Attualità
QUISLING: SI CHIAMANO COSI’ I COLLABORAZIONISTI TRADITORI DELLA VICHY DEL XXI° SECOLO. (di Antonio M. Rinaldi)
Se qualche ingenuo o sprovveduto ancora non se ne fosse accorto, il “caso Grecia” ha dimostrato inequivocabilmente al resto del mondo libero la dittatura in cui è precipitata l’Europa, ben peggiore di quella profeticamente descritta nell’illuminante “1984” di George Orwell pubblicato nel lontano 1949.
La Germania ha tirato giù la maschera e finalmente fatto vedere il suo vero volto e le sue reali finalità: non vi era riuscita scatenando due guerre mondiali, vi è riuscita pienamente con l’applicazione dei Trattati! Infatti le sue aspirazioni di perenne tentazione di esercitare leadership sul Continente si perdono nel tempo fino all’enunciazione del concetto di Mitteleuropa, area geo-politica per definire più che zona geografica un “destino” comune, nella prospettiva di coagulare affinità storiche, sociali, culturali, scientifiche e economiche.
Questo concetto ideale di “Europa Centrale” mescolava tutte queste caratteristiche e si fondava intimamente con la già prorompente volontà tedesca nel dominare gran parte del Continente, chiamata per l’appunto Mitteleuropa e che comprendeva un territorio con confini non propriamente definiti, che si identificavano con quella parte dell’Europa Centrale compresa fra il Mar Baltico a Nord e le Alpi a Sud, a Ovest con la Francia e a Est con quella che era la Russia pre-Unione Sovietica, ma includendo comunque la Lituania, l’Estonia e la Lettonia. Ma si potrebbe affermare, per meglio definire il concetto ispiratore della Mitteleuropa, che i suoi confini erano immaginari proprio perché propensi a essere ridisegnati e a evolversi al formarsi di ogni nuova favorevole situazione storica.
Il primo atto ufficiale, nel riconoscere comunque quest’area europea, è del 21 gennaio 1904 quando fu creata a Berlino l’Associazione Economica Centro-Europea (Mitteleuropäischer Wirtschaftsverein), finalizzata all’integrazione economica dell’Impero Tedesco e dell’Impero Austro-Ungarico con l’auspicabile estensione futura della Svizzera, del Belgio e del Lussemburgo.
Con la sconfitta tedesca nella I Guerra Mondiale e la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico, le aspirazioni accantonate temporaneamente, vennero “resuscitate” negli anni trenta, con estremo vigore e enfasi come parte integrante dell’ideologia nazista, la quale non mancò di perseguire l’idea di predominio sul Continente. Il “merito”, di aver articolato tecnicamente questo ideale di supremazia, mai del sopito nelle intime aspirazioni germaniche, appartiene all’opera di Walter Funk, il quale predispose un piano su incarico diretto di Hitler, per l’appunto Il Piano Funk, in qualità di ministro per gli affari economici del Terzo Reich dal 1938 al 1945 e della Banca Centrale Reichsbank (antesignana della Bundesbank), al fine di pianificare una dettagliata strategia per il predominio economico della Germania a supporto della futura vittoria militare.
Funk rielaborò a più riprese un piano estremamente particolareggiato per la conquista e pianificazione del dominio economico tedesco su tutta l’area continentale europea e fu enunciato, nella sua più articolata configurazione, nel discorso “La riorganizzazione economica dell’Europa” del 25 luglio del 1940, dove, invaso da delirio di onnipotenza, invocava addirittura il filosofo Hegel a sostegno della validità delle proprie idee. Nel progetto si ribadiva l’indispensabilità di prendere come riferimento la politica economica nazionalsocialista per la guida del nuovo ordine, nella convinzione che essendo disciplinata dal rigido dogma dei suoi metodi, fosse idonea come nessun’altra nell’essere adottata da tutti gli altri paesi.
L’economia della nuova grande aria non doveva significare solo la subordinazione dell’apparato produttivo di tutto il continente europeo in funzione della supremazia della Germania, ma anche segnare differenze tra Europa Occidentale e Orientale essendo il Reich il nucleo centrale di una grande coalizione di nazioni disponibili alla penetrazione della potenza industriale e finanziaria tedesca all’interno delle loro stesse strutture, le cui risorse sarebbero dovute affluire comunque verso il centro dominatore.
Particolarmente interessanti i passaggi del discorso in cui Funk rivelava le specifiche del suo Piano riguardo alla questione della creazione di una nuova moneta (siamo nel 1940!), all’interno della quale prefigurava nella grande area economica che si sarebbe realizzata, un ruolo predominante del marco come conseguenza della potenza del Reich, con l’istituzione di una area valutaria che avrebbe portato a una “moneta generale” (testualmente così definita) a supporto di un graduale livellamento delle normative infra-nazionali a favore dello sviluppo dovuto all’espansione economica.
Tale “moneta generale” non sarebbe stata ancorata all’oro con un sistema analogo al gold-standard, ma sostenuta da un sistema di compensazione europeo fra l’import-export dei paesi partecipanti, dove naturalmente alla Germania sarebbe spettata l’assoluta determinazione dei relativi flussi attraverso l’imposizione della sua politica economica supportata dal predominio militare conquistato e consolidato. Da evidenziare che il concetto di “moneta generale” espresso da Funk, si sposa perfettamente con l’idea della creazione di una area valutaria da imporre al Continente con funzione aggregatrice per effetto della forza delle regole poste a suo supporto mediante l’adeguamento delle politiche economiche di tutti gli altri a quelle dettate dalla Germania, autodefinitasi unica depositaria di superiori dogmi in grado di governare e guidare l’Europa.
Sono impressionanti le analogie e corrispondenze con l’attuale situazione che di fatto si è andata a determinare ai nostri giorni, se non costatando che l’originario Piano Funk si sarebbe potuto concretizzare solo ed esclusivamente a seguito di preventive e consolidate conquiste militari, mentre l’attuale situazione si è determinata con il consenso più o meno consapevole di tutte le nazioni europee con la sola apposizione della propria firma sui Trattati al punto da poter constatare che siamo attualmente in presenza della variante “in tempo di pace” dello stesso Piano Funk.
Per la cronaca il ministro dell’economia nazista Walter Funk, fu catturato e processato dal Tribunale di Norimberga che lo condannò all’ergastolo con l’accusa di cospirazione contro la pace, pianificazione di guerra di aggressione, crimini di guerra e contro l’umanità, nonostante la sua difesa sostenne che non aveva ricoperto funzioni di rilievo nelle gerarchie all’interno del regime. Rilasciato nel 1957 per motivi di salute, morì tre anni più tardi, consegnando però alla storia un dettagliato e folle piano di predominio di un popolo su altri con presupposti che hanno terribili analogie con le attuali.
Nonostante la Storia ci ha messo in guardia da questi pericoli, attualmente la maggioranza dei governi dell’euro-zona sembrano essersi comportati come quello francese collaborazionista di Vichy, guidato dal 1940 al 1944 dal Generale Philippe Petain, fantoccio agli ordini del Terzo Reich, con l’aggravante odierna che almeno allora i francesi furono costretti con la pistola puntata alla nuca, mentre invece i responsabili odierni sembrano aver peccato d’ignoranza (dal verbo ignorare, non sapere) e di ingiustificabile servilismo (ad essere generosi). Anche in questo caso vale la pena di ricordare che i francesi, a liberazione avvenuta, processarono il loro Generale collaborazionista per alto tradimento condannandolo alla pena capitale, tramutata successivamente da De Gaulle in ergastolo, nonostante la maggioranza dell’opinione pubblica fosse stata favorevole alla fucilazione alla schiena per la sua connivenza con i nazisti che tanto sfacelo avevano inflitto alla Francia nei quattro anni di occupazione.
Oggi i collaborazionisti del XXI° Secolo si chiamano QUISLING. Dalla Enciclopedia Treccani si legge:
Un giorno non lontano, molti di questi personaggi che ora sono ai comandi dell’Europa con la complicità dei responsabili Quisling dei governi dell’eurozona, saranno chiamati a rispondere del loro operato davanti a un Tribunale Internazionale, come per Norimberga, per i crimini compiuti in nome della stessa Europa a danno dei cittadini europei: quel giorno ritorneremo uomini e donne liberi del nostro destino. Non saranno esenti dal giudizio neanche gli attuali “principianti allo sbaraglio” che pur di conservare uno sgabello su cui sedere per poter mangiare un piatto di crauti, sono stati complici incuranti nel vedere il proprio Paese ridotto in ginocchio e con il cappello in mano.
Chiedo solamente di essere governato da persone che facciano veramente gli interessi del mio Paese, per il bene delle nostre generazioni future e in rispetto a ciò che hanno fatto i nostri Padri affinché l’Italia si conquistasse un posto in prima fila fra le nazioni del pianeta, e non da inetti incapaci buoni solo a fare inchini alla stregua di maggiordomi e camerieri pronti a dire sempre di si.
Rivendico la mia italianità in quanto sono un italiano fiero e orgoglioso di dichiararmi ancora un vero Patriota, non ho nessuna finalità politica o personale se non quella di salvaguardare il Paese che amo profondamente per poterlo riconsegnare ai miei figli non come Colonia del Nord Europa, ma come uno Stato di Diritto nel pieno della sua Sovranità e sono pertanto schifato che altri italiani con incarichi di governo non stiano facendo da troppo tempo gli interessi dell’Italia e dei miei concittadini, ma unicamente quelli di paesi stranieri! Non sono perciò disponibile ad assistere passivamente alla svendita del mio Paese, né oggi né mai con tutte le mie forze. Vergognatevi traditori. Punto.
Antonio M. Rinaldi
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