Euro
PRODUTTIVITA’, PREDE, SOVRANITA’ E BIONDE: benvenuta Ucraina nella tela del ragno
Nei precedenti articoli abbiamo fatto la conoscenza dei seguenti elementi:
1) Pil Effettivo;
2) Pil Potenziale;
3) Prey-predator Game Model
Vediamo oggi come questi elementi si compongono, o si comporranno, per aiutare l’economia di una nazione per la quale, a breve, è previsto l’ingresso nella Eurozona.
Ad avvantaggiarsi dell’ingresso in eurozona sarà sicuramente l’export ….di bionde!
Le mitiche sigarette direte? Sono arrivati a produrle sin lassù?
Mah! Non saprei. A dire il vero io parlavo di vere bionde.
No no, non preoccupatevi!
Non ha senso chiedersi se ho messo tracce di tabacco in quel fumo. Io non fumo e non bevo.
Già, proprio così, sono perfettamente lucido (e lungimirante direi) e le mie sinapsi sono perfettamente collegate tra loro.
Vediamo allora cosa hanno elaborato le mie meningi.
Dunque, ad uso smemorati, il PIL Effettivo è il pil che si genera andando ad analizzare il lato della domanda.
Y = C + I + G + X – M + ∆Scorte
Su di esso, hanno effetto positivo ogni stimolo della domanda, quelli che incrementano i consumi e quelli che incrementano la spesa pubblica (produttiva e non).
Peccato che al Ministero del Tesoro, dove sono impiegati i più grandi geni e le più fervide menti prodotte dallo stivale, questo modello di rappresentazione del PIL sia ben poco gradita. Vi chiederete come mai? Perché premiando risultati di breve periodo, spinge la politica (altra cosa che alle vere classi Dirigenti piace poco) a prendere provvedimenti per sostenere il valore non concentrandosi sui fattori di gran lunga importanti: gli investimenti che sviluppano la produttività!
E dato che non parliamo di provvedimenti strategici (incrementare nel tempo la produttività) ma tattici, stimoli di breve periodo della domanda aggregata, i risultati pare che svaniscano dopo un periodo di tempo più o meno lungo (uno, due, massimo 3 anni).
Ai severi ed austeri custodi delle strategie di lungo periodo, piace più la formula del PIL Potenziale:
Y = TFP * Lα* K1-α
Perché questa formula attrae maggiormente? Perché i “geni della lampada di Aladino” sono convinti che moltiplicando il numero dei lavoratori impiegati con il capitale investito e miscelando il tutto con la TFP (produttività totale dei fattori) si ottenga il vero PIL Potenziale raggiungibile dalla nazione, quello che riesce a stare in piedi nel lungo periodo, senza che si crei inflazione.
La differenza tra le due concezioni, sempre per i nostri strateghi del risiko, mix di superneuroni e superefficienti sinapsi, sta nel fatto che:
1) Se prendiamo la prima identità, uno stimolo della domanda aggregata dell’1% (magari da un incremento della domanda mondiale, cosa possibile per il 2014) genera un incremento del PIL Effettivo dello 0,22%.
a. Prima di tutto cresce il commercio estero nella misura dello 0,12% del Pil
2) Nella seconda fare, per effetto del Moltiplicatore keynesiano, cresceranno i consumi parallelamente alla riduzione dell’effetto del commercio internazionale
a. La crescita varrà circa 0,18% del PIL
3) Nella terza fase, questo stimolo aumenterà la produttività perché migliorerà la Total Factor Productivity
a. Il tasso d’impiego degli impianti sale di un 3-4-5%
b. Le risorse umane produrranno di più a parità di ora uomo spesa;
c. La crescita della TFP da commercio estero varrà circa 0,16% del PIL ed agirà, dunque,in un momento successivo all’incremento dei consumi da moltiplicatore
4) Nella quarta fase, questo stimolo produrrà maggiore domanda aggregata per la crescita degli investimenti,
a. La crescita è di circa 0,06% del PIL.
Quindi, prima cresce la TFP, cosa normale perché abbiamo una saturazione delle risorse senza fare ulteriori investimenti e senza assumere personale, poi sale l’occupazione, cala la TFP e cresce il CLUP e, per tale via (essenzialmente inflazionistica), ci si ritrova al magicamente al punto di partenza dopo il periodo di tempo sopra riportato.
Per quanto sopra ilustrato, non conviene investire tempo e risorse sul lato della Domanda Aggregata, essa genererebbe un PIL che si allontana da quello Potenziale solo per un breve periodo, non è strutturale, non dipende dall’offerta, dall’equazione della produzione che tanto amano i geni del Ministero del Tesoro (gente che in vita loro, probabilmente, non ha mai avviato alcuna attività economica autonoma).
Ma qual è l’elemento che cozza con la teoria che cercano insistentemente di propinarci tanto politici di destra quanto politici di sinistra?
Il Prey-Predator Game Model!
Per tale modello abbiamo visto che ci potremmo trovare di fronte ad una calo delle prede (consumatori) a disposizione quando invece i predatori (aziende) sono tante in un terreno di caccia estremamente ristretto, limitato.
Cosa accade allora se in un territorio di caccia in cui, per la teoria di sviluppo del sistema produttivo, ci si basa sull’incremento degli investimenti per azienda esistente si comprimono i salari (vedi sistema alemanno dei Minijobs) riducendo le prede nel proprio territorio?
Semplicemente che ho bisogno di andarmi a cercare le prede in altri territori altrimenti accade questo.
Vediamo che dal 1981 al 1983 la Produzione industriale tedesca calò, così come dal 1992 al 1994 e nel 1997.
L’esigenza di andare a cercare le prede in altri territori si scontra, per quanto le proprie industrie siano più competitive, con la risposta dei predatori ivi presenti.
Ebbene, prendendo a prestito un grafico del lavoro del Prof. Bagnai (che il buon Dio lo preservi a lungo) possiamo notare:
Una svalutazione che ha preceduto di qualche trimestre il fatto accaduto in germania, consentì alle industrie italiane di recuperare produttività, di essere più competitive e di bloccare il processo di saturazione delle risorse del sistema produttivo alemanno: la loro TFP andava a farsi benedire!
Attenzione, ciò che per i tedeschi era una caduta della TFP, per l’Italia era l’opposto, a parità di manodopera la maggior saturazione degli impianti consentiva il suo recupero. Sto esattamente descrivendo il percorso precedentemente descritto: la ripresa della produttività (per il TFP) conseguente a uno stimolo del PIL Effettivo da Commercio Estero. La svalutazione ha consentito maggiori esportazioni rispetto al normale, per mezzo della condizione di Marshall-Lerner, aumentando la domanda aggregata in modo considerevole.
Nel corso degli anni successivi, poi, fece seguito una rivalutazione (imposta dalla Germania) nel quadro del progetto di realizzazione dell’unione monetaria auspicata dall’egemonia Germanica.
Essi, avevano maturato l’esperienza nel 1929 sotto il cancelliere Bruenning: soppressione delle prede all’interno del proprio territorio, crescita del peso specifico dell’industria tedesca, necessità di ricercare nuove e maggiori prede allargando il territorio di caccia.
Avere troppi predatori in circolazione quando le prede scarseggiano fa diventare i termini “produttività” e “Pil Potenziale” una mera esercitazione teorica.
E’ necessario ampliare i territori di caccia, decennio dopo decennio, continente dopo continente.
Un predatore in competizione, se in condizioni, può difendere il proprio territorio di caccia ricorrendo a tutte le armi in proprio possesso (nel caso dell’Italia la svalutazione della moneta sovrana) ed allora la produzione industriale cala, e con essa la TFP, compromettendo i piani di lungo periodo. Per questo motivo, queste armi andavano smantellate! Nasce l’Euro!
Ora sappiamo cosa è accaduto all’Italia in questo decennio di ridotte difese del proprio territorio di caccia e, grazie al Prof. Alberto Bagnai, sappiamo benissimo anche quali strategie di deindustrializzazione siano state utilizzata da CONFINDUSTRIA Tedesca: dumping retributivo e ciclo di Frenkel!
Ma questo discorso, vi sarete sicuramente chiesti, cosa c’entra la giovane Ucraina? Cosa c’entrano le Bionde?
Ah! Già! E’ vero, dimenticavo, ma sapete com’è, per comprendere le contorte menti del Ministero del Tesoro serve sicuramente un insieme contorto di neuroni e sinapsi, datemi tempo e capirete.
Per ora facciamo un salto in Portogallo.
Come cosa c’entra il Portogallo? Il Portogallo c’entra sempre.
Il 5 novembre 2013 a Pescara si tiene il convegno “Euro, Mercati e Democrazia” nel corso del quale il Prof. João Ferreira do Amaral (Instituto Superior de Economia e Gestão, Lisbona) segnala che il Portogallo, non potendo essere più competitivo, spostò il baricentro della propria economia dal settore manifatturiero a quello edilizio (non-tradable) con conseguente deindustrializzazione del paese.
Cioè, grazie all’unione monetaria, il Portogallo ha perso tutte le sue industrie operanti nei settori tradable e si è organizzata per i soli settori Non Tradable: le costruzioni!
Ecco, fate attenzione al fenomeno:
– settori tradable soggette alla concorrenza spietata dei tedeschi;
– settori non tradable al riparo!
E cosa credete accadrà alla giovane Ucraina dopo che sarà entrata nell’euro? Semplice, i suoi produttori di beni tradable saranno sottoposti ad una feroce competizione internazionale, specialmente da parte delle aziende tedesche.
Saranno allora capaci, i giovani e fieri Ucraini, di far fronte alla competizione con la forte industria Tedesca?
Ovviamente No!
Ma il guaio è, purtroppo, che ad averli avvisati di questo è stata l’invidiosa Russia (come una volta per noi gli USA), accusata di cercare in tutti i modi di evitare l’ingresso Ucraino in Eurozona. Si sa, forse non desidera avere ai propri confini la potente ed insidiosa UE:
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“La UE costa e l’Ucraina non sa con chi stare”
In tempi brevi l’Ucraina firmerà l’accordo di associazione con l’Unione Europea e già si parla dei costi dell’operazione: finanziari e politici. Secondo gli esperti, soltanto per adeguare le sue norme economiche a quelle europee Kiev dovrebbe spendere 165 miliardi di euro in dieci anni.
Una somma enorme che non spaventa il primo ministro Azarov, il quale spera che gli europei vogliano accollarsene una parte.
La pensa diversamente il rappresentante dell’Unione Europea in Ucraina, secondo cui al massimo potrebbero essere stanziati 45 milioni di euro nei prossimi due anni.
Secondo l’economista Boris Scmeliev, la scelta europeista di Kiev potrebbe avere un costo accettabile.
Gia’ oggi la bilancia commerciale ha un saldo negativo di 8 miliardi e mezzo di dollari e si dovrebbe arrivare ai 12 miliardi, ma non si tratta di una tragedia. Nonostante la crisi l’Unione Europea riuscira’ a dare all’Ucraina quanto non potra’ mai dare l’Unione doganale, tanto piu’ che Kiev punta ad una certa collaborazione con questo organismo.
(da La Voce della Russia)
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Dunque leggiamo bene:
1) FABBISOGNO PER INVESTIMENTI DI ADEGUAMENTO DELLE INDUSTRIE (SOSTITUZIONE STOCK DI CAPITALE): 165 MILIARDI;
- d’altronde l’Ucraina ha ereditato dal passato sovietico una struttura economica basata sull’industria pesante e sulla tecnologia, largamente superata ad occidente;
- il costo sarà legato all’adeguamento degli impianti agli standard UE e agli aspetti ambientali;
- le banche europee non saranno disposte a finanziare l’Ucraina per tali somme. Il principale creditore dell’Ucraina (la Russia), alla luce delle norme europee che priverà le aziende ucraine della competitività nel mercato domestico, cesserà l’erogazione dei prestiti e chiuderà il mercato dell’Unione doganale di Russia, Bielorussia e Kazakistan. Alla lunga ciò porterà a una catastrofe economica. Per superare il default l’Ucraina dovra’ investire circa 35 miliardi di euro in programmi di stabilizzazione, ma i promotori dell’associazione non lo dicono e non ci vogliono pensare.
- L’Ucraina ha sì diversificato anche rispetto ai settori tradizionali, ma in modo lento e insufficiente rispetto al peso dei settori tradizionali.
2) SOGNO DI AZAROV: COPERTURA PARZIALE DA PARTE DELLA UE, FACCIAMO UN 30%? 50 MILIARDI?
- Risposta della UE: al massimo metteremo sul piatto 0,045 miliardi di euro
- Commento degli economisti autoctoni: “cosa importa, dall’ingresso in eurozona sicuramente guadagneremo tanto!”
- Commento di uno dei commissari UE: “l’Ucraina crescerà del 6% entrando in Europa (Fonte La Voce della Russia – intervista al consigliere di Putin Sergey Glazyev)
3) COSA LEGGIAMO NOI? TOTALE DEINDUSTRIALIZZAZIONE!
- Mancanza di capitali per rinnovare gli impianti e competere in un mercato senza frontiere né solidarietà;
- Perdita di capacità competitiva nei mercati dei tradables;
- Arrocco da giocatore di scacchi nei settori Non Tradable!
Ma allora….allora dobbiamo attenderci un calo del Pil e potenziali problemi al rapporto debito/pil? E oggi come sono invece messi?
Beh, in fondo prima che arrivino al 60% hanno possibilità di lavorare a deficit per qualche anno, dando momentaneamente l’idea che l’Eurozona sia stato un buon affare.
Ma quanto possono resistere? Stando all’analisi del Budget un 5-6 anni!
Le finanze pubbliche sono in difficoltà. Il paese registra un crescente deficit del bilancio pubblico (-4% nel 2012 e previsto -5% nel 2013), legato da un lato alla riduzione delle entrate fiscali a causa del rallentamento economico e dall’altro al progressivo aumento della spesa corrente (salari pubblici e pensioni) e al pagamento dei sussidi al prezzo al consumo del gas (mediante trasferimenti all’azienda di stato Naftogaz, che nel 2012 ha registrato un deficit pari a circa il 2% del PIL). Beh, con un budget del genere (da spendaccioni) ci impiegheranno poco tempo di sicuro. E com’è la situazione della bilancia commerciale?
Mmmmhhhh….molto negativa, Il deficit delle Partite Correnti (conti con l’estero) è una delle principali criticità del paese. Le cause sono l’export in calo e le crescenti importazioni di beni energetici dalla Russia (equivalenti al 25% delle importazioni totali del paese). Il persistere della debolezza dell’export ucraino e il mancato raggiungimento di un accordo con la Russia per la riduzione dei prezzi di fornitura del gas sono gli elementi alla base delle previsioni di un ulteriore ampliamento del deficit corrente, previsto a -7,9% del PIL nel 2013. Ho paura che con l’Euro la situazione sarà ancora peggiore per gli ulteriori problemi legati alla perdita di competitività.
Formalmente l’Ucraina ha un tasso di cambio flessibile, tuttavia la banca centrale mantiene la valuta nazionale ancorata al dollaro ad un tasso di circa 8 UAH/USD. La difesa dell’ancoraggio al dollaro ha comportato un notevole costo per il paese in termini di riserve valutarie, difficilmente sostenibile anche nel breve termine.
Dopo il rilevante incremento registrato nel 2011 (+5.2%), il Pil ucraino nel 2012 è cresciuto dello 0.2 %, principalmente a causa della debolezza della domanda internazionale delle commodities esportate dal Paese.
Anche per il 2013, saranno rilevanti, oltre all’andamento della domanda internazionale dei beni esportati dall’Ucraina (prodotti agricoli e della metallurgia in primis), le dinamiche legate alla moneta nazionale: senza un cambio di politica della Banca Centrale (che permetta un deprezzamento della propria moneta) le esportazioni ucraine non consentiranno un’effettiva ripresa e una conseguente spinta al PIL per le dinamiche precedentemente indicate.
In forte calo le riserve internazionali. Il deficit di parte corrente ha progressivamente drenato le riserve di valuta forte della Banca Centrale a causa del mantenimento dell’ancoraggio della valuta al dollaro. Le riserve internazionali nel 2012 erano pari a circa USD 24 mld, equivalenti a 2 mesi di importazioni, in calo del 20% rispetto al 2011. Nonostante alcune misure adottate dalla Banca Centrale per ridurre la fuoriuscita di valuta forte, il trend è proseguito durante la prima metà del 2013, periodo in cui le riserve sono state intaccate anche per il ripagamento di una parte del debito estero in scadenza. A fine scorso mese le riserve risultavano pari a USD 21,6 mld.
E possiamo notare che già adesso l’industria non è ben messa:
A cui possiamo collegare una caduta del tasso d’investimento in nuovo capitale o nel rinnovo di quello esistente:
Insomma possiamo notare che l’Ucraina ha un’economia da salvare, un’industria da modernizzare e un’imprenditoria da ricostruire.
Difatti, dopo qualche trimestre buono, gli ultimi periodi sono stati fortemente negativi:
Nel 2010, l’economia del paese si è parzialmente ripresa grazie ad un aumento dei prezzi sul mercato mondiale delle esportazioni ucraine (l’Ucraina fornisce al mercato globale materie prime, prodotti chimici e alimentari, i cui prezzi sono ovviamente instabili). I salari sono stati tagliati e svalutati al fine di garantire la ripresa ma negli ultimi tre anni, comunque l’Ucraina è diventata uno dei più grandi debitori del Fondo monetario internazionale (FMI). L’attuazione del programma neoliberista sta aggravando l’ingiustizia sociale e la disuguaglianza economica nel paese. Le autorità ucraine stanno privatizzando le imprese statali e hanno l’intenzione di effettuare la riforma del sistema delle pensioni, aumentando l’età pensionabile per le donne (portandola al livello di quelle per gli uomini) e incrementando il numero di anni necessario per conseguire la pensione.
Le scelte di politica economica dei prossimi sei mesi saranno fondamentali: la svalutazione della moneta, il contenimento della spesa corrente e la riduzione dell’indebitamento. Sono scommesse importanti per capire come la nazione si presenterà alla UE e al FMI (che dovrebbe intervenire per aiutare dopo uno storico stop di qualche anno fa).
Secondo Bogdan Bezpalko, del Centro studi Ucraina e Bielorussia, l’Ucraina rinuncia alla sovranità politica ed economica e si trasforma in una colonia dell’UE. Di propria volontà consegna il potere nelle mani altrui e riceve in cambio tutta una serie di impegni e nessun diritto. In linea di massima tutto quello che i commissari europei promettono all’Ucraina, come perfezionare la democrazia e migliorare l’economia, in una prospettiva molto vaga e che come al solito prevede un forte peggioramento nel breve e medio periodo (come ammettono gli stessi eurocommissari) in cambio degli effetti positivi presunti di lungo termine legati al cambio di paradigma: dal pil effettivo di breve e medio termine legato all’equazione della domanda al pil potenziale legato alla funzione di produzione dal lato dell’offerta!
La verità è che alla UE delle multinazionali serve solo avere nuovi acquirenti, nuovi target di mercato da curare; nuovi “clienti” cui piazzare beni e servizi. L’importante – pertanto – è chiudere l’accordo di associazione, indipendentemente dal contesto sociale, economico ed umano. Poteva fermarsi giusto adesso il processo di ampliamento del territorio di caccia? No di sicuro!
Indipendentemente da quanto verrà loro dalla Troika all’Ucraina, appare sempre più evidente che il futuro degli Ucraini, di fronte ad una perdita della competitività del sistema industria, sia l’export di prodotti tipici DOCG, il settore dove sono al riparo dalla concorrenza internazionale: l’export di bionde.
Fig. 1: Prodotto tipico locale DOCG
E noi questa volta saremo prontissimi per fare business con l’Ucraina! Per una volta mi esce un colossale W la UE, W l’
Maurizio Gustinicchi
Economia5Stelle.
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