Energia
“Proiettili di Tungsteno” come elemento chiave per raggiungere la Fusione Nucleare
Il Tungsteno, un metallo estremamente resistente al calore, può essere la via per il controllo del plasma nelle fusioni nucleari se “Sparato” sotto forma di proiettili nel flusso incandescente
I ricercatori del Los Alamos National Laboratory (LANL) stanno esplorando un nuovo approccio per mitigare una sfida critica nello sviluppo dell’energia di fusione, ovvero gli effetti dannosi degli elettroni in fuga, derivante dalle instabilità del plasma all’interno dei reattori di fusione.
“I reattori a fusione funzionano estraendo enormi quantità di energia dalla fusione di nuclei atomici più leggeri in un nucleo più pesante”, ha dichiarato il LANL in un comunicato stampa.
Per ottenere questo risultato, gli scienziati devono creare un plasma surriscaldato, uno stato della materia in cui gli elettroni vengono strappati dagli atomi, raggiungendo temperature superiori a 150 milioni di gradi Celsius. Questo plasma poi nei Tokamak o nei Stellarator genera la fusione nucleare
“Ma l’instabilità si genera in condizioni estreme. Il plasma è selvaggiamente indisciplinato e spesso cerca di sfuggire al reattore”, si legge nel comunicato stampa. “Un grave sottoprodotto di questa instabilità è la fuga degli elettroni”.
Un ‘fucile di tungsteno’ per gli elettroni in fuga
Questi elettroni, accelerati a velocità prossime alla luce, possono sfuggire ai campi magnetici progettati per contenerli e scontrarsi con le pareti del reattore. Queste collisioni possono causare danni significativi, che possono portare a costose riparazioni e a tempi di inattività.
“Non si tratta di danni nel tempo. In un solo caso, il fascio può fare un buco in una parete solida di tungsteno, danneggiando il meccanismo di raffreddamento sottostante”, ha osservato Michael Lively, esperto di fusione a Los Alamos, che ha proposto una soluzione a questo problema.
Lively suggerisce l’implementazione di un “fucile al tungsteno”. “Il fucile di Lively inietterebbe nel reattore uno spruzzo di particelle di tungsteno larghe un millimetro per intercettare gli elettroni in fuga”, ha spiegato LANL.
In particolare, il tungsteno, scelto per la sua eccezionale resistenza e l’alto punto di fusione, è già un componente chiave nella costruzione delle pareti dei reattori.
Risultati promettenti
Le ampie simulazioni condotte da Lively hanno dimostrato l’efficacia dell’approccio shotgun al tungsteno. Le particelle di tungsteno iniettate si scontrano efficacemente con gli elettroni in fuga, assorbendone l’energia e deviandoli dalle loro traiettorie distruttive.
I risultati indicano che il fascio di elettroni in fuga viene neutralizzato quasi istantaneamente al contatto con le particelle di tungsteno.
“Il tungsteno assorbe l’8% degli elettroni in fuga, mentre il restante 92% viene rimbalzato o disperso fuori dall’orbita e non rischia di danneggiare il reattore”, ha dichiarato il LANL.
Inoltre, le simulazioni rivelano che le particelle di tungsteno rimangono all’interno del reattore per un tempo significativamente più lungo rispetto agli elettroni in fuga.
“Lively ha scoperto che gli elettroni in fuga tendono a orbitare nel reattore per soli 130 nanosecondi, mentre le particelle di tungsteno hanno una durata di vita di 100.000 nanosecondi”, si legge nel comunicato stampa.
Ciò significa che una singola iniezione di particelle di tungsteno potrebbe fornire una protezione prolungata contro molteplici eventi di elettroni in fuga, migliorando l’efficienza e la praticità di questo approccio.
Proteggere i reattori di fusione
La fase successiva di questa ricerca prevede la sperimentazione del metodo di iniezione di particelle di tungsteno in reattori a fusione sperimentali.
Se questi test confermeranno i risultati delle simulazioni, questa tecnologia potrebbe essere integrata nei progetti dei futuri reattori a fusione, aprendo la strada a un futuro energetico più pulito e sostenibile.
“Dovremmo essere in grado di proteggere i reattori a fusione nucleare dalla perdita di controllo del plasma senza danneggiare i componenti e senza dover ricorrere a costose riparazioni. E possiamo farlo con un impatto economico minimo o nullo”, ha concluso Lively.
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