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Moody’s gela l’Europa: prospettive negative per il 2026. Il paradosso dell’Italia in controtendenza

Moody’s avverte: tempesta in arrivo sul debito di UE e Regno Unito nel 2026. Ma a sorpresa l’Italia, appena promossa, potrebbe essere l’eccezione positiva in un quadro di instabilità.

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Uffici di Moody's

Mentre a Bruxelles si discute di virgole e percentuali, arriva la doccia fredda da chi i conti li guarda davvero. Moody’s, una delle “Tre Sorelle” del rating, ha deciso di rovinare la festa ai primi della classe, tracciando un quadro a tinte fosche per i titoli sovrani dell’Unione Europea e del Regno Unito in vista del 2026.

Non si tratta di un semplice avvertimento, ma di un cambio di paradigma che potrebbe far tremare più di una cancelleria. La società di rating ha infatti evidenziato prospettive negative per i fondamentali del credito, citando un mix letale di fattori che, per una volta, non vedono l’Italia sul banco degli imputati.

I tre cavalieri dell’apocalisse finanziaria (secondo Moody’s)

Cosa spaventa gli analisti d’oltreoceano? Non è il debito in sé, ma il contesto in cui questo debito deve essere ripagato. Le cause del pessimismo sono riassumibili in tre punti critici:

  • Rischi Geoeconomici e Geopolitici: Il mondo non è più un posto sicuro per il libero scambio. Tra tensioni sui dazi e conflitti ai confini dell’Europa, la stabilità è un ricordo.

  • Frammentazione Parlamentare: Governi deboli, maggioranze risicate e parlamenti litigiosi rendono difficile prendere decisioni. Sembra la descrizione dell’Italia degli anni ’80, e invece è la fotografia dell’Europa unionista e del Regno Unito di oggi.

  • Pressioni Economiche e di Bilancio: La coperta è corta. Le spese per difesa e welfare aumentano, ma la crescita latita.

La ricetta per la salvezza

Interessante notare come Moody’s, spesso vista come il cane da guardia dell’austerità, questa volta suggerisca una via d’uscita che farebbe felice qualsiasi economista realista. Gli analisti precisano che l’outlook potrebbe tornare stabile solo a certe condizioni:

  1. Una sostanziale diminuzione dell’incertezza tariffaria e geopolitica.

  2. Una ripresa economica significativa.

  3. Riforme mirate alla competitività e alla crescita tendenziale.

In pratica, Moody’s ci sta dicendo che non si esce dalla crisi solo tassando e tagliando, ma crescendo. Era ora che qualcuno lo mettesse nero su bianco. Le riforme fiscali servono, sì, ma per “bilanciare le pressioni sulla spesa”, non per soffocare l’economia.

Il paradosso italiano: da “cicala” a porto sicuro?

Ed eccoci al punto dolente (per gli altri) e ironico (per noi). Tutto questo scenario cupo per l’Europa “core” e per la Gran Bretagna arriva proprio mentre l’Italia ha incassato un upgrade, il primo dopo ben 23 anni di purgatorio.

Sembra quasi uno scherzo del destino: mentre i “frugali” e i rigorosi annaspano tra recessione tecnica e crisi politiche, l’Italia, con tutte le sue contraddizioni, mostra una resilienza inaspettata. Non è che la prospettiva stia cambiando radicalmente? Forse i mercati stanno iniziando a capire che la stabilità politica (relativa) e un tessuto manifatturiero ancora vitale valgono più di certi parametri astratti che stanno portando l’Europa alla stagnazione.

Se persino Moody’s inizia a vedere i rischi nella “perfetta” Europa del Nord e nel Regno Unito post-Brexit, forse è il caso di rivedere, e in fretta, le narrazioni che ci hanno propinato per anni.

Domande e risposte

Perché Moody’s si concentra proprio sul 2026? Il 2026 è visto come un anno spartiacque perché è l’orizzonte temporale in cui molti nodi geopolitici e fiscali verranno al pettine. È l’anno in cui gli effetti a medio termine delle attuali tensioni commerciali e dell’aumento della spesa per la difesa diventeranno strutturali, mettendo sotto stress i bilanci di paesi che finora hanno goduto di tassi di interesse molto bassi e stabilità politica apparente.

Che significato ha l’upgrade dell’Italia in questo contesto negativo per gli altri? L’upgrade dell’Italia, il primo in 23 anni, segnala una potenziale inversione di tendenza o quantomeno un’anomalia positiva. Mentre i “grandi” soffrono per l’instabilità politica e la bassa crescita, l’Italia viene premiata per una relativa stabilità e per la tenuta del suo sistema economico. Dimostra che i mercati guardano sempre più alla capacità reale di generare crescita e meno ai pregiudizi del passato.

Quali sono le “riforme fiscali” auspicate da Moody’s? A differenza delle ricette di austerità cieca del passato, Moody’s sembra puntare su riforme che favoriscano la competitività. Non si parla solo di tagliare, ma di rendere la spesa pubblica più efficiente per sostenere una crescita “tendenziale”. L’obiettivo è stabilizzare il debito non attraverso la depressione economica, ma bilanciando le necessarie spese (come quelle militari o sociali) con entrate derivanti da un’economia più robusta.

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