Economia
Nuovi materiali critici per gli USA: una mossa geopolitica che cambierà i mercati
Gli Stati Uniti aggiornano la lista dei minerali critici, aggiungendo silicio, rame e potassio. Un’analisi delle nuove dipendenze strategiche e l’impatto sui mercati globali, dalla tecnologia all’agricoltura.

Ogni tre anni, gli Stati Uniti aggiornano la loro lista di minerali critici, un elenco che riflette le tensioni e le dipendenze strategiche del paese. L’aggiornamento per il 2025 non fa eccezione, portando con sé un’ondata di cambiamenti che stanno già scuotendo i mercati globali e minacciando la sicurezza economica americana. Con l’ingresso di rame, silicio e potassio, e la clamorosa uscita di arsenico e tellurio, la lista passa a 54 minerali, una mossa che riflette il nuovo approccio aggressivo di Washington per proteggere la propria economia e sovranità.
Un minerale entra nella lista “critica” non solo per la sua importanza economica, ma soprattutto quando la sua filiera è vulnerabile a interruzioni, squilibri tra domanda e offerta, e, in modo cruciale, a rivalità geopolitiche. L’USGS (Istituto di Geologia degli Stati Uniti) ha testato oltre 1.200 scenari macroeconomici, classificando 84 minerali in base al rischio di impatto sul PIL americano. “Le industrie basate sui minerali hanno contribuito per oltre 4.000 miliardi di dollari all’economia americana nel 2024,” ha dichiarato Sarah Ryke, direttrice ad interim dell’USGS, sottolineando come questa metodologia permetta di “identificare le industrie che potrebbero subire gli effetti più gravi delle interruzioni di approvvigionamento.”
Il maggior rischio, in termini di perdita stimata del PIL, è legato alle terre rare pesanti (samario, lutezio, terbio, disprosio) e a materiali come gallio, germanio, gadolinio, tungsteno, niobio, magnesio e ittrio. A questa già precaria situazione si aggiungono i tre nuovi arrivati: silicio, rame e potassio.
Il Silicio: il tallone d’Achille del sogno hi-tech americano
L’ingresso del silicio nella lista è un colpo a effetto. Nonostante gli Stati Uniti abbiano giacimenti, gran parte del silicio prodotto non è adatto per le applicazioni strategiche e viene spesso ri-esportato. Questo crea una dipendenza drammatica dalle importazioni, in particolare da Russia e Brasile.
La situazione si fa ancora più esplosiva quando si considera il polisilicio, la forma ad alta purezza essenziale per i semiconduttori e i pannelli solari. La Cina detiene il 75% della capacità produttiva mondiale, offrendo prezzi che sono 3-5 volte inferiori a quelli europei. Delle 10 maggiori aziende produttrici, 9 sono cinesi. Con i prezzi del polisilicio cinese a circa 4,30 euro al chilo contro i 16,60-23 euro del resto del mondo, il divario è insostenibile. La mossa di Trump, con l’apertura di un’indagine di sicurezza nazionale, preannuncia l’imposizione di dazi doganali, uno scenario che potrebbe far esplodere i prezzi e minacciare l’intero settore tecnologico, ma rilancerebbe la produzione nazionale e potenzialmente anche europea, riducendone il prezzo.
Il Rame: la guerra per l’oro rosso
Il rame è il nervo scoperto dell’economia moderna, indispensabile per tutto, dai veicoli elettrici all’armamento. Eppure, gli Stati Uniti importano il 40% del rame raffinato e oltre il 90% del rame catodico. Sebbene il Cile sia il principale estrattore, è la Cina a controllare il 40% della capacità di raffinazione mondiale.
Questa dipendenza ha spinto Donald Trump a firmare l’Executive Order 14220, lanciando un’indagine che ha portato all’imposizione di un dazio del 50% sul rame importato. Questa mossa, sebbene mirata a difendere l’industria nazionale, rischia di innescare una guerra commerciale senza precedenti per il controllo dell'”oro rosso”.
Il Potassio: una minaccia alla sicurezza alimentare
Per il potassio, cruciale per la produzione di fertilizzanti, la dipendenza è quasi totale: gli USA importano il 90% del loro fabbisogno, principalmente dal Canada.
I dazi imposti da Trump hanno già aumentato i costi per gli agricoltori americani. Un’eventuale interruzione delle forniture, come uno sciopero dei ferrovieri canadesi, potrebbe paralizzare l’agricoltura e mettere a rischio la sicurezza alimentare del paese. Diventa quindi necessario per gli USA, ma dovrebbe esserlo anche per l’Europa, se avesse un senso, assicurarsi le forniture minime internamente.
L’uscita di scena: le storie di Arsenico e Tellurio
L’esclusione del tellurio dalla lista è la dimostrazione che la strategia può funzionare. In soli tre anni, grazie a investimenti nel riciclo e nello sfruttamento di giacimenti di rame (come quelli in Utah), gli Stati Uniti sono passati da importatori a esportatori netti.
L’uscita dell’arsenico, invece, è dovuta al fatto che la Cina ha perso il suo primato produttivo a favore del Perù, diversificando le fonti di approvvigionamento per Washington. Questi due casi, seppur minori, mostrano l’importanza di investire nella produzione e diversificazione.
Quindi la crisi legata alle terre rare e strategiche può essere superata, basta volerlo seriamente e impegnarsi, un qualcosa che Trump ha capito, ma l’Europa no.

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