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L’Orrore nascosto nel Lago Taal: scheletri, scommesse e tradimenti svelano un tremendo segreto nelle Filippine
Nelle Filippine, un’indagine per omicidio svela il lato oscuro del gioco d’azzardo online: un lago trasformato in cimitero e una rete di corruzione che scuote il paese, mettendo in ginocchio anche l’economia locale.

Le leggende narrano che il vulcano al centro del Lago Taal, nelle Filippine, sia nato da un atto di superbia e tradimento. Un mito che parla di una coppia punita per aver deriso una divinità, trasformando un fiume in un lago e un uomo in un vulcano fumante. Oggi, quel folklore antico risuona come una sinistra e tragica metafora, mentre le acque scure del lago restituiscono una storia moderna di avidità, violenza e inganno.
Quello che per secoli è stato un panorama da cartolina, ammirato per la sua serena bellezza, si è trasformato nel teatro di una delle più inquietanti indagini per omicidio della storia recente del paese. A partire da luglio, sommozzatori hanno iniziato a recuperare centinaia di frammenti di scheletri dalle profondità del lago, svelando un mistero che lega il mondo dorato delle scommesse online a una scia di sparizioni e presunte esecuzioni. Gli investigatori ritengono che le ossa – costole, teschi e altri resti – appartengano ad almeno 35 sabungeros, appassionati di combattimenti tra galli, svaniti nel nulla in un arco di oltre tre anni.
La rete del gioco d’azzardo e della morte
Il sabong, o combattimento tra galli, è una tradizione profondamente radicata e un’industria multimiliardaria nelle Filippine. Durante la pandemia, la sua versione online, nota come “e-sabong“, ha visto un’esplosione di popolarità, generando profitti enormi e, con essi, un sottobosco criminale spietato. Al centro di questa vicenda si trova il magnate del gioco d’azzardo Charlie “Atong” Ang. Secondo la testimonianza scioccante resa davanti a una commissione del Senato da un suo ex assistente, Julie Patidongan, i sabungeros scomparsi sarebbero stati presi di mira dopo aver tentato di truffare Ang. L’accusa è che avessero creato un portale falso per deviare le scommesse online dal sito ufficiale del magnate.
La vendetta, secondo Patidongan, sarebbe stata brutale. Gli uomini sarebbero stati strangolati con cavi metallici, i loro corpi chiusi in sacchi e gettati nelle profondità del lago. Patidongan ha inoltre fatto luce su un presunto sistema di corruzione sistemica, affermando che ingenti tangenti venivano pagate mensilmente ad alti ufficiali della polizia per garantire silenzio e protezione: una somma di 2 milioni di pesos (circa 35.000 dollari) per il funzionario più alto in grado e un altro mezzo milione da dividere tra i suoi subordinati.
Le accuse hanno scatenato un terremoto istituzionale. Il Dipartimento di Giustizia filippino ha emesso mandati di comparizione per 62 persone, tra cui Ang, la sua partner, l’attrice Gretchen Barretto, e l’ex alto ufficiale di polizia Jonnel Estomo. Ang, attraverso il suo avvocato, ha negato ogni addebito. Nel frattempo, il sospetto si è insinuato profondamente tra le forze dell’ordine. Tredici ufficiali, tra cui l’ex capo dell’unità investigativa criminale nazionale, Romeo Macapas, sono stati sospesi per presunta cattiva condotta e insabbiamento. Macapas è accusato di aver confiscato illegalmente i telefoni cellulari dei fratelli Patidongan, testimoni chiave, nel tentativo di nascondere o distruggere le prove.
Le acque oscure e le cicatrici di una comunità
Il Segretario alla Giustizia, Jesus Crispin Remulla, ha spiegato che le acque “molto scure e torbide” del Lago Taal, dove la luce del sole non penetra mai in profondità, hanno involontariamente contribuito a preservare i resti. Rafael R. Calinisan, vicepresidente della Commissione Nazionale di Polizia, ha confermato il recupero di “da 300 a 400 frammenti ossei“, definendo il lago una vera e propria fossa comune.
L’indagine ha assunto una dimensione internazionale, con esperti forensi giapponesi che collaborano all’analisi del DNA e antropologi dell’Università delle Filippine che lavorano per ricostruire i resti e dare un nome alle vittime. Ma le conseguenze di questo orrore si sono estese ben oltre le aule di tribunale, colpendo il cuore della comunità che vive sulle rive del lago.
I pescatori e i venditori locali denunciano un crollo della domanda per il pescato del lago, in particolare per la famosa tilapia. La paura che i pesci si siano nutriti di resti umani ha paralizzato il mercato. “I venditori di pesce mi supplicavano di comprare, perché nessuno lo faceva più”, ha raccontato Calinisan, originario della provincia di Batangas. Un timore che, sebbene non supportato da prove scientifiche, riflette il trauma psicologico inflitto alla regione.
Sotto la superficie placida di uno dei luoghi più iconici delle Filippine, non si nasconde più solo un antico vulcano. Ora giace un’eredità oscura, non di fuoco e lava, ma di tradimento, crimine organizzato e vite umane messe a tacere nell’oscurità con modalità mafiose. La leggenda del lago parlava di una punizione divina per l’arroganza umana; la realtà odierna racconta una storia ancora più perversa, fatta di come l’avidità umana possa trasformare un paradiso in un cimitero sommerso.

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