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Questione euro. Le mie domande ad Emiliano Brancaccio e Vladimiro Giacchè.

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Il giorno sabato 22 novembre ho assistito ad un convegno tenuto a Roma, organizzato dalla sinistra anti euro (arrivata un po’ in ritardo, ma non è mai troppo tardi).

Tra gli ospiti, ho avuto il piacere di intervistare lo scrittore ed economista Vladimiro Giacchè (famoso per il suo libro Anschluss) ed anche l’ economista di sinistra Emiliano Brancaccio dell’università del Sannio.
Iniziando con Giacchè ed avendo letto il suo libro (Anschluss), ho chiesto, senza far giri di parole ed in modo diretto, se il Sud Europa sotto l’eurozona, stia prendendo la strada della Germania Est post unificazione monetaria e politica e se vi sono differenze tra i due soggetti. L’autore mi ha risposto che “su scala geografica, l’estensione della deindustrializzazione del Sud Europa risulta ovviamente superiore a quella della Germania Est, ma in valori statistici la distruzione economica avvenuta nella Germania Est, risulta ancora superiore rispetto al sud Europa”.

Giacchè ricorda che in due anni tra il 1989 1991 la produzione industriale crollò del 67% ed il pil segnò una tragica flessione del 44%, mentre in Italia dal 2008 anno della crisi internazionale (ormai quasi superata ad eccezione dell’eurozona)il pil è sceso del 10% mentre la produzione industriale del 25%. Dati tragici, seppur inferiori a quelli dell’annessione tedesca ad Est. Alla mia seguente domanda, se la Germania abbia tratto più vantaggi dall’annessione e deindustrializzazione dell’Est o del Sud Europa, la risposta è stata che “i vantaggi che l’unione monetaria europea ha dato alla Germania in termini di surplus commerciali rispetto agli altri paesi dell’eurozona sono stati senz’altro più importanti, ma l’annessione della Rdt è stata il presupposto per il recupero della centralità geopolitica e geoeconomica della Germania in Europa”. Infine l’ultima domanda chiesta, quella più maliziosa e con una valenza ideologica, visto l’evento cui ho partecipato come spettatore, consisteva su come Vladimiro Giacchè potesse potuto considerare un uscita dalla moneta unica in modo trasversale ovvero non di destra o di sinistra bensì da sinistra a destra , coinvolgendo pertanto tutte le forze politiche volenterose ad uscire dalla gabbia dell’euro.

L’autore inizialmente ha affermato che “l’attuale sistema monetario europeo può essere superato in diversi modi”, aggiungendo che “però è altrettanto evidente che restare nell’euro alle condizioni attuali significa accettare una situazione in cui il recupero della competitività deve essere necessariamente imperniato sulla svalutazione dei salari (a questo serve il Jobs Act).” Ma la vera affermazione chiave dell’economista, che con questa ha apportato un certo grado di pragmaticità per trovare una possibile soluzione alla gabbia dell’eurozona è stata la seguente:
“ L’uscita da una cosa di destra è una cosa di sinistra”…

Successivamente ho intervistato Emiliano Brancaccio, economista e autore di alucni testi tra i quali “l’austerità è di destra. E sta distruggendo l’Europa”
La mia domanda è stata se il ritorno alle rispettive sovranità monetarie risulterebbe sufficiente per il controllo della libera circolazione dei capitali internazionali, per il fatto che il rischio cambio sia un meccanismo che di un limite ai creditori in cerca di profitti all’estero, come è avvenuto nei primi anni dell’euro con il ciclo di Frenkel.
Brancaccio mi ha risposto che “solo il ritorno alle sovranità non è sufficiente , citando realtà nel resto del mondo, in cui malgrado vi sono paesi con monete sovrane e flessibili, questi non si possono difendere dall’aggressione dei capitali in cerca di profitti, come le famose acquisizioni di assets strategici nazionali.”
L’economista ha quindi usato un termine consono a questo giusto ragionamento ovvero:
“Paesi subalterni ai capitali”
In base a questa dichiarazione, ho citato i paesi africani che seppur dotati di “moneta sovrana” questi sono appunto “subalterni ai capitali” ma Brancaccio è andato oltre, citando “la subalternizzazione dei paesi europei prima ancora della moneta unica…”
Una dichiarazione che fa riflettere portandoci a ragionare sullo stato attuale in cui verte il Sud Europa, con una Grecia ormai scivolata al rango di paese in via di sviluppo.
Infine alla domanda posta anche a Vlamidiro Giacchè, su come vedrebbe un’uscita dall’euro in modo trasversale e non a senso unico di sinistra o destra, Brancaccio ha risposto dichiarando:
“Nella storia si sono verificate alleanze tattiche di ogni tipo, anche tra soggetti politici agli antipodi. Chiunque conosca la storia non si scandalizza nemmeno dei patti Molotov-Ribbentrop. Il problema che per ora Molotov non c’è”.

In conclusione, sia le dichiarazioni di Emiliano Brancaccio che di Vladimiro Giacchè, trovano la mia condivisione,(sebbene i due economisti abbiano in generale posizioni diverse) sul fatto che l’uscita dall’euro non deve essere terreno di scontro ideologico su chi si debba prendere il monopolio del ritorno alla nostra sovranità monetaria e non solo…
La fine dell’euro deve essere gestita al di la’ del concetto di destra e sinistra ma dalla politica tout court, altrimenti se non si trova una strada comune di liberazione nazionale, il rischio che un terzo attore possa gestire l’uscita in modo scoordinato, creando “rappresaglie” economiche per vendetta o meglio tutelando i creditori internazionali a scapito della popolazione (ulteriori acquisizioni e prelievi dai c/c), si fa sempre più reale e questo agirebbe tramite governi tecnici.
Questo attore avrebbe il nome di “mercati e finanza”.

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