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Euro crisis

L’EU (tedesca) supporta solo apparentemente l’Italia nel post terremoto. Cosa va fatto e cosa dobbiamo attenderci

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La nostra Europa, quella “solidale” che abbiamo conosciuto negli ultimi 4 anni risponde al richiamo impenitente di Matteo Renzi che, con un prendere o lasciare spalleggiato dal partito di Beppe Grillo, ha annunciato che se ne sarebbe fregato dei parametri austeri ed avrebbe speso il necessario per la ricostruzione post terremoto.
Buona la prima per l’Italia ma attenzione ai trabocchetti. Infatti l’EU tedesca è sempre lì, a mettere paletti, ben sapendo che comunque restando nell’Euro presto o tardi l’Italia si fregherà da sola, il debito andrà restituito e passata la buriana tra la fine del 2016 e le elezioni franco-tedesche nel 2017 si potrà tornare a spremere il limone mediterraneo.

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Riassumendo, l’EU franco tedesca ha annunciato che aiuterà l’Italia ma le misure ammesse per lo sforamento dovranno essere una tantum. Il punto sta proprio nell’una tantum.
Bene, incassato il si obbligato lato tedesco ora bisogna fare leva sui fatti:

i.) il terremoto è stato potente,
ii.) ce ne saranno altri,
iii.) lo stato può intervenire in emergenza ma – importante –
iv.) costa meno mettere in sicurezza il centro Italia con interventi antisismici preventivi piuttosto che riparare l’irreparabile una volta accaduto.

Anche perché in tale modo verrebbe preservato il patrimonio artistico nazionale costituito dai beni architettonici spesso medioevali presenti nell’area.

Fatte queste premesse fattuali dobbiamo tornare alla proposta che facemmo nel post terremoto di Amatrice: niente tasse supplementari ed anzi sgravi per la messa in sicurezza. Ma non il 65/75%, noi proponemmo il 95% in cinque anni con possibilità di includere anche le ristrutturazioni e gli interventi di efficienza energetica se fatti contemporaneamente. E senza limiti di 96mila euro per intervento, basta che si porti la costruzione ad un livello antisismico tecnicamente accettabile. Auspicabile sarebbe anche la semplificazione normativa operativa e l’introduzione di un’iva agevolata ad hoc (si ricorda che gli sgravi si applicano solo alle spese iva esclusa).

A parte che nel modo da noi proposto si coinvolgerebbero i privati per un ammontare inferiore alla spesa sostenuta – 95%, fatto discriminante a livello EU per non connotare l’intervento come aiuto di stato -, in tale modo si riattiverebbe anche l’economia del paese attraverso le imprese di costruzione impiegate per la messa in sicurezza.
Forse è proprio per questo che l’EU non vuole che si percorra questa strada, far qualcosa che possa riattivare veramente la nostra economia non è nell’interesse franco-tedesco, scolpitevelo nella mente.
Inoltre si trasformerebbe l’intervento da una tantum in sistemico e pluriennale con un costo prospettico nei prossimi 5 anni di una cinquantina di miliardi di euro, costo che andrà ben pubblicizzato sui giornali internazionali. Costo che farebbe saltare tutti i parametri austeri oltre che mettere in crisi qualsiasi euroburocrate filotedesco.

Il punto è sempre il solito: restando nell’euro il nostro debito continuerà a salire mentre quello tedesco scende e scenderà. Visto che prima o poi i tassi saliranno – i tassi di interesse siamo ai minimi da 5000 anni, ndr – l’Italia è condannata alla miseria, cartesianamente parlando è solo questione di tempo. Ossia il nostro fine ultimo deve essere rompere l’euro, ormai non ci sono alternative.
Anche perché ormai la dialettica interna alla Germania ha reso politicamente impraticabili gli eurobonds che comunque NON sono nell’interesse germanico.

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Dunque l’Italia è destinata ad essere l’agente provocatore in seno all’EU ormai invisa ai poteri anglosassoni da cui Berlino e Parigi vorrebbero emanciparsi guardando ad est. Anche tale indirizzo è ormai ineluttabile, da qui la recente decisione USA di schierarsi apertamente con Roma contro un’EU prospetticamente emancipata dai propri interessi.
Si noti per altro che Berlino avrebbe solo da perdere da una pace tra Russia e USA in quanto in tale contesto tornerebbe a valere come il due di picche geostrategicamente parlando. Ecco perché, dimenticando gli interessi anch’essi divergenti in termini di politica economica mirata ad un futuro indebolimento del dollaro, Trump è come fumo negli occhi per l’Europa franco tedesca.

Mitt Dolcino 

 


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