Politica
IL LIBERALE ANTIPATICO
Il liberale classico è sgradito un po’ a tutti.
Non piace ai poveri, perché crede che i ricchi non abbiano il dovere di dare loro una parte della propria ricchezza.
Non piace agli idealisti perché costoro reputano che i ricchi – a meno che non lo siano loro stessi – dovrebbero sentire il dovere di donare ai poveri.
Non piace ai religiosi, perché appare un amico dei ricchi, e il vecchio pregiudizio della Chiesa Cattolica – secondo il quale è più facile che una gomena passi attraverso la cruna d’un ago che un ricco entri in paradiso – è immortale. Forse per i Protestanti il denaro è un segno della benevolenza divina, in Italia rimane comunque lo sterco del diavolo, acquistato commettendo illeciti penali e morali.
Non piace agli intellettuali (per esempio i professori e i giornalisti) perché costoro vivono di cultura, mancano totalmente di senso pratico e sono convinti che avrebbero meritato di guadagnare di più. Infatti invocano una ri-distribuzione della ricchezza (altrui) sulla base non del merito ma del bisogno, della moralità, e soprattutto della cultura.
Non piace ai collettivisti i quali sono convinti, malgrado ogni smentita della storia, che lo Stato li favorirebbe più di quanto non possa favorirli la libertà.
Non piace ai frustrati e agli invidiosi perché, essendo degli incapaci, confondono la meritocrazia con l’ingiustizia e ne deducono che gli altri il successo l’hanno avuto per via di corruzione o di malaffare. E sperano dunque che lo Stato li vendichi.
Non piace ai politici di sinistra perché da un lato partecipano di molte delle categorie sopraddette e dai poveri, che sono i più numerosi, sperano di ricavare quei voti che daranno loro potere e denaro.
Ma, almeno il liberale piace agli industriali, ai ricchi, ai politici di destra? Nient’affatto. Il gaglioffo infatti, quando si tratta dell’economia, è a favore dell’intervento dello Stato quando la libertà favorisce ingiustamente i ricchi a spese del popolo, per esempio falsando o eliminando la concorrenza. Lo Stato deve intervenire per punire un eventuale “cartello”, cioè l’accordo con cui le grandi imprese tengono artificialmente alti i prezzi di un bene o di un servizio, o si spartiscono le aree di attività, per guadagnare di più. E naturalmente ciò non è molto gradito agli interessati.
L’Italia vorrebbe essere un Paese di sinistra, ma a volte lo Stato italiano permette ai produttori amici di essere avidi. Inoltre, le varie lobby difendono i loro privilegi con le unghie e con i denti: dai tanti dipendenti degli “enti inutili”, tenuti in vita per distribuire stipendi, ai notai, all’inutile P.R.A., ai farmacisti. Riguardo ai medicinali, per esempio, non si capisce la differenza di prezzo (da uno a cinque) fra due Paesi confinanti, come l’Italia e la Francia, di prodotti “stupidi” come le lacrime artificiali.
Ma anche categorie umili sanno farsi sentire: i tassisti sono una confraternita più unita dei templari d’un tempo e preferiscono vedere la gente senza ombrello sotto la pioggia che permettere l’esistenza di un maggior numero di licenze. Insomma, in Italia, ogni volta che dalle leggi si spera di ricavare qualche vantaggio, lo “statalismo” interessato alligna alla grande, anche fra le imprese private.
Quando lo Stato agisce nell’economia con la funzione di arbitro disinteressato, la sua azione è meritoria. Quando invece si parla della costosissima ed elefantiaca Pubblica Amministrazione, si è dinanzi ad un’istituzione talmente negativa, che persino i politici che l’hanno gonfiata con i loro raccomandati riconoscono che sarebbe il caso di riformarla. Purtroppo anche l’esercito degli impiegati di Stato – che votano – costituisce una possente lobby.
In fin dei conti, il liberale non ha amici. Il disgraziato dice a tutti che, se vogliono procurarsi qualcosa, devono farlo da soli e onestamente. Il che, in una società liberale, corrisponde a dire che chi rimane povero è povero per colpa sua, nel senso che non ha avuto la capacità o la voglia di arricchirsi. Questo sì è un fardello pesante. Meglio dare il torto a qualcuno.
Il liberale è capace di riconoscere che personalmente nella vita non ha combinato niente, e dunque è normale che non sia ricco: ma questo non lo rende simpatico. Non soltanto così toglie ogni scusa a sé stesso, e passi, ma la toglie anche agli altri: e questo è intollerabile.
Gianni Pardo, [email protected]
5 marzo 2015
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