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Quante tasse riesce a riscuotere l’erario dalle transazioni online?

Con la Web Tax lo Stato tassa le transazioni online. L’imposta, però, è generica e questo fa scaturire un po’ di dubbi sulla sua reale applicazione

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La legge di stabilità del 2018 ha introdotto un’imposta su tutte le transazioni finanziarie online chiamata Web Tax. Vediamo, quindi, quante tasse si ottengono dalle transazioni online.

La Web Tax è un’imposta indiretta (tipo IVA) che dovrebbe toccare tutte le transazioni che avvengono in internet. La prestazione, in questo modo, deve essere automatizzata, con un intervento umano minimo. In più non può essere garantita in assenza di quella che è la tecnologia dell’informazione. L’imposta ha due ambiti: soggettivo e oggettivo.

Nell’ambito soggettivo viene prelevata dall’acquirente nel momento in cui viene pagato il corrispettivo con un obbligo definito di rivalsa nei confronti di quello che è il soggetto prestatore del servizio. Questo, però, non accade nei regimi forfettari e nei regimi dei minimi. In questo caso, poi, l’identificazione del contribuente nel prestatore fa diventare, automaticamente, il committente il sostituto d’imposta.

Come stiamo cercando di capire in parole povere l’imposta, in teoria, va a colpire quelle che sono le transazioni effettuate via internet e si ripercuote su vari ambiti, anche quello del gioco d’azzardo. Quindi anche il miglior sito per giocare a poker on line con soldi veri avrà tasse sulle transazioni, così come i siti che si occupano di shopping o di vendita al dettaglio o all’ingrosso. La definizione, però, di transazioni online, è piuttosto generica. In realtà, con queste premesse, la tassa non dovrebbe colpire chi fa commercio elettronico indiretto (cioè quello per cui il web è una vetrina, con prelievo del bene dal magazzino o attraverso posta e corriere).

Cosa colpisce quindi la Web Tax? Solo le prestazioni di servizi immateriali (download, web-hosting, pubblicità online).

Come si paga la Web Tax?

Il periodo che stiamo vivendo non è dei più semplici dal punto di vista dei costi. La guerra tra Ucraina e Russia ha ripercussioni sul gas, ad esempio, e l’Europa sta già prevedendo dei tagli sul gas russo. L’imposta sulle transazioni online, quindi, è un piccolo problema in più (con la difficoltà di comprendere anche fino a che punto si debba pagare e in quali ambiti). Vediamo, nel frattempo, come si deve pagare.

L’imposta, in pratica, deve essere versata il giorno 16 del mese successivo a quello in cui si è effettuato il pagamento. Per quanto riguarda, invece, sanzioni, riscossioni o contenziosi si applicano le disposizioni IVA, se sono compatibili. Gli obblighi dichiarativi sono oggetto di un po’ di dubbi. Non si capisce, infatti, sempre a causa di alcune generalizzazioni, se entrambi i soggetti sono obbligati a dichiarare o solo uno di essi. La fattura dovrebbe essere indicata dal prestatore che dichiara che ha subito il prelievo nel corso di quell’esercizio. Ma anche il committente (come soggetto versante) dovrà assolvere degli obblighi dichiarativi sull’imposta.

La tassa si applica sia su imprese italiane che estere?

L’Agenzia delle Entrate ha, tra le tante schede del suo sito, anche una specifica sulle imposte che riguardano le transazioni (e questo di sicuro ci darà una grossa mano per fugare ogni piccolo dubbio). Ma ciò non toglie che la Web Tax sia una imposta piuttosto giovane e decisamente generica per capirla al meglio. Quello che ci sembra chiaro è che sia le imprese italiane che le estere sono soggette alla tassa.

Il tributo, infatti, ha la struttura di un’imposta indiretta nascendo come strumento per prelevare quote a soggetti non residenti che, attraverso servizi immateriali in internet, producono profitto nel nostro Paese senza pagare né Irpef e né Ires. Proprio perché in assenza di organizzazione stabile, quindi, la tassa va a frenare l’appesantimento tributario che tocca i contribuenti italiani che già pagano Irpef e Ires sul fatturato digitale. L’intenzione, quindi, è quella di dare una rilevanza fiscale al volume d’affari prodotto dal commercio elettronico e prelevare poi imposte dai profitti che ne scaturiscono.

Il tutto perché la web economy è nuova e ha bisogno di una struttura erariale e fiscale che sia maggiormente attenta e specifica per non incappare in situazioni lacunose che portino, poi, a poter sfruttare il web per profitti che non sono tassabili. Ma quante tasse, quindi, lo Stato riesce a prelevare dalle transazioni online? La modalità, in questi casi, è la stessa dell’IVA al 22%, quindi dovrebbe ottenere circa un quarto dell’importo se non si è soggetti ad agevolazioni (come per i minimi e i forfettari).


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