Attualità
QUELLO CHE LE BANCHE NON DICONO (AI RISPARMIATORI) (di Paolo Cardenà)
Dall’ottimo blog www.vincitorievinti.com di Paolo Cardenà vi proponiamo questo interessantissimo articolo sulla scelta degli investimenti bancari. Potete trovare l’originale QUI
Inoltre ricordiamo che Paolo ha organizzato un interessante ed utile convegno sulla gestione dei risparmi in tempo di tassi 0. Per chi fosse interessato può iscriversi e trovare maggiori informazioni a questo link.
Parliamoci chiaramente:
Ma, pur non volendo affatto generalizzare, possiamo affermare che, talvolta, le cose vanno diversamente rispetto a come dovrebbero andare. Ciò, per molti motivi che vanno dalla carente preparazione di taluni “professionisti del risparmio”, alla latente professionalità degli stessi, all’asimmetria informativa esistente tra il mondo bancario e il risparmiatore, ben lontana dall’essere colmata, nonostante gli sforzi normativi compiuti in questi ultimi anni. Non ultimo il conflitto di interessi in cui più o meno tutti gli operatori di mercato svolgono la propria attività.
Quando andate in banca o vi rivolgete al vostro promotore finanziario per ottenere suggerimenti per l’allocazione dei vostri risparmi o per proteggerli, dovete sapere che questi soggetti, talvolta, possono agire in regime di conflitto di interessi e, nei casi più eclatanti, ai limiti del crimine. Crimine, ovviamente rivolto ai vostri risparmi. Più o meno tutte le azioni commerciali pianificate dalle banche sono per lo più orientate all’ottenimento di risultati a favore della banca e del suo personale, sia in termini strategici che in termini economici. Raramente a favore del cliente.
Tant’è che, molto spesso, gli interessi delle banche derivanti da tali pratiche, sono in netto contrasto con quelli dei propri clienti. A mero titolo esemplificativo, si pensi ai premi che la banca riconosce al proprio personale in occasione del raggiungimento di alcuni risultati nel collocamento di prodotti di risparmio indicati dalla banca. Talvolta, questi strumenti non sono affatto compatibili con le esigenze dei risparmiatori e, ammesso che lo siano, non è detto che il prodotto offerto sia il miglior prodotto esistente sul mercato per quella tipologia di investimento. L’interlocutore bancario, sapendo che otterrà un premio al raggiungimento del budget assegnatogli, sarà orientato sempre più a proporre quel determinato investimento piuttosto che un altro, magari più profittevole per il cliente in termini di minor costo. Questa circostanza, talvolta, può trovare la sua massima esaltazione nel risparmio gestito. Nonostante l’apertura del mercato al multibrand, più o meno tutte le banche sono orientate a costruire portafogli di investimento utilizzando prodotti di risparmio gestito a marchio proprio, anziché utilizzare, come invece si dovrebbe, prodotti di case terze magari eccellenti in particolari segmenti di mercato.
E’ evidente che ciò avviene perché le banche, che spesso controllano le società di gestione, trovano più convenite -in termini economici- avere all’interno del proprio gruppo masse di risparmio da gestire che, evidentemente, valorizzeranno l’asset rendendo più profittevole il business.
Tanto per offrirvi uno spunto di riflessione riguardo a talune pratiche poste in essere dalla banche, giova ricordare che , in Italia ( non solo nel recente passato), talune banche, per diverse ragioni, hanno comprato a debito titoli in default: sia titoli sovrani che di società. Una miscela esplosiva che potrebbe tranquillamente deflagrare e produrre effetti catastrofici sui portafogli. Titoli nei portafogli delle banche pronti ad essere scaricati sia nei fondi comuni gestiti da società di gestione controllate dalle stesse banche -e quindi, successivamente, rifilati al risparmiatore sotto mentite spoglie- sia direttamente all’ignaro risparmiatore che, in buona fede, si affida alla presunta onesta del proprio interlocutore, talvolta del tutto latente.
Nel contesto bancario italiano potremmo enunciare una serie innumerevole di casi in cui le banche, poco prima che si verificassero dissesti finanziari, hanno scaricato carta straccia a ignari risparmiatori, liberandosi del rischio e facendolo accollare a questi ultimi. Probabilmente, se non siete stati accorti, o se avete avuto rapporti con persone completamente prive di scrupoli, i vostri risparmi o parte di essi potrebbero essere allocati proprio in questi titoli, o, se vi dice proprio male, in altri titoli che la banca vi ha venduto poiché troppo rischiosi da tenere in portafoglio: il suo portafoglio, ma non il vostro. Queste pratiche sono note (dovrebbero esserlo) a chi le suggerisce alla clientela, così come sono ovviamente note ai vertici della banca e anche ai soggetti regolatori.
Oppure, può capitare anche che in occasione di aumenti di capitale della banchetta sotto casa (magari necessario per tamponare e differire il disastro) i vertici bancari elaborino dei piani incentivanti per il personale della banca, al fine da premiare la vendita di azioni oppure di quelle obbligazioni finalizzate ad irrobustire la patrimonializzazione della banca. Salvo poi accorgersi che sono strumenti rifilati alla clientela talvolta ignara e priva di qualsivoglia conoscenza in merito al titolo acquistato e ai rischi connessi (vi viene in mente qualche banca?)
A proposito del rischio, solo per offrire una banale esemplificazione, dovete sapere che gli stessi interlocutori che vi propinano l’uno o l’altro investimento, proprio sul tema del rischio, tendono a nascondervi la verità, ammesso che la conoscano.
Ad esempio, i titolo di stato che vi propongono come investimento sicuro (o privo di rischio) o, ancora peggio, l’obbligazione bancaria altrettanto sicura, potrebbe non rispettare affatto le vostre attese in termini di sicurezza. Infatti, in via generale e semplicistica, se andaste a guardare i rendimenti dei titoli di stato italiani, potreste essere abbastanza rassicurati dal fatto che i titoli, avendo un rendimento basso (oggi, quelli a breve scadenza, sono a zero o addirittura negativi), siano dei titoli privi di rischio, perché, come già sapete, a minor rendimento dovrebbe corrispondere un minor rischio e, di conseguenza, a un maggior rendimento dovrebbe corrispondere un maggior rischio.
Ne consegue che è vero anche il contrario. Ossia, che quando la liquidità abbandonerà il mercato, le attività finanziarie oggetto delle vendite saranno esposte a cali più o meno accentuati dei prezzi. Per dirvela ancora più semplice, un titolo di stato con un basso rendimento, non è affatto detto che sia un investimento sicuro. Anzi, non sarebbe affatto remota la possibilità che questo sia un titolo di stato con ampie possibilità di generare perdite in conto capitale, nel caso di rialzo dei tassi e, nei casi più estremi, in caso di ristrutturazione o default. Ora si tratta solo di capire quando ciò potrà avvenire.Come se ne esce? Quali sono le strade che può percorrere il risparmiatore?
Dal mio punto di vista, il risparmiatore ha una sola strada da percorrere:
1) sviluppare ed evolvere la propria cultura finanziaria, fattore di estrema importanza per salvaguardare i propri risparmi;
2) affidarsi a consulenti seri, preparati e di comprovata affidabilità, in modo da costruire un dialogo serio e professionale che possa contribuire a rendere edotto il risparmiatore su tutti i possibili rischi e anche sulle opportunità, colmando così quell’asimmetria informativa che, invece, troppo spesso si perpetua, fino a che non si giunge all’inevitabile disastro: la perdita dei risparmi.Per concludere, una maggiore consapevolezza da parte del risparmiatore costituisce la migliore forma di garanzia per tutelare i risparmi; senza tuttavia dimenticare che la responsabilità di quanto avvenuto nei recenti salvataggi bancari (che hanno mandato in fumo i risparmi di 130 mila persone) ricade anche su quei risparmiatori che hanno gestito con troppa leggerezza e pressapochismo i propri risparmi, rifiutandosi di considerare le più elementari regole di investimento. Che poi sono regole si solo buon senso.
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