Attualità
L’Iraq può strappare la leadership mondiale del petrolio all’Arabia Saudita?
Il dominio mondiale sulla produzione del petrolio resterà a lungo nelle mani dell’Arabia Saudita, con i suoi 12 milioni di barili al giorno prodotti, o potrebbe cambiare di mano?
La scorsa settimana il ministro del petrolio del Iraq, Ihsan Abdul-Jabbar, ha dichiarato che il Paese mira ad aumentare la produzione di greggio a 6 milioni di barili al giorno (bpd) entro la fine del 2027. Questo tipo di dichiarazione, con la quantità o l’anno leggermente cambiati in ogni variante, è stata fatta da diversi ministri del petrolio in diverse occasioni, ma quest’ultima affermazione pone la necessità di fare tre classiche domande:
- Questo obiettivo è raggiungibile?
- si può fare ancora anche di meglio?
- si farà?
La prima risposta dovrebbe avere una risposta positiva, visto che l’Iraq, in questo momento, è relativamente poco sfruttato per motivi politici ed economici. Ufficialmente, secondo i dati dell’Energy Information Administration (EIA), l’Iraq detiene 145 miliardi di barili di riserve provate di greggio (quasi il 18% del totale del Medio Oriente e circa il 9% del mondo). Attualmente produce circa 4,1-4,2 milioni di bpd, rispetto alla quota OPEC di aprile di 4,414 milioni di bpd, e la sua quota dovrebbe aumentare a 4,5 milioni di bpd a giugno. Quindi ha le risorse e lo spazio per crescere. Il mancato raggiungimento degli obiettivi è soprattutto legato a problemi di manutenzione, se no le sue quote OPEC, caso raro nel cartello, sarebbero raggiunte.
In tempi relativamente brevi, sicuramente prima della fine del 2027, sembra esserci la possibilità di aumentare la produzione di greggio da diversi giacimenti iracheni – concentrandosi su quelli del sud, date le difficoltà in corso nella regione semi-autonoma del Kurdistan nel nord – senza dover ricorrere a una costosa e lunga costruzione delle infrastrutture petrolifere fondamentali del Paese. Lo scorso agosto, l’Iraq ha approvato i piani per consentire a BP di scorporare le sue operazioni nel supergigante giacimento di Rumaila, con la creazione di Basra Energy Ltd, che deterrà la partecipazione di BP nel sito e sarà di proprietà congiunta di China National Petroleum Corp (CNPC).
Si prevede che questa operazione possa liberare una nuova e considerevole linea di finanziamento per il giacimento, che produce circa 1,4-1,5 milioni di bpd da molti anni, da quando è stato scoperto nel 1953. Con un residuo di greggio recuperabile di circa 17 miliardi di barili, il giacimento ha un obiettivo di plateau di 2,1 milioni di bpd. Come per la maggior parte dei giacimenti petroliferi iracheni, sia a nord che a sud, il costo di estrazione del petrolio rimane il più basso al mondo, intorno ai 2-3 dollari per barile, al pari di quello dell’Arabia Saudita. Si tratta solo di investire a sufficienza.
L’impianto di Qarmat continuerà a supportare l’aumento della produzione di greggio nel campo adiacente di Zubair, gestito principalmente dall’ENI (oltre che da KOGAS e da partner iracheni), Con un obiettivo iniziale di 201.000 bpd, Zubair produce oggi circa 360.000 bpd e riceverà un ulteriore impulso dalla costruzione di una centrale elettrica da 380 megawatt. È probabile che questi progressi aumentino la produzione di petrolio a circa 600.000 bpd, e c’è ancora più spazio per un aumento della produzione, dato che l’obiettivo iniziale di Zubair è di 1,2 milioni di bpd.
Nelle ultime settimane il Ministero del Petrolio iracheno ha esercitato pressioni sugli sviluppatori di diversi giacimenti nella provincia di ThiQar, in particolare Gharraf e Nasiriya. Nel contesto di questo obiettivo di produzione di 6 milioni di bpd di greggio, il Ministero del Petrolio ha chiesto alla giapponese Japex di accelerare i lavori per aumentare la produzione del giacimento di Gharraf, con riserve di oltre 1 miliardo di barili di petrolio, dagli attuali 90.000 bpd ad almeno 230.000 bpd. Insomma alla fine il governo si sta muovendo nella giusta direzione per incentivare la produzione e sfruttare risorse sinora poco utilizzate.
Questi progetti di espansione già da soli garantirebbero di raggiungere i 6 milioni di barili di petrolio prodotti al giorno. Ora possiamo anche tentare di rispondere alla seconda domanda: si potrebbe fare, cioè produrre di più? La risposta è si, considerando che solo nel 2012 l’Iraq aveva predisposto una strategia, poi saltata per motivi politici e di sicurezza, oltre che per la progressiva maggiore autonomia del Kurdistan. Tecnicamente era perfettamente avverabile, addirittura basata su dati vecchi, ma il raggiungimento di questo risultato richiederebbe uno stato più efficiente e una minore corruzione, oltre che condizioni economiche più stabili.
La terza domanda era se questi obiettivi saranno raggiunti. Quello minimale, dei sei milioni di barili al giorno si, quello massimo, dei 13 milioni di barili, che renderebbe l’Iraq il maggior produttore mondiale di petrolio, superiore all’Arabia Saudita, viene a dipendere da un combinarsi di fattori politici, economici e di mercato per ora non assicurabili.
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