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Norvegia, Regno Unito e Libia (Gazprom) rilanciano ricerca e produzione di petrolio. Alla faccia dei verdi

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Regno Unito, Norvegia e Libia (grazie a Gazprom) aumenteranno richerca e produzione di petrolio nelle proprie aree di competenza. Tutto questo nonostante il report IEA che affermava fosse necessario cessare le ricerche di depositi di idrocarburi se si voleva raggiungere i famosi “Obiettivi climatici” della UE entro il 2050. Mentre a Bruxelles si vive di sogni, pagati a caro prezzo dai cittadini, nel mondo reale la ita prosegue.

La Norvegia alcuni giorni fa aveva annunciato la ripresa delle ricerche per nuovi giacimenti nel Mare del Nord, nella propria area di competenza, proprio appena dopo che lo IEA aveva chiesto lo stop mondiale della ricerca petrolifera. Attualmente MOL (filiale norvegese della società petrolifera ungherese) ed Equinor stanno aprendo pozzi di esplorazione verso depositi che si annunciano particolarmente promettenti. Questi diritti di trivellazione arricchiranno il fondo d’investimento statale che poi finanzierà le laute pensioni norvegesi.

Il Regno Unito intensifica i processi di ricerca ed estrazione idrocarburi. La BP ha stretto un accordo con Baker Hughes e la norvegese Oldfjell Drilling per migliorare la produzione nel giacimento di petrolio pesante di Clair Ridge a seguito delle recenti sfide alla produzione.

BP utilizzerà le ultime tecnologie e competenze derivanti da questa nuova partnership per potenziare la perforazione in Clair Ridge da 7 miliardi di barili, il più grande giacimento petrolifero del Regno Unito. Gli obiettivi iniziali includono l’aumento della produzione del 15% all’anno.

Il giacimento petrolifero di Clair Ridge, che consiste in due piattaforme collegate a ponte, è stato sviluppato nel 2018 ad un costo di 10 miliardi di dollari, con una produzione prevista di 120.000 barili al giorno di petrolio. Clair aveva una durata di conservazione prevista di circa 40 anni, ma l’anno scorso ha incontrato sfide di produzione, raggiungendo solo un terzo dei livelli di produzione previsti nel 2020. Ora le nuove innovazioni tecniche lo dovrebbero mandare a peeina produzione.

Nel frattempo Gazprom investe in Libia e, dopo 10 mesi di stop, riprende la produzione di petrolio, riavviando pozzi, oleodotti e stazioni di  imbarco. quella che un tempo era una sorta di riserva ENI ora sta passando di mano. Sarkozy aveva tentato di fregarcela, per vederla solo passare in mano ai russi. Intanto ENI deve lottare con i medesimi, assurdi limiti di carbonio.

Fuori dall’Unione Europea  il mondo va avanti, produce energia, la  sfurtta e si prepara a superare l’utilizzo del petrolio in modo graduale. Invece noi siamo preda di una illogica repressione energetica, che verrà duramente pagata dai cittadini, arricchirà ricche lobby e porterà alla rottura della UE. Quando i paesi dell’Est dovranno mandare alle stelle i propri costi energetici, a fronte di redditi bassi, pensate che non manderanno governi populisti disposti anche a uscire dalla UE pur di scappare da questa gabbia di matti? Vedremo anche rotture fra i paesi nordici: la Norvegia amplia la produzione di petrolio, ma la Danimarca, membro UE, deve rinunciare a nuove trivellazioni. Quando i danesi vedranno i norvegesi molto più benestanti, cosa faranno, secondo voi ?

 

 


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