 3,6% dal 1987 al 2000, si è concentrata per la gran parte tra il 1992 ed il 1996, gli anni in cui l’Italia è stata libera da vincoli di cambio.
Discorso opposto, ed amplificato, per l’Italia. I 5,6 punti persi sono tutti concentrati tra il 1987-1992 (gli anni dello SME credibile) ed il 1996-2000 (ITA di nuovo nello SME). Addirittura tra il 1992 ed il 1996 c’è un recupero dello 0,8%, in controtendenza rispetto al trend generale.
Tra Italia e Germania c’è una chiara correlazione inversa.
La crescita dei mercati emergenti, insieme all’avvento dei cambi fissi all’interno del blocco dell’eurozona, ha garantito realtà meno inflattive (Germania in testa) che se si trovavano difficoltà da un lato, riuscivano, colonizzando commercialmente i paesi più inflattivi dell’area euro, a garantirsi una maggiore penetrazione nel vicinato. Inutile dire che questi paesi inflattivi hanno subito entrambi i fenomeni coi risultati che oggi vediamo. Oggi siamo noi quelli che comprano i prodotti tedeschi, cosicché gli imprenditori tedeschi, ma l’intero sistema Germania, ha trovato nei paesi del sud uno scudo verso la crescita degli emergenti.
Non ci prestiamo a stupidi moralismi, dicendo che ci hanno derubato o demonizzando i tedeschi, nel peggior esempio di retorica goebleriana. La Germania ha chiaramente seguito il proprio interesse agendo, in particolare, sulla compressione salariale a fini deflazionistici, proprio mentre i loro stessi crediti facili, concessi ai paesi del Sud Europa, surriscaldavano queste economie, creando così differenziali d’inflazione monstre.
AB
Andrea Lenci
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