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Non c’è l’obbligo di dire la verità in autocertificazione. Dopo Reggio, Milano conferma l’irregolarità delle autocertficazioni

chi fa una autocertificazione falsa non può essere condannato penalmente.

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Dire la verità nella autocertificazioni è un optional. A Milano il giudice per l’udienza preliminare,  Alessandra Del Corvo,  ha assolto un ragazzo di 24 anni accusato di aver mentito  compilando l’autocertificazione con le motivazioni del proprio spostamento  nel marzo del 2020, durante la prima ondata. Il ragazzo aveva ingenuamente affermato di tornare dal lavoro , ma era in realtà in un giorno di riposo.  “Un simile obbligo di riferire la verità – ha dichiarato il gup – non è previsto da alcuna norma di legge”.

Le FFOO hanno accusato il giovane di falso, e quindi hanno imbastito una denuncia penale. Il tutto ha portato il ragazzo a processo con rito abbreviato ma nel procedimento è stato dichiarato innocente in quanto l’obbligo di riferire la verità sarebbe “in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo”, come previsto dalla Costituzione,e come chiesto perfino dalla procura. Nella sentenza, si legge che “è evidente come non sussista alcun obbligo giuridico, per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate, di ‘dire la verità’ sui fatti oggetto dell’autodichiarazione sottoscritta, proprio perché non è rinvenibile nel sistema una norma giuridica” sotto questo aspetto.

A Reggio Emilia il GIP aveva prosciolto e perfino disapplicato i DPCM,  con motivazioni diverse e perfino più gravi, legate alla libertà di movimento. A questo punto , se perfino la procura chiede il proscioglimento, non ha più molto senso fare le verifiche delle autocertificazioni stesse.

Tutto il “Costrutto penale” e sanzionatorio su cui si basavano i DPCM è stato demolito: d un lato non si può giustificare il sequestro penale dei locali  che violano le norme,  dall’altro l’autocertificazione è un optional. Alla fine, per fortuna, la Costituzione vince sulle norme ingiustificatamente liberticide.

 


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