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LIBIA: GIOCO INTERNAZIONALE, DA CUI DI MAIO CI HA ESCLUSI (da OFCS.REPORT)

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La situazione in Libie è apparentemente cambiata a causa del pesante intervento militare della Turchia che, riprendendo la politica ottomana di espansione in Nord Africa, da un lato ha però fatto ripartire la secolare opposizione con l’Egitto, dall’altro pone in secondo piano la presenza dell’Italia. Prendiamo un estratto del sempre ben informato OFCS.Report, a cui vi inviamo per l’articolo completo:

Sono passate poche ore e lo scenario in Libia è mutato ancora una volta. L’Egitto ha presentato un piano per il cessate il fuoco, che non è certamente comparso dal nulla. L’accordo è stato sottoscritto dal generale Haftar che, nel frattempo, nel giro di 24 ore ha ritirato le truppe da Tripoli dimostrando, lui sì, di controllare un esercito fedele, e dalla Camera dei rappresentanti libica (il Parlamento di Tobruk). Sarraj, con l’appoggio della Turchia, per il momento ha rifiutato l’accordo. Ma Sarraj, il capo del governo di unità nazionale voluto dall’Onu, è bene ricordarlo, non possiede un esercito vero e proprio. Al suo fianco combattono miliziani di ogni risma, tra i quali mercenari e jihadisti portati in Libia da Erdogan. Il “potere” di Sarraj deriva in parte dall’appoggio (o pseudo tale) della comunità internazionale e soprattutto da Ankara e quindi dai Fratelli Musulmani.

La ritirata di Haftar, vista da molti come una sconfitta, è invece strategica e fortemente voluta a livello internazionale. Secondo fonti autorevoli inserite nel contesto libico, la retromarcia di Haftar è arrivata dopo le fortissime pressione da parte degli Stati Uniti, tornati (o forse mai partiti) in Libia. La questione è divenuta più chiara quando il Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca ha espresso la speranza che l’iniziativa egiziana sulla crisi libica porti a un cessate il fuoco.

E, nel contempo, Aguila Saleh, il presidente della Camera dei rappresentanti libica, ha chiaramente detto che il rifiuto da parte di Tripoli del piano egiziano porterà ancora guerra e scontri nel Paese, indicando inoltre come la presenza turca abbia notevolmente peggiorato la situazione. Ma non solo. Saleh ha anche posto l’accento sul petrolio (una delle vere motivazioni del conflitto tra le parti in Libia), spiegando che “la ripresa della produzione di petrolio è direttamente collegata al cessate il fuoco”. Quindi, ha aggiunto, “non c’è petrolio con le pistole”.

Quindi la vittoria di Sarraj, che secondo alcuni si starebbe perfino preparando ad invadere la Cirenaica, non è una vittoria definitiva di Erdogan e, ora possiamo dirlo, del suo suo fantoccio di Tripoli, ma solo un passaggio voluto dagli USA che non desiderano un nuovo focolaio di guerra che rischierebbe di vederli coinvolti. Da qui a novembre Trump si vuole dedicare al proprio fronte interno, non a combattere una nuova guerra all’estero. Inoltre la pace, o almeno un accordo di divisione di lungo termine, permetterebbe ad Haftar di godere degli enormi entroiti del petrolio libico.

E l’Italia? Grazie agli errori di Di Maio e dei suoi predecessori è attualmente fuori dai giochi. Se qualcosa della nostra influenza nella regione si salverà sarà grazie all’ENI. Miliardi di euro di investimenti ventennali gettati al vento da persone senza esperienza, senza disegni e senza palle.


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