Attualità
PARIGI VUOLE LA FCA. ORMAI E’ ANDATA, IL GOVERNO DEVE PREPARARE UNA POLITICA INDUSTRIALE PER IL FUTURO
Ormai la fusione è decisa, e FCA, dopo essersene andata da tempo dall’Italia ed aver fatto base nei Paesi Bassi, presto finirà a Parigi. Il ministro dell’economia Bruno Le Maire, titolare del 15% di Renault che diverrà il 7,5% del futuro gruppo unito, ha già fatto specifica richiesta che la sede del gruppo sia a Parigi, mettendo quindi in grave pericolo tutta una serie di impianti ed uffici che ancora FCA ha in Italia, oltre a dividendi straordinari per gli azionisti del gruppo francese che sono, francamente, inopportuni. A rischio di chiusura sono, oltre ad impianti produttivi in Italia, già in buona parte operativi, ma con cassa integrazione, anche quella che attualmente si chiama l’Officina 83, cura solo il design di area EMEA (Europa) raccogliendo quello che è rimasto dell’ex Centro Stile Fiat, ormai affidato a designer ex Daimler (e si vede…) e che è ormai solo un doppione del Technocenter Renault di Parigi. Del resto se la direzione va in Francia, perchè un centro studi dovrebbe restare in Italia?
In questa situazione l’Italia può fare ben poco: FCA è una società privata, senza neppure sede in Italia, ma solo con degli impianti produttivi che, tra l’altro, costano allo stato molti denari in termini di cassa integrazione: attualmente, solo nell’area torinese, 3200 lavoratori sono in cassa integrazione fra Mirafiori e Grugliasco. Quindi l’Italia, con grande probabilità, nonostante le promesse fatte in passato e che verranno fatte in futuro, perderà il rimasuglio di centro studi e di probabilmente qualche sito produttivo di assemblaggio, il che vuol dire anche dare un colpo secco al settore della componentistica, già in pericolo per l’introduzione dell’elettrico.
Dal punto di vista storico si può pensare a quanti denari, veramente una montagna, abbia speso in modo diretto ed indiretto lo Stato per assistere il gruppo di Torino negli ultimi 70 anni, soldi, letteralmente buttati al vento. Possiamo pensare con quanta superficialità sia stata ceduta Alfa Romeo, marchio di eccellenza ed attualmente l’unico di valore nel gruppo FCA. Nello stesso tempo bisogna anche iniziare a ripensare una politica industriale pubblica che per lo meno tuteli la ricerca e lo sviluppo in settori innovativi e la produzione in-house per segmenti di mercato. Inondare un privato di denaro ha solo portato alla sua, personale, ricchezza. Ora è tempo di ripensare, da zero, senza vincoli, la nostra politica industriale.
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