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ORO SARDO: in piena crisi energetica lo Stato non ha neanche ancora riattivato l’unica miniera di carbone italiana. Eppure da sola basterebbe…

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Presi dal desiderio irrazionale di distaccarsi dalle fonti energetiche russe l’Unione Europea e l’Italia hanno deciso di riprendere in mano una fonte che sembrava completamente cancellata dal panorama energetico europeo per il futuro: il carbone. Presi dalla paura per la chiusura delle forniture di gas dalla Russia abbiamo deciso, in fretta e furia, la riapertura delle cercali a fossile nel paese di cui qui potete vedere la mappa

Non che la loro riapertura possa salvarci dai black out che si prospettano nel caso Putin si arrabbi e non voglia più fornirci, ma sarebbe stupido non tenere un’alternativa aperta al gas, dopo che abbiamo troppo  superficialmente dismesso il nucleare.

Se per il gas una parte della produzione già proviene da fonti italiane, e una parte maggiore ne potrebbe provenire, nel caso in cui il governo decidesse di agire con serietà sulla questione, per il carbone ne fonti nazionali sono molto più contenute. Abbiamo qualche piccolo giacimento, quasi di ricordo storico. Ad esempio a La Thuile in Val D’Aosta si è estratto sino al 1966, allo stesso modo a Chiappera in Piemonte e perfino in Romagna, a Sogliano, si è estratto carbone per oltre 150 anni, chiudendo nel secondo dopoguerra. tutti ricordi di un passato in cui eravamo più poveri, ma più attivi. Attualmente abbiamo una grande unica miniera di carbone, ma non attiva: quella del Sulcis Iglesiente.

Si tratta di una miniera antichissima che conobbe il proprio massimo estrattivo a cavallo delle guerre mondiali, ma che è rimasta attiva, anche con forti investimenti, sino al 2017. SI estrae lignite che, per l’alto tenore di zolfo, non è un combustibile ideale, ma che comunque può essere utilizzato. Sino al 2017 impiegava circa 300 persone, e la sua apertura aveva ragioni più che altro occupazionali, dato che il carbone costava poco. Ora i prezzi sono tornati alti ed economicamente ci sarebbe interesse a riaprilo. Anche perché i progetti alternativi, come la produzione della spirulina europea, per ora non hanno prodotto nulla…

Secondo quanto riportato da La Verità potenzialmente il Sulcis potrebbe fornire 20 milioni di tonnellate all’anno di carbone, molte di più dei 7,9 milioni di tonnellate utilizzate nel 2019. Però ENEL si è rifiutata di acquistarne oltre 200 mila, perché, quando il carbone era abbondante e a buon mercato, costava molto desulfurizzarlo. Ora consideriamo che:

  • comunque ci vogliono 30- 36 mesi per riaprire completamente l’impianto, fra assunzioni, corsi di aggiornamento e investimenti, per cui ci sarebbe il tempo per adattare gli impianti di generazione a una desulfurizzazione più efficace. In Germania usano comunemente la lignite;
  • produrre il carbone in Sardegna è più green che produrlo in Australia, Sud Africa o Colombia e importarlo. Almeno si evita di mandare innumerevoli navi (a olio combustibile) a fare il periplo del globo;
  • si creerebbero diverse centinaia di posti di lavoro per una regione con gravi problemi occupazionali. Ammettiamo di assumere 500 persone con la miniera a pieno regime, anche solo per cinque anni, sarebbero comunque cinque anni di reddito assicurati

Chissà se il governo prenderà in considerazione la scelta, e investirà nell’energia italiana. Io con Cingolani nutro poca fiducia.

 

PS: poi immaginate l’effetto psicologico di poter dire ai politici che “Andranno a lavorare a Sulcis” se falliranno nel proprio lavoro….

 

 


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