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Michael Burry, “The big short”, si è sbagliato, e questa è una notizia.

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Micheal Burry. in famoso investito che è stato protagonista del film ” al grande scommessa” o “the big Short”, che sempre vi consigliamo di vedere, ha cambiato ancora la propria posizione ed ha pure ammesso di aver avuto torto consigliando di venedre tutto. Il che è piuttosto notevole

Burry ha cambiato notevolmente il suo portafoglio, , da come risulta dalle comunicazioni ufficiali di aprile 2023, liberandosi delle sue partecipazioni precedenti, compresa quella nell’operatore carcerario GEO, per investire in questi tre asset:

  • In aggiunta alla sua esposizione cinese precedente, ha fatto di JD.com e Alibaba i suoi titoli principali, che però si è convertita in una perdita.
  • ha investito in una manciata di nuove posizioni in nomi dell’energia come Coterra, NOV e Devon
  • ha investito nel settore creditizio e,  con l’eccezione di Wells,ha investito per lo più in piccole banche regionali, in difficoltà e/o società di carte di credito, come CapitalOne, Western Alliance, Pacwest , First Republic e Huntington Bancshares, che avevano tutti subito pesanti colpi durante la crisi bancaria di marzo.

Quindi Burry ha investito su assets fortemente svalutati, confermando il fatto che, per fare i soldi, bisogna comprare ai minimi, trasferendo il problema nella comprensione di quando effettivamente si sia ai minimi.

Però anche questo posizionamento si è rivelato temrporaneo:  Burry ha liquidato la maggior parte delle sue partecipazioni nel primo trimestre, vendendo non solo JD.com e Alibaba, ma anche altri 13 nomi dei 21 che costituivano le partecipazioni di Burry nel primo trimestre, tra cui che erano Zoom, Sibanye, Coherent, nomi energetici come Coterra, NOV e Devon, nonché tutte le banche che aveva acquisito durante la crisi di marzo, tra cui Capital One, Wells Fargo, Western Alliance, Pacwest e First Republic.

Ma cosa ha comprato?. Cominciamo con le maggiori disponibilità di Burry che al 30 giugno erano Expedia (10,9 milioni di dollari), Charter Communications (9,2 milioni di dollari) e Generac (8,2 milioni di dollari, che tuttavia vale sicuramente molto meno dopo i catastrofici utili del secondo trimestre della società che hanno spazzato via quasi un terzo del suo valore). Altri nomi aggiunti da Burry sono stati Cigna, CVS, MGM, Stellantis, Vital, che rappresentavano tutti nuove posizioni di milioni a una cifra medio-alta (l’elenco completo è di seguito).

Ma ciò che è stato lo sviluppo più interessante non sono stati i singoli nomi che Burry ha acquistato o venduto, ma i suoi ETF e le operazioni in derivati.

Partendo dall’alto, a giugno, Burry possedeva due blocchi da 2 milioni di equivalenti nozionali di SPY put (per un valore nozionale equivalente di 887 milioni di dollari) e QQQ put (un equivalente nozionale di 739 milioni di dollari). In totale, le operazioni di Burry possedute sia sull’S&P che sul Nasdaq 100 per un equivalente nozionale di 1,625 miliardi di dollari (che ovviamente non è il capitale a rischio, e il premio effettivo pagato da Burry per tali operazioni è inferiore di ordini di grandezza), e che sono entrambi profondamente sommersi in questo momento poiché sia lo S&P che il Nasdaq sono scambiati molto al di sopra del livello del 30 giugno.

In altre parole, nel secondo trimestre, Burry aveva fatto un’altra scommessa “big short” gigantesca su un mercato molto ampio, che però poi ha chiuso prima del terzo trimestre e con perdite ampie. Questa volta il genio di Big Short ha toppato: anche lui sbaglia.  Oppure il mercato ormai è talmente falsato che non rispetta neppure le previsioni razionali.


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