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Economia

La Protesta di Landini: operai a rischio denuncia, ma chi paga il conto? Sindacalisti che si fanno scudo dei lavoratori

Durante la protesta dei metalmeccanici, Landini guida il corteo ma sono gli operai a rischiare la denuncia per blocco stradale. Un’analisi critica: chi pagherà i costi legali e le multe? Il sindacato li protegge o li usa?

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La cronaca recente ci riporta a Bologna, teatro di una delle manifestazioni legate allo sciopero nazionale dei metalmeccanici. Un corteo, con alla testa il segretario della CGIL Maurizio Landini, ha bloccato il traffico per circa 45 minuti. L’azione, guidata da un furgone, si è svolta in violazione delle nuove norme introdotte dal Decreto Sicurezza del governo Meloni, che inasprisce le sanzioni per i blocchi stradali.

Secondo quanto riportato, Landini ha guidato la marcia, protetto però da un cordone di fedelissimi, mentre i lavoratori e gli operai partecipanti si sono esposti in prima persona al rischio concreto di una denuncia penale. Gli operai facevano scudo al leader, non viceversa.

La manifestazione, indetta dalle sigle Fim, Fiom e Uilm per il rinnovo del contratto nazionale, assume così contorni controversi. Da un lato la rivendicazione sindacale, dall’altro un’azione che, secondo le leggi vigenti, è illegale e mette i singoli lavoratori, non i leader, di fronte alle possibili conseguenze legali e pecuniarie.

La mossa ha ricevuto il plauso politico della sinistra, con la segretaria del PD Elly Schlein che ha espresso solidarietà, ma anche critiche, come quelle del governatore dell’Emilia-Romagna che ha parlato di “show”.

I sindacati proteggono i sindacalisti, non i lavoratori

Al di là della cronaca, l’episodio solleva interrogativi profondi e amari sul ruolo odierno del sindacato e sulla sua leadership. C’era un tempo in cui i sindacalisti, da Di Vittorio a Lama, erano in prima fila non solo per guidare i cortei, ma per prendersi le botte e le denunce, per proteggere fisicamente e legalmente i propri iscritti. Erano scudi, non registi.

Oggi, la scena di Bologna restituisce un’immagine desolante: quella di un leader che marcia al sicuro, mentre gli operai vengono trasformati in uno strumento di pressione politica, sacrificabile sull’altare della battaglia contro il governo. La protesta sembra meno focalizzata sul rinnovo del contratto e molto più su una sfida diretta al Decreto Sicurezza, un obiettivo squisitamente politico.

E qui sorgono le domande che ogni lavoratore dovrebbe porsi. Se e quando arriveranno le denunce per blocco stradale illegittimo, chi pagherà gli avvocati difensori? Sarà forse Landini di tasca sua? E le eventuali, pesanti sanzioni amministrative, chi le salderà? La CGIL si farà carico di ogni singola multa dei suoi iscritti, sollevandoli da ogni responsabilità economica?

Il dubbio è più che legittimo. Il sospetto è che, ancora una volta, i costi reali dell’azione ricadranno sulle spalle di chi lavora, mentre i benefici, in termini di visibilità e posizionamento politico, saranno tutti per i vertici sindacali.

Infine, la domanda più importante, quella che riguarda il futuro del nostro sistema produttivo: in che modo bloccare una strada per 45 minuti aiuterà le aziende italiane a vincere la concorrenza spietata, soprattutto quella cinese, e a salvare posti di lavoro? La risposta, purtroppo, è ovvia. Questa mossa non salverà neanche un singolo impiego. La politica della CGIL e degli altri sidnacati assurdamente pro europeista, ha ammazzato le aziende italiane e quindi  la possibilità di generare stipendi dignitosi. La cosa divertente è che chi è stato causa di questo disastro è sempre li, intoccabile, protetto da chi dovrebbe proteggere.


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