Su Der Spiegel Wolfgang Münchau prevede il default della Grecia, che necessariamente accadrà tra non molto. Sarebbe molto meglio se i tedeschi si preparassero a questo scenario e la Grecia si riprendesse la sua autonomia.
di Wolfgang Münchau, 6 aprile 2015
Traduzione di Mauro Colombo
La Grecia sta per fallire e avrà presto bisogno di una nuova valuta. La politica dovrebbe prendere già adesso le sue contromisure.
Per il momento i politici greci sembrano avere i nervi saldi. Prima della bancarotta c’è il fine settimana della Pasqua ortodossa, che quest’anno arriva una settimana dopo la nostra. Sembra proprio che [i Greci] prima racimoleranno i 460 milioni di euro di cui hanno bisogno per restituire un credito al FMI. Non sappiamo se poi [il denaro] basterà anche per gli stipendi e le pensioni dovuti ad aprile. Per adesso si festeggia la Pasqua.
Prima o poi, nei prossimi due o tre mesi, non sarà più possibile trovare denaro. Si può ancora saccheggiare qualche cassa, impegnare le eccedenze della previdenza sociale o magari spillare all’ultimo momento la liquidità delle banche. I governi hanno riserve di denaro alle quali hanno accesso a breve termine, ma con queste non possono finanziare le spese nel lungo periodo. Quello che non può durare, prima o poi finisce.
Questo momento forse non arriverà in aprile, ma a maggio, a giugno o al più tardi a luglio. Allora o i Greci o i loro creditori dovranno cedere. O magari addirittura entrambi contemporaneamente. [Se] nessuno cede, allora ci sarà immancabilmente la minaccia del Grexit, un’uscita della Grecia dall’euro.
Sarebbe bene se ci preparassimo tutti a questo scenario, dal punto di vista politico ed economico. Qui non si parla principalmente dei rischi delle banche, bensì delle conseguenze economiche e geopolitiche e anche dell’emergenza umanitaria che si potrebbe aggravare a causa di un’uscita [dall’euro].
Il taglio dei debiti diventa più costoso
Ho sempre suggerito di far in modo di non arrivare a questa situazione in cui siamo oggi. In Germania ogni responsabile sa da tempo che i Greci non pagheranno mai i loro debiti. Quanto più velocemente noi [tedeschi] accettiamo pubblicamente questa verità, tanto prima possiamo fare il prossimo taglio [del debito]. Avremmo potuto vedere questa verità già nel 2010, o al più tardi nel 2012.
In Irlanda c’è una vecchia barzelletta: qualcuno chiede delle indicazioni stradali e riceve come risposta: ”io non partirei da qui”. Io farei la stessa cosa. Cinque anni fa la via del salvataggio della Grecia sarebbe stata semplice. Oggi non più.
Allora quale sarebbe adesso la strategia giusta? La risposta è esattamente la stessa di prima: un grande taglio dei debiti. Esso costa un qualche centinaio di miliardi di euro in più, il prezzo della politica di rinvii della Merkel, ma è sempre la strategia migliore. I soldi sono persi comunque. Ma noi possiamo per lo meno evitare il peggio, perché non possiamo prendere alla leggera un’uscita disordinata della Grecia dall’euro.
Limbo tra euro e dracma
La cosa migliore sarebbe creare uno status intermedio per la Grecia, una specie di limbo tra dentro e fuori. Formalmente la Grecia sarebbe ancora un membro dell’eurozona, ma il paese emetterebbe una propria valuta parallela. Niente nuove dracme, ma piuttosto un euro greco, con l’unità di un euro, in circolazione solo in Grecia. Il paese avrebbe i controlli sui capitali, ma sarebbe liberato dal peso dei debiti e dagli ordini dei creditori. Deciderebbe liberamente sulla propria politica economica e noi [tedeschi] aiuteremmo la Grecia in questa fase di transizione.
In altre parole: noi accettiamo l’haircut unilaterale. Su questo non si discute. La Banca Centrale Europea, da sola il maggiore detentore del debito greco, non può spontaneamente rinunciare al suo denaro per motivi giuridici. Il Governo federale non può per motivi politici. Ma se la Grecia dichiara unilateralmente un taglio del debito, allora non ci si può fare niente.
Invece di combattersi nell’impeto del momento, la cosa migliore sarebbe di continuare a lavorare insieme. Non si sarebbe più obbligati a mettere a disposizione altro denaro, ma soltanto accettare che il vecchio denaro è perduto.
Che ne sarebbe della Grecia? Dalla posizione intermedia di appartenenza a metà, il paese avrebbe la scelta se tornare nell’eurozona, dentro la quale lascerebbe i capitali nuovamente liberi di attraversare i confini, o ordinatamente uscire dall’eurozona, in cui si cambia l’euro greco in dracme e si apre al mercato dei cambi. La banca centrale greca sarebbe quindi una vera Banca Centrale, non più la filiale greca della BCE.
I politici a Berlino, Bruxelles o Parigi dovrebbero ragionare adesso su questo passo intermedio. Altrimenti lo dovranno fare in tutta fretta in un lungo weekend di maggio o giugno, e allora sarà più difficile farcela.