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Perchè Marcello Foà sarebbe un ottimo Presidente della RAI

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Oggi Marcello Foà ha pubblicato un ottimo articolo sul proprio blog de Il Giornale, riguardante le ultime rivelazioni dello scandalo Macron-Benalla e come il presidente francese stia gestendo, dal punto di vista comunicativo, la vicenda.

Chi segue Scenarieconomici conosce la vicenda: Alexandre Benalla, guardia del corpo di Macron, giunta alla carica  senza un passato specifico nel settore, il primo maggio è stato ripreso mentre, con insegna della polizia, picchiava un manifestante indifeso. Riconosciuto solo a luglio, a causa del caso, è stato attaccato personalmente e con lui tutti i suoi superiori che, essendo a conoscenza dei fatti, non hanno provveduto a denunciarlo. Attorno a questo tema sono nate voci relative agli enormi favori che avrebbe ottenuto, da auto si servizio lussuose, un appartamento nel centro di Parigi, promozioni, paghe elevate etc. Al termine, per fermare le illazioni che vedevano come amante del Presidente, Macron è intervenuto smentendo:

Macron ha affermato che la responsabilità è sua, ma ha negato che Benalla fosse il suo amante ed ha negato percepisse 10 mila euro al mese.

Foà, con grande equilibrio, analizza la comunicazione dl presidente francese confrontandola con gli standard fissati da tempo della comunicazione politica, non facendosi nessun problema di citare come esempio il linguista libral americano Lakoff, famoso per la sua metafora dell’elefante:  se un oratore chiede ad un pubblico di “Non pensare ad un elefante” ci sarà la sicurezza che ciascuno penserà ad un elefante in un modo o nell’altro. Nixon fece lo stesso errore dicendo “Non sono un bugiardo”, chiamò l’immagine del bugiardo nell’immaginario collettivo, il tutto spiegato dal concetto della “Mente incorporata” per cui la mente lavora comunque su elementi pratici, tangibili, derivanti dal mondo reale, e se richiamo un’immagine anche per negarla, questa resterà. Allo stesso modo Macron, negando che Benalla sia il suo amante o abbia avuto favori, introduce lo schema che questi sia stato in relazione intima con lui, o ne  abbia avuto dei favori.

Foà ci fornisce una descrizione chiara, nitida, super partes, dell’errore commesso dal presidente francese, nello stesso modo dandoci un quadro di come la comunicazione moderna crei falsi immagini e come il politico abile possa evitare certe trappole, da autentico esperto del settore comunicativo. Del resto non è autore del libro “Gli stregoni della notizia”, dove si svelano le tecniche per manovrare la comunicazione, per nulla.

In uno stato dove i mass media sono sinora stati strumenti di poteri non democratici ed opachi, di interessi spesso esteri, dove la figura dell’editore “Puri” è una sorta di mito nessuno più di Marcello Foà è necessario fra i posti guida della Tv pubblica, appunto perchè in grado di smontare pezzo per pezzo questi meccanismi restituendoci quello che più ci serve: la verità. Capite quindi perchè è  essenziale per chi sinora ha manovrato la comunicazione che Foà non vada nel CdA della Rai: gli romperebbe le uova nel paniere. La sua nomina sarà anche un banco di prova della solidità del governo: se è un nome fatto con convinzione non ci saranno problemi ad emettere un decreto ad hoc di riforma della legge sulla nomina del CdA Rai, magari completandola con garanzie diverse e con una risistemazione complessiva del settore delle comunicazioni. Altrimenti vedremo subito se è solo un nome spendibile, ma sarebbe un vero peccato.

 


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