Euro crisis
L’Intervento del professor Bagnai a Bruxelles e la guerra del debito: nel 2014 diciamo finalmente che questa Europa serve solo alla Germania
Un aggiornamento ad articolo terminato: Stefano Fassina, (ex) responsabile economico del PD ha perso il suo ruolo governativo, meno di 10 giorni dopo aver pubblicamente affermato che bisogna sfidare (l’austerity della Germania a) Bruxelles, “Siamo sulla rotta del Titanic e l’iceberg è vicino“ disse: ancora una volta non appena si accenna a sfidare l’austerity euro-tedesca si finisce inevitabilmente fuori dal giro che decide. Visto che di casi simili temo ce ne saranno molti nel 2014, sarà mio impegno stigmatizzare tutti i casi di questo tipo ritenendo che le innegabili colpe dei paesi euro periferici siano una scusa per attuare un progetto continentale ben più importante, che discuterò nei dettagli in prossimi interventi.
Dunque, stavo rileggendo l’intervento del prof. Bagnai al Parlamento Europeo di inizio dicembre scorso (nota i), molto interessante e completamente condivisibile per quanto mi riguarda. Mi permetto con questo post di commentarlo aggiungendo alcune considerazioni, visto che parlo inglese solo per lavoro ma essendo la mia lingua madre l’italiano. Resta il fatto che nel 2014 bisogna cambiare passo, e questo vale per tutti: è ormai inutile impiegare altro tempo e risorse per dimostrare che l’euro e l’Europa così come sono non funzionano, questo è un fatto definitivamente provato! Ora bisogna andare alla radice del problema e non sarà facile denunziare le vere cause di questa crisi che, ben inteso, stanno solo marginalmente nel comportamento per definizione (di fonte euro tedesca) dissennato dei periferici, io preferisco dire che i PIIGS del post 2008 non sono più dissennati di quanto lo fossero 10 o 15 anni or sono. Chi ha invece cambiato atteggiamento per propri espliciti interessi economici ha un nome diverso: Repubblica di Germania. E questo fa capire la dimensione del problema, andare contro il titano centro europeo sarà una sfida epocale, sfida non per tutti.
Abbiamo visto ormai numerose e coincidenti analisi che portano alla stessa conclusione, per altro avallata ormai da diversi premi nobel per l’economia: l’Europa dell’euro austero non funziona se non per difendere gli interessi tedeschi (nota ii). Quello che però manca nell’intervento del professore, oltre alla necessità di approfondire l’analisi al perchè la moneta unica e l’Europa assieme non funzionino – alla fine sono la stessa cosa, quello che il professore ha fatto è solo analizzare i sintomi, per altro pregiatissima analisi –, sono due aspetti, da una parte (1) il motivo strategico per cui misure di austerity tanto assurde quanto dannose e controproducenti continuino ad essere applicate anche a fronte di prove provate di danni causati (ad es. moltiplicatore fiscale maggiore di 1 per la Grecia), e dall’altra (2) le conseguenze che ci possiamo attendere perseverando nell’errore. Il primo passo fatto da Bagnai, l’analisi, è la parte più semplice in quanto non necessita di ipotesi in parte discrezionali, ossia con la mera analisi dei sintomi non è strettamente necessario uscire allo scoperto con opinioni o valutazioni che non potranno per definizione essere provate e quindi saranno attaccabili e definite in qualche modo faziose. Spingersi a capire il motivo e le conseguenze di quanto accade, beh, comporta l’essere pronti ad accettare la sfida con i veri poteri forti, e in particolare per un professore universitario italiano anche molto rispettato e bravo come Bagnai ritengo sia una sfida difficile se non impossibile, e lo dico con tutto il rispetto per l’interlocutore.
Dunque, provo io a dare fuoco alle polveri. Partiamo da cosa attenderci perseverando con le misure di austerity (2). Prima di tutto non è stato messo in evidenza un passaggio inevitabile, conseguente all’analisi presentata al Parlamento Europeo, ossia seguendo il tracciato logico indicato dal professore i paesi centro europei e la Germania in particolare si troveranno a breve a tentare di acquisire assets nei paesi periferici, approfittando oltre che di condizioni economiche di forte stress nei pesi target anche di un credito disponibile a livello centro europeo molto conveniente: in pratica è normale conseguenza che le aziende del nord, in cerca di rendimento fuori dal proprio paese, approfittino degli elevati saggi di rendimento di alcune selezionate imprese euro periferiche (leggasi, nei periferici la crisi del credito sta letteralmente massacrando la concorrenza prima di tutto interna permettendo solo a pochi grandi gruppi con accesso a credito a buon mercato di sopravvivere e quindi riducendo la competizione a breve termine ma allo stesso tempo generando a medio termine buone prospettiva di business per assenza di competitors): tali aziende saranno il target di acquisizioni mirate che inizieremo a vedere nel 2014. Per il resto semplicemente verrà drenata ricchezza dai paesi periferici indebitati al centro Europa detentrice del debito. Infatti bisogna assolutamente stigmatizzare come il debito nazionale vs. GDP non stia scendendo nei paesi periferici oggi in crisi, anzi stia salendo, essendo tale debito di fatto detenuto da coloro che oggi impongono l’austerity (il caso Grecia è da manuale, dopo anni di austerity il debito è passato da meno del 130% nel 2010 ad oltre il 150% oggi con debito estero in forte crescita: a cosa serve l’austerity targata europa tedesca se non a rendere schiavi del debito coloro che la subiscono???, nota iii – le similitudini con l’Italia sono impressionanti, vedasi grafico seguente).
Il fallimento delle politiche di austerity e’ talmente di dominio comune che merita andare a leggere cosa dice la stessa Wikipedia [il Bignami della rete], versione inglese, sugli effetti dell’austerity in Grecia: http://en.wikipedia.org/wiki/Greek_government-debt_crisis_countermeasures. Dunque, perché tali scellerate ricette continuano ad essere applicate se non per interessi particolari – economici – di matrice squisitamente tedesca?
Un aspetto sembra emergere chiaro e forte dall’analisi del prof. Bagnai, un danno collaterale: allo stato attuale la Francia non dovrebbe avere alcun interesse a staccarsi dall’Europa tedesca in quanto la spesa pubblica francese appare effettivamente sproporzionata rispetto a qualunque altro paese europeo, ossia insostenibile: dunque, l’unico modo per risolvere il problema dell’eccesso di spesa dell’apparato statale è di trovare risorse a buon mercato e/o innescare la crescita. Visto che anche a tassi di interesse praticamente a zero di crescita non se ne vede nemmeno in prospettiva e visto che una Francia fuori dall’euro non avrebbe comunque unboost forte dell’export per via di una svalutazione dell’ipotetico nuovo franco come potrebbe invece avere l’Italia (che per altro spende molto meno per la macchina dello Stato), restano solo le risorse da trovare. E queste possono essere solo reperite nelle ex colonie da aggredire militarmente o in paesi deboli dell’Unione da aggredire economicamente per il tramite dei meccanismi di libero mercato (qualcuno si è posto il problema del perchè di tanto attivismo francese in nordafrica e nel Sahel? In questo contesto anche gli accadimenti nella Libia di Gheddafi possono trovare una spiegazione logica). Dunque torniamo all’interesse dei paesi centro europei per le risorse necessarie a sostenere le proprie economie, leggasi – escludendo attività militari, dove applicabile – aziende da comprare, terre da acquisire, mercati da aggredire per il tramite di un co-interessenza di imprese nazionali. Voi mi direte, complottista? Vedremo, per intanto posso solo ricordare lo stillicidio di acquisizioni di aziende italiane soprattutto negli ultimi 5 anni. Per esperienza aggiungo che la prima fase delle acquisizioni transnazionali è sempre neutra, i problemi arrivano a medio termine quando gli acquirenti spostano la maggior parte dell’utile e dell’impiego di alto livello nel paese della propria sede. Sinceramente spero che prima o poi il tedesco di turno faccia l’errore di tentare di acquisire l’azienda top in Italia, magari vedremo il miracolo dell’unità d’intenti dei politici italiani, avendo a quel punto messo allo scoperto lo schema euro centro europeo mirato a difendere gli interessi particolari delle nazioni forti, della serie da una parte li mandi in crisi e dall’altra li compri (vedasi il caso ROSCO in Grecia, nota iv). Per quanto riguarda il debito usato per drenare ricchezza, beh, andatevi a rileggere cosa scrisse profeticamente Keynes sull’assurdità del misure sul debito imposte alla Germania con il trattato di Versailles, nota xii, follia vessatoria mirata a drenare ricchezza dalla Germania alla Francia e che, anche per il tramite dell’occupazione francese della Ruhr portò al nazismo e allo scoppio della seconda guerra mondiale (eh si, il bacino produttivo più importante di Germania fu occupato dai francesi a causa del mancato pagamento delle rate del debito circa 80 anni or sono, la gente non studia la storia). Dunque l’equazione debito uguale a guerra storicamente regge, eccome (per quanto riguarda l’Italia, vedasi anche la crisi venezuelana del 1902 a cui si riferisce l’illustrazione seguente)!
Con tutto questo possiamo concludere l’analisi del punto in esame (2) affermando che, in perseveranza delle misure di austerity, il debito dei paesi periferici come misurato dall’Europa (debito pubblico/GDP, dipendendo da tale rapporto la taratura delle pesanti misure di rientro) non potrà che continuare a salire azzoppando ogni possibilità di ripresa per via dell’inesistente domanda interna. L’euro rimarrà relativamente forte rispetto alle altre valute globali e questo a detrimento dei paesi esportatori verso mercati extra EU e con tipologie di prodotto a medio valore aggiunto. L’Italia deve temere particolarmente tale possibilità, in quanto l’identikit del maggior perdente da una continuazione delle politiche di austerity calza a pennello col Belpaese: l’Italia è ancora il primo competitor manifatturiero della Germania e quindi stiamo certi che le verrà riservato un trattamento diciamo di riguardo. L’impoverimento delle masse andrà spedito e di pari passo, la classe media verrà compressa e le disparità aumenteranno, così come le tensioni sociali. La domanda di sinistra generalista anti-ricchezza aumenterà e arriveranno misure straordinarie per la riduzione del debito imposte dall’Europa, che di fatto non faranno altro che aumentare il debito stesso in relazione al GDP e ridurre la domanda interna (e, notasi, queste sono solo considerazioni logiche finalizzate all’ipotesi di riduzione del debito, come imposto dall’Europa tedesca). Privatizzazioni/svendite e generale impoverimento del tessuto economico e sociale saranno le logiche conseguenze (in particolare, occhio a Enel e spezzatino Telecom Italia, più la vendita di qualche branch di Finmeccanica) fino a giungere a preconizzare la possibile imposizione di protettorati economici sotto la bandiera europea nei paesi periferici affetti da forti moti di protesta, con il fine apparente di difendere i confini europei, ma con l’obiettivo pratico di mantenere l’euro attuale, a favore del centro Europa (nota v).
Ora passiamo ad analizzare il primo punto (1), per quale dannata ragione strategica misure che non servono ad uscire dalla crisi continuano ad essere applicate, a detrimento del livello di benessere dei paesi in crisi? E qui vorrei che finalmente qualcuno dicesse chiaramente quanto emerge con forza dalle decine se non centinaia di analisi – che ho letto – sulla crisi dell’euro. Ossia, che la Germania trae consciamente e deliberatamente vantaggio dalla moneta unica e dalla crisi attuale perennemente irrisolta, essendo gli accadimenti attuali il passaggio finale di un progetto nato nell’epoca del Terzo Reich, appunto il piano Funk per l’Europa Comune (nota vi). Primo mito di sfatare: nonostante il battage mediatico – dovrei dire claque – la classe politica tedesca, quella che comanda e che conta non uscirà mai dall’euro nè permetterà a nessun paese periferico di uscirne tornando alla propria valuta nazionale. Quello che invece verrà fatto sarà molto probabilmente, quando la crisi dovesse diventare insostenibile e possibilmente dopo aver acquisito pezzi pregiati dai periferici, negoziare valute parallele per gli scambi interni, mantenendo il debito estero in solido euro oltre che confermando la valuta comune per gli scambi internazionali. Nulla di nuovo per carità, probabilmente si arriverà a qualcosa di simile al doppio Rand sudafricano (interno non convertibile ed esterno convertibile) ideato dai poteri coloniali per il Sudafrica in regime di apartheid. Lo scopo dell’euro sembra essere appunto quello di consolidare per il futuro il primato industriale continentale sotto bandiera tedesca, così come imponeva il piano nazista di W. Funk: al nord Europa l’industria ed il controllo dei flussi finanziari ed al sud Europa agricoltura ed industrie leggere (o terziario di basso livello). E dunque, per tale fine ben venga l’annientamento dei competitors, quindi principalmente dell’Italia. Parallelamente, come conseguenza, il sud Europa dovrà diventare serbatoio di manodopera a basso costo, ossia un mercato accessibile per i prodotti nord europei sulla base di consumi non supportati da equivalente accumulazione di risparmio ma piuttosto di debito, ossia proprio quello che sta accadendo oggi. Infatti, mi attendo un attacco a breve ai due assets nazionali italici più pregiati, il risparmio privato [con imposte patrimoniali] e le grandi aziende nazionali [con le privatizzazioni/svendite/spezzatini vari, occhio a Enel, spezzatino Telecom Italia e parti di Finmeccanica, repetita iuvant]. In poche parole, la Germania deve necessariamente attivarsi rapidamente, prima che il Parlamento europeo diventi maggioritariamente contrario all’Europa, al fine di consolidare le basi del proprio benessere nazionale futuro, benessere della propria cittadinanza intendo, anche e soprattutto a detrimento dei paesi mediterranei (in questo contesto la scadenza elettorale europea del 2014 sembra cruciale). Ricordiamo infatti che la Germania non agisce da sola: le affinità storiche e culturali con i paesi scandinavi, con la Finlandia, con il blocco germanofono rappresentano un tutt’uno ed è anche per questo che lo scrivente non si stupisce delle affermazioni al limite della farneticazione del Commissario Olli Rehn atte a sferzare con regolarità i paesi periferici verso riforme di dubbia utilità per chi le attua, alla fine gli interessi mediterranei e nord europei sono e resteranno divergenti nel medio termine, il gioco ad accaparrarsi le risorse altrui non sarà limitato alla sola Germania (ricordo quando Olli Rehn voleva addirittura le isole ed il Partenone come collaterale per il pagamento del debito greco [nota vii], il popolo italico è disattento e comunque ha la memoria corta; immaginate cosa può succedere in un contesto in cui la Finlandia entri in crisi, come preconizzato da Maurizio Giustinicchi, vedasi referenze in calce, nota xi). Dunque, prima delle prossime elezioni europee qualcosa accadrà, o appena dopo nel marasma di un Parlamento divenuto preminentemente euroscettico.
In questo contesto non stupisce l’ampio risalto mediatico dato alla puntuale riduzione degli spread vs. Bund dei paesi periferici di inizio 2014, secondo me la convergenza prova anzi quanto sopra esposto ossia che esiste un piano prettamente di interesse tedesco iniziato con l’attacco ai PIIGS del 2011: infatti nelle prossime elezioni europee vedremo certamente rafforzate le fila dei partiti euroscettici e questo effetto deve essere necessariamente sterilizzato, dunque tanto vale accettare un abbassamento dello spread, che è solo un sintomo e non la cura (il vero problema è il collasso dei consumi interni, la crescente de-industrializzazione, il problema del credito locale indisponibile e il forte aumento del debito pubblico negli ultimi 4 anni, tutti benchmarks che incrementando le tasse come richiesto dall’entourage della cancelleria tedesca non possono che peggiorare). Voi mi direte ancora, complottista? Fate voi ma è un dato di fatto che la discesa dello spread di fine anno, a mercati estremamente illiquidi, sia da ascrivere ad aspetti tecnici e ad uno strano errore transattivo da parte di un soggetto anonimo, errore che ha fatto convergere per un attimo i tassi italiani con quelli tedeschi a solo una manciata di punti, come ben spiegato da Il Giornale – unico nel panorama giornalistico nazionale, e non è un caso, da leggere -. Altissima scuola (nota x).
Lato politica estera, la Gran Bretagna giocherà la propria partita mirata a sostituirsi ai paradisi fiscali della corona, diventando essa stessa un paradiso fiscale legale alle porte dell’Europa, con tasse di impresa al 10% in grado di fare competizione al blocco continentale. Nel lungo termine questo scatenerà una forte contrapposizione con il mondo euro-tedesco, non prima però di aver coinvolto nella diatriba l’Irlanda – possibilmente iniziando con l’Ulster -, la quale attuò decenni or sono su impulso europeo misure simili per incrementare la competitività del Paese, misure per altro utilizzate principalmente da imprese d’oltreoceano e solo marginalmente da imprese tedesche, si sa lo spirito di corpo teutonico scoraggia profitti contro gli interessi della nazione.
Dunque, mi aspetto nel 2014 che qualcuno si scagli finalmente contro la protervia tedesca ma purtroppo sono parimenti portato a ritenere che la Francia non sarà di questa partita, dovendosi guardare bene dal prendere posizione contro Bruxelles e contro l’euro, intelligentemente la cancelleria tedesca ha riservato al paese transalpino un trattamento di riguardo in termini di vantaggi relativi – soprattutto economici – dall’Europa e dall’euro (tassi di interesse a livello tedesco, possibilità di sforamento di bilancio, primato in politica estera anche economica, espansionismo territoriale incondizionato, primato nell’energia, posizioni in enti sovranazionali etc.). Consiglio anzi agli astanti di leggere bene il messaggio di Angela Merkel di fine anno, personalmente ritengo che, con le dovute sfumature, emerga con forza il concetto che l’Europa unita deve servire alla Germania proprio per mantenere alto il livello di vita della propria cittadinanza (nota iix).
L’Italia in questo contesto ritengo sia un malato terminale, fatti salvi scombussolamenti imprevedibili dell’ultimo momento. Il Cavaliere, l’unico che con i suoi mille difetti – ma anche con le sue mille aderenze, connessioni e bagaglio di verità inconfessabili frutto di 20 anni di appartenenza al gotha mondiale durante svariate guerre per le risorse energetiche – è stato messo abilmente fuori gioco con una tecnica simile a quella dell’evasione fiscale di Al Capone [nota ix] –: ciò simboleggia in prospettiva la fine del residuo potere decisionale autonomo della Penisola in ambito internazionale, il Belpaese sembra di fatto passato da una repubblica a responsabilità limitata su base USA ad una, molto più temibile in quanto più vicina ed insidiosa oltre che invidiosa, Euro tedesca.
Per intanto, attendendo reazioni, auguro a tutti un buon 2014, sarà certamente pieno di sorprese.
Mitt Dolcino
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Riferimenti e Note:
i https://scenarieconomici.it/lintervento-integrale-di-bagnai-al-parlamento-europeo/
ii
– https://scenarieconomici.it/visco-alla-germania-nelleuro-servivamo-proprio-perche-deboli/
– https://scenarieconomici.it/6-premi-nobel-p-krugman-m-friedman-j-stigliz-a-sen-j-mirrless-c-pissarides-leuro-e-una-patacca/
iii http://en.wikipedia.org/wiki/Greek_government-debt_crisis_countermeasures
iv https://scenarieconomici.it/la-lezione-dellue-tedesca-nel-caso-rosco-grecia-prima-li-affami-e-poi-li-compri-un-monito-per-litalia/
v
– Thomas Straubhaar: “Wir brauchen ein Protektorat”; www.tagesspiegel.de 06.05.2012
– Wolfgang Münchau: Willkommen in Weimar; www.spiegel.de 09.05.2012
– Griechenlands Schicksalswahl; Frankfurter Allgemeine Zeitung 18.05.2012
vi
– “Europäische Wirtschaftsgemeinschaft”, – Berlin 1942, The Society of Berlin Industry and Commerce and the Berlin School of Economics – Editore: Haude & Spener, 1943 / Berlin – WorldCat OCLC number: 31002821
– Limes 4/2011 “La Germania tedesca nella crisi dell’euro, [http://temi.repubblica.it/limes/la-germania-tedesca-nella-crisi-delleuro/27080 ]“: analisi del documento da parte della rivista italiana di geopolitica
vii http://www.corriere.it/economia/11_luglio_21/grecia-finlandia-partenone_a9d0e5ce-b39f-11e0-a9a1-2447d845620b.shtml
iix http://intoccabili.wordpress.com/2013/01/01/il-discorso-di-fine-anno-di-angela-merkel-2013-piu-difficile-del-precedente/ [da leggere in tedesco, il riassunto in italiano non coglie nessun punto generale ma solo particolari]
ix non sottintendendo – per carità, anzi – che egli sia equivalente al soggetto succitato, tutt’altro, ma piuttosto che quando Maometto non va alla montagna, allora la montagna [della giustizia] può andare da Maometto, in questo caso se la montagna è ben supportata soprattutto da oltreoceano (…). Il tempo ci dirà se tali scombussolamenti “orografici” radicali che stiamo vivendo sortiranno veramente gli effetti desiderati da coloro che li hanno “sdoganati”.
xii ‘The economic consequences of the peace’, J.M. Keynes, 1919
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