Attualità
A MARGINE DEL G20
L’avvenire economico va quotidianamente formandosi per merito di persone del tutto anonime. E’ per merito di questa gente, quella che fa andare avanti gli affari in piccole, medie e grandi imprese, persone che non tralasciano mai le proprie responsabilità continuando a costruire un futuro, è per merito loro dicevamo, che continuiamo a sperare, anche quando tutto intorno sembra crollare. Esse devono lottare contro gli ostacoli insormontabili posti dai governi. Forse non è ancora chiaro che, a differenza di tutte queste persone anonime, i governi non possono creare ricchezza. Non possono perché sono esattori il cui compito non è crearla ma sottrarla, consumarla, ridistribuirla e, alla fine, annientarla. Creare ricchezza significa aumentare ciò che un tempo si chiamava il “prodotto netto” che non ha nulla a che fare con il PIL. Si pensi all’agricoltore che investe la semente per far crescere il grano. Al tempo del raccolto, la differenza fra il grano ottenuto e la semente, è ricchezza netta. Il “prodotto netto” è il problema essenziale della teoria economica, il primum mobile dello sviluppo. Come l’agricoltore ottiene il surplus che ricostituisce la semente e lascia un’eccedenza per rinnovare il processo produttivo, la conduzione di attività economiche durature richiede capitale (la semente) in grado di creare surplus. In termini attuali: il prodotto netto totale è la somma della produzione sociale che eccede la ricostituzione dei mezzi di produzione impiegati (capitale e lavoro). Questi concetti furono compresi più due secoli e mezzo fa dalla scuola economica fisiocratica (physis, natura; kratein, governare). Il surplus naturalmente deve circolare:«E’ questo andirivieni del surplus che costituisce la circolazione del denaro, quella circolazione che dà vita a tutti i lavori della società e che viene giustamente paragonata alla circolazione sanguigna» (Réflexions sur la formation et la distribution des richesses,1776, A. R. J. Turgot). I fisiocrati sollevarono risolutamente il «velo monetario» scoprendo la circolazione che conta: essi dimostrarono che in ogni periodo economico viene immesso nell’economia una massa di beni che sono captati dai singoli gruppi di soggetti economici e sono poi passati ad altri per il loro definitivo consumo. Marx, riconoscendo il contributo analitico dei fisiocrati li collocò tra i più grandi economisti, ma analizzando la ripartizione del surplus, fece l’enorme errore di identificare il capitalista con l’imprenditore. Nel suo universo sociologico non c’è spazio per le persone anonime che, prendendo a prestito capitale e destinandolo ad usi produttivi, possono innovare e diventare i Ford o gli Steve Job che aumentano il prodotto netto. Per Marx i capitalisti sono dei vampiri che nel processo di distribuzione succhiano quella parte di prodotto netto che chiama plusvalore. Ma se in Das Kapital alla parola capitalisti sostituiamo «governi» o «banchieri» a seconda del contesto, l’opera di Marx potrebbe diventare plausibile.
Siamo arrivati a quest’ordine di considerazioni dopo aver letto le conclusioni dell’ultimo Summit G20 tenutosi in Australia (15/17 novembre). I summit sono picnic annuali in cui i mediocri grandi della terra si riuniscono e fanno una foto di gruppo dopo aver concordato le linee guida del business plan per l’economia globale. Di questo documento articolato in 21 punti, commentiamo i passi (in corsivo) più rilevanti.
1. Aumentare lo sviluppo globale per migliorare gli standard di vita e la qualità dei posti di lavoro nel mondo è la nostra massima priorità. Da che mondo è mondo, sviluppo, standard di vita e qualità dei posti di lavoro, in breve, il progresso, è opera dell’attività dei milioni di produttori anonimi. La natura arrogante dei governi, che credono di rappresentare la volontà generale, poggia sulla convinzione di esistere per «correggere» con politiche macroeconomiche, gli errori di chi produce, senza dover rispondere dei propri. Il«settore pubblico», a differenza di quello privato, non ha un conto profitti e perdite per misurare il successo o fallimento delle proprie azioni e quindi è per natura, irresponsabile.
2. Siamo determinati a superare queste sfide e intensificare i nostri sforzi per raggiungere una crescita forte, sostenibile ed equilibrata, e di creare posti di lavoro… Dal 2008 le cose sono peggiorate, perché dovrebbero migliorare proprio ora? Garantiamo che le nostre politiche macroeconomiche sono appropriate a sostenere la crescita, rafforzare la domanda e promuovere riequilibrio globale. Le nostre autorità monetarie si sono impegnate a sostenere la ripresa e affrontare le pressioni deflazionistiche quando necessario, in linea con il loro mandato. Le politiche macroeconomiche hanno ridotto produzione e consumi e le autorità monetarie, creato bolle dando l’illusione dell’incremento di ricchezza. Continuando con le stesse politiche credono di ottenere risultati diversi?
3. Quest’anno stabiliamo l’obiettivo ambizioso di elevare il PIL dei G20 almeno del 2% entro il 2018. Il PIL non ha nulla a che fare con il prodotto netto. Il Pil è un aggregato monetario che non misura affatto le quantità dei beni prodotti, ma un mix di spesa produttiva e improduttiva e più aumenta la seconda, più diminuisce la prima. Un aumento del PIL può significare anche riduzione della ricchezza reale perché i governi attraverso la spesa, che aumenta il PIL nominale, si mangiano la «semente» necessaria a creare il prodotto futuro. E’ prevedibile che il previsto 2% di incremento sia pura inflazione perché e più facile creare moneta che beni e servizi. Nel dubbio su cosa fare, i governi inflazionano sempre. A che cosa è servito studiare ad Harvard al MIT o alla London School of Economics se questa soluzione ormai la conosce pure la colf?
5. Affrontare i deficit infrastrutturali a livello mondiale con investimenti fondamentali per la crescita la creazione di occupazione e la produttività…Le infrastrutture sono importanti ma non creano surplus, ne sono la conseguenza. Hitler, Mussolini, Stalin e Mao non hanno fatto altro che creare grandi infrastrutture salvo che sviluppo genuino e duraturo. La politica dei «grandi lavori» è l’espediente economico dei governi totalitari. Siamo già in un’economia di guerra, senza morti ma con milioni di vittime.
13. E’ il punto fondamentale, sotto il titolo Building a stronger, more resilient global economy (Costruire una economia globale più forte ed elastica!). Stiamo intraprendendo azioni per assicurare un sistema fiscale più equo e garantire ai paesi la base reddituale. Finalmente, fra tanta fuffa, l’obiettivo veramente realizzabile, l’unico che i governi raggiungono sempre: Tassare. Insomma, stanno affilando gli artigli per ghermire più prodotto netto e si profila una Cipro su larga scala. Ma il 2018 non sarà un picnic: i governi si troveranno a gestire una depressione inimmaginabile.
Torniamo ai fisiocrati. A partire da loro e per oltre un secolo, il riconoscimento che il problema centrale dell’economia era quello dello sviluppo attraverso l’accumulazione e la circolazione del surplus pose fine al mercantilismo (l’equivalente dello statalismo odierno). La dottrina fisiocratica poggiava sul concetto che la miseria era provocata dalla deviazione violenta e arbitraria del flusso dell’economia fuori del suo corso naturale ad opera del sistema tributario del tempo e, ponendosi il problema della sua equità, proposero la più radicale delle riforme. Per garantire il livello del prodotto netto e della produttività che la forte tassazione abbassava, si batterono per un’imposta unica (impôt unique). Di lì a poco sarebbe iniziato uno fra i periodi più prosperi della storia umana.
In Europa e purtroppo oggi anche nel Nord America, l’elettorato, dopo decenni di interventismo, si è abituato all’idea che le politiche dei governi, nonostante le evidenti e continue prove del contrario, rappresentano, in ultima analisi, gli strumenti di provvidenza universale. Senza demolire questo dogma e cambiare la psicologia collettiva che legittima il loro potere, i governi finiranno per saccheggiare le risorse con una tassazione degna delle antiche satrapie orientali. Il surplus, come scriveva Turgot, il grande ministro delle finanze francesi, deve tornare a circolare nelle arterie dell’economia e per farlo bisogna rimuovere le ostruzioni create dai governi che non hanno né capacità, né competenza per dirigere l’economia. Turgot scriveva nell’Età della Ragione che preparò la rivoluzione contro i governi dispotici. Ci sarà nella nostra epoca un ritorno alla Ragione senza passare per l’Apocalisse?
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