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Per rispettare i vincoli sul CO2 Parigi deve sterminare 1,5 milioni di mucche. Vedremo se i coltivatori saranno felici
Secondo la Corte dei Conti d’Oltralpe, in un rapporto pubblicato lunedì 22 maggio, il governo francese dovrebbe “definire e rendere pubblica una strategia per ridurre” il numero di vacche allevate in Francia al fine di ridurre le emissioni di gas serra. Insomma se Macron vuole ridurre il CO2 deve sterminare un po’ di mucche.
Il rapporto viene pubblicato nello stesso giorno in cui il Primo Ministro Elisabeth Borne presenta un piano d’azione governativo che valuta la riduzione dei gas serra per i principali settori dell’economia e quantifica lo sforzo per l’agricoltura, con priorità alla riduzione dell’impatto degli allevamenti e dei fertilizzanti azotati.
La Francia, il più grande produttore europeo di carne bovina e il secondo produttore di latte dopo la Germania, ha circa 17 milioni di capi di bestiame. L’allevamento di bovini rappresenta l’11,8% delle emissioni del Paese.
“Il bilancio dell’allevamento bovino per il clima è sfavorevole“, scrive la Corte dei Conti in una relazione sul sostegno pubblico agli allevatori.
La Corte sottolinea che il sequestro di carbonio da parte delle praterie dove pascolano gli animali è “ben lungi dal compensare le emissioni” dell’allevamento. Sul bilancio dell’allevamento pesano soprattutto le emissioni di metano: la produzione di questo gas, che ha un effetto molto riscaldante ed è prodotto dalla digestione dei ruminanti e dei loro escrementi, rappresenta il 45% delle emissioni agricole francesi.
“Se la Francia vuole rispettare i suoi impegni di riduzione delle emissioni di metano (…), dovrà necessariamente ridurre in modo significativo il suo patrimonio zootecnico”, afferma l’istituzione, che chiede al Ministero dell’Agricoltura di “definire e rendere pubblica” una strategia in questo settore.
Non più di 500 g a settimana nel piatto
La Corte osserva che il ministero le ha comunicato “le sue ipotesi sull’evoluzione del patrimonio bovino”, che potrebbe scendere a circa 15 milioni di capi nel 2035 e a 13,5 milioni nel 2050. La riduzione degli allevamenti è iniziata da tempo (-10% in sei anni). Ma “questa riduzione rimane incontrollata e non è realmente gestita dallo Stato, a scapito degli agricoltori“, osserva la Corte. Siamo in Francia, non basta il mercato sfavorevole a distruggere un settore, è necessario che intervenga lo stato.
Per l’istituzione, il calo del bestiame non inciderebbe sulla “sovranità” della Francia in termini di carne rossa, a condizione che i consumatori seguano le raccomandazioni delle autorità sanitarie di non consumare più di 500 grammi a settimana (soglia attualmente superata dal 28% degli adulti): infatti normalmente questa carne verrebbe semplicemente acquistata da altri paesi dove questi obiettivi non vengono seguiti in modo stretto, come l’Argentina o il Brasile.
Allo stesso tempo, raccomanda al Ministero di “sostenere meglio gli allevatori più in difficoltà” affinché possano “riorientarsi verso altri sistemi di produzione o cambiare il loro orientamento professionale”. Cioè cambiare mestiere. Magari gli agricoltori potrebbero entrare in politica.
Più in generale, ritiene che gli attuali regimi di aiuto agli allevatori siano “molto costosi” (4,3 miliardi di euro nel 2019). Certo Macron potrebbe tagliare questi aiuti, scatenando altri sommovimenti sociali a quelli già in atto per la riforma delle pensioni. Un modo per buttare un po’ di benzina sul fuoco.
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