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PERCHE’ IL PIL ITALIANO E’ CADUTO COME DURANTE LA I° GUERRA MONDIALE?

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Riceviamo dalla dott.ssa Donatella Visconti,  Presidente Sui Generis Network, e pubblichiamo volentieri.

 Al centro della crisi europea: Perché il PIL italiano è caduto come durante la prima guerra mondiale?

Ne parlano Polimeno, Fassina, Gasparri, Librandi e Rinaldi su Sui Generis Network

 Il 9 novembre 1989 il crollo del muro di Berlino impone l’avvio dei negoziati per la concreta realizzazione del progetto unitario.

La Francia, allarmata dal mutamento di scenario, pone a Kohl tre condizioni. La prima è che sia la Germania ad integrarsi nell’Europa unita, non il contrario; la seconda che rinunci alla sua valuta, il marco; la terza che nell’unione monetaria venga inclusa l’Italia anche se non con i conti in ordine. Quest’ultima richiesta era legata a due motivi: il primo è che l’Italia era uno dei Paesi fondatori dell’Unione Europea e un partner naturale per la Francia; il secondo è che gli stessi francesi e i tedeschi temevano la competitività italiana sul mercato e la sua capacità di svalutare la moneta.

l’Italia con  un debito pubblico del 105% doveva rientrare nel 60% per rispettare i parametri. Guido Carli, allora Ministro del Tesoro del Governo Andreotti, comprendendo che ciò avrebbe comportato pesanti tagli per le imprese, le pensioni e lo stato sociale, propose allora di stabilire un criterio in base al quale era sufficiente dimostrare anno dopo anno che i conti sarebbero stati risanati con la tendenza a rientrare nel fatidico 60%».

Viene, quindi, inserito nel trattato il principio della “tendenzialità”.

 Il 7 febbraio 1992 è firmato il Trattato di Maastricht. Non passa neanche un mese e in Italia deflagra il caso Tangentopoli. Anche sullo scenario europeo le conseguenze sono disastrose, l’Italia si ritrova senza una classe dirigente autorevole. Dalla caduta del muro di Berlino al primo giorno dell’euro la Germania ha avuto due Cancellieri, Kohl e Schroeder; la Francia due Presidenti, Mitterand e Chirac, e l’Italia 17 Presidenti del Consiglio.

La Bundesbank inizia a fare pressioni su Kohl affinché approfitti della situazione per cambiare le regole in corsa e affievolire il principio della tendenzialità».

È questo lo scenario del 1997 anno in cui si innestano gli stravolgimenti al Trattato di Maastricht.  «Con l’approvazione del Regolamento numero 1466, viene permesso alla Commissione Europea di determinare le politiche economiche dei singoli Stati. I singoli Paesi perdono il proprio peso e si inverte la natura giuridica dell’euro: non è più l’economia a plasmare la moneta ma è la moneta a plasmare l’economia: il professor Rinaldi docet!».

Nello stesso anno il Governo Prodi ratifica il Patto di Stabilità: nato a seguito delle pressioni della Bundesbank, il Patto elimina tre passaggi fondamentali del Trattato di Maastricht: il processo di tendenzialità elaborato di Guido Carli; la possibilità di sospendere il rispetto dei parametri in caso di crisi di Governo (e sono state numerose in Italia…) e il permesso all’indebitamento virtuoso.

 Sono questi i fattori che bloccando gli investimenti pubblici hanno fermato il Paese!

Sui Generis Network, impegnato “router civico”, nell’ambito del tavolo di lavoro 2015 “Economia e Legalità” ha creato un focus su l’argomento con un vivace dibattito su gli effetti dei 20 anni che hanno cambiato la storia dell’Italia e dell’Europa. Donatella Visconti, Angelo Polimeno, gli onorevoli Stefano Fassina (PD) e Gianfranco Librandi (Scelta Civica), il Senatore Maurizio Gasparri (PDL-FI) e l’economista professore Antonio Maria Rinaldi, da sempre appassionato alla questione, in un confronto aperto che ha stimolato spunti interessanti per una prospettiva differente su vicende vitali e attuali. In occasione della presentazione del libro di Angelo Polimeno “Non chiamatelo Euro. Germania, Italia e la vera storia di una moneta illegittima”, ispirato dalle tesi del professor Giuseppe Guarino, illustre giurista, Sindaco della Banca d’Italia per 20 anni e Ministro nei governi Fanfani e Amato, che condanna come illegittimi gli stravolgimenti che il Patto di Stabilità ha operato sul Trattato di Maasticht, tale da modificarne e ribaltarne le regole politiche e i parametri economici che aveva fissato.

Nell’analisi di Stefano Fassina, la valutazione politica del cammino italiano nell’Unione Europea si sofferma sull’inevitabile individuazione di alcuni errori: «il mio schieramento politico ha costruito una prospettiva infondata intorno all’euro. Negli anni ’90 abbiamo creduto che attorno alla moneta unica si sarebbero creati meccanismi di compensazione che non ci sono stati. In questi anni il PIL è caduto come dopo la prima guerra mondiale ed è evidente che il farmaco usato per curare la malattia la sta invece aggravando».

Maurizio Gasparri riflette sulle ridotte possibilità di essere competitivi a livello internazionale: «oggi l’Europa vive un tale declino demografico che se non riuscirà ad unire le sue forze non potrà reggere il confronto con al constante crescita di India e Cina».

È un continente per vecchi. Parafrasando il titolo del celebre film di Joel e Ethan Coen, il Vecchio Continente sta diventando davvero anziano. Secondo la ricerca presentata dall’ONU, l’Europa ha l’età media più alta rispetto ad Asia, Africa, America del Nord e America Latina. Il dato non sfugge

Prima che questo male degeneri irreversibilmente urge un intervento rapido ed efficace: «oggi bisogna anzitutto salvare l’Europa dall’euro», ammette l’ex Viceministro dell’Economia e delle Finanze, Stefano Fassina «l’eurozona è infatti destinata al naufragio. Dobbiamo prendere atto del fatto che si è costruito un meccanismo da smontare e rimontare, servono figure che siano a contatto con la realtà poiché è inutile andare avanti con questo europeismo di maniera soprattutto se non c’è consenso generale sulla creazione di una banca commerciale europea che sostenga i Paesi in difficoltà».

Le soluzioni presentate dal Governo Renzi non convincono appieno l’onorevole Gianfranco Librandi, deputato di Scelta Civica: «il Jobs Act è giusto ma servono spinte che dirigano verso una maggiore flessibilità e a un aumento delle assunzioni. Ho presentato un disegno di legge che permetta ai pensionati di scegliere di destinare i rimborsi spettanti in un fondo che favorisca l’occupazione giovanile, stipulando così un patto intergenerazionale».

 Maurizio Gasparri fa un appello alla coesione che viene attualizzato e riproposto anche per risolvere il momento di impasse vissuto dal centrodestra italiano: «la nostra coalizione non può guardare inerme un ballottaggio Renzi-Grillo. Salvini non ce la può fare da solo e io mi batterò perché ci sia una convergenza unitaria. La tribuna dei megalomani è già piena».

Consapevole delle fragilità della attuale fisionomia politica, della profonda crisi degli organismi di rappresentanza tutti, auspico si stia realizzando un processo di   rigenerazione che, pur attraverso lo smantellamento e le lotte fratricide, ci permetta di avere nuove, forti e trasparenti forze che si occupino di noi, dei nostri interessi tutti e del nostro futuro.

Perché ad oggi, a parte qualche idea poco supportata non si vede quella concretezza e quell’energia necessaria a prendere le parti dell’Italia, a fare sistema e una lobby tecnicamente supportata ma indispensabile alla vita della piccola economia che da noi compone la grande economia, delle persone, dei cinquantenni senza lavoro che mantengono i figli senza lavoro e badano ai nonni senza assistenza pubblica almeno da Roma in giù.

La lezione di storia contemporanea di Polimeno stimola delle domande: riuscirà il nostro Paese ad alzarsi in piedi verso un futuro di speranze? Ad oggi se scoprissimo un giacimento di diamanti (sono una donna consentitemi la metafora con  pietra preziosa….) su terreno pubblico, immaginando che vadano fatti forti investimenti per avere ritorni economici a regime dopo 3/4 anni, rischieremo di commettere un’ infrazione  con una forte multa dall’ Unione Europea per l’Italia, il che costringerebbe il Tesoro ad un indebitamento ancora più oneroso… grazie al Patto di Stabilità che impedisce l’indebitamento anche a fini virtuosi e via discorrendo.

Se uno Stato in quel frangente avesse voluto imporre delle condizioni, non vi sarebbe nulla di illegittimo, in politica i rapporti di forza contano. A patto che non prevalgano su leggi e regole condivise in un processo democratico che hanno ricevuto l’imprimatur di tutti i Paesi membri. Questo è ciò che è accaduto, il Patto di Stabilità, un semplice regolamento, ha violato la disciplina della moneta unica, prevista in un Trattato.

A difesa della legalità istituzionale, politica e giuridica, degli interessi supremi di una nazione e dell’intera Unione Europea, può un regolamento modificare un trattato? No di certo, e allora perché non cambiamo il regolamento? Perché non usare un metodo giuridico concreto ad esempio un ricorso alla Corte Europea?

Donatella Visconti


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