Economia
Crisi Lesotho: i dazi USA rischiano di distruggere l’economia dello Stato africano che dipendeva solo dagli USA
Il Lesotho, “Mecca africana del denim”, affronta una crisi senza precedenti: i dazi USA del 50% minacciano di distruggere il settore tessile e spingere il paese al collasso. Un monito sui rischi dell’eccessiva dipendenza dall’export.

Il piccolo regno del Lesotho, incastonato nel cuore del Sudafrica, sta affrontando una crisi economica senza precedenti a causa dei dazi del 50% imposti dagli Stati Uniti, principale mercato di riferimento per la sua industria tessile.
Questo paese montuoso, con una superficie di 30.000 km² e 2,3 milioni di abitanti, è tra i più poveri al mondo secondo i parametri internazionali. Tuttavia, negli ultimi anni, il settore tessile ha rappresentato un motore di crescita, generando il 20% del PIL e il 90% delle esportazioni manifatturiere, con oltre 30.000 posti di lavoro, pari al 36% dell’occupazione formale. Un boom senza precedenti che ne ha trascinato la crescita.
Ora, la minaccia dei dazi rischia di distruggere questo fragile equilibrio, spingendo il governo a dichiarare lo stato di calamità nazionale fino al 30 giugno 2027.
Il Lesotho non ha mai puntato a sviluppare un mercato interno o africano: la sua economia tessile è stata costruita per l’export, in particolare verso gli Stati Uniti, grazie all’African Growth and Opportunity Act (AGOA), che garantisce accesso esente da dazi al mercato statunitense. Lo scorso anno, il paese ha esportato abbigliamento per 237 milioni di dollari, il 75% della sua produzione tessile, producendo capi per marchi come Levi’s, Calvin Klein e Walmart.
Soprannominato la “Mecca africana del denim” per i bassi costi di produzione, il Lesotho si è specializzato in jeans e altri capi “made in USA”, senza mai investire in un mercato locale o regionale.
L’annuncio dei dazi ad aprile da parte dell’amministrazione Trump ha scosso Maseru, la capitale. La Casa Bianca ha giustificato la misura come “reciproca”, sostenendo che il Lesotho applichi tariffe del 99% sui prodotti americani, cifra smentita dai funzionari locali.
Con un dazio del 50%, le esportazioni tessili verso gli Stati Uniti, che rappresentano il cuore dell’economia, rischiano di crollare. “Questo dazio eliminerebbe le esportazioni tessili e potrebbe colpire 20.000 posti di lavoro”, avverte Lyle Begbie di Oxford Economics. In un paese con un tasso di disoccupazione del 30,1% nel 2024 e una disoccupazione giovanile vicina al 40%, la perdita di questi posti sarebbe devastante.Testimonianze come quella di Makhotso Moeti, lavoratrice tessile a Maseru, evidenziano la gravità della situazione. “Lavorare in fabbrica è l’unico lavoro che conosco. Se chiudono, tornerò alla povertà da cui sono fuggita”, ha dichiarato al Guardian.
Molte fabbriche hanno già sospeso la produzione, con acquirenti americani che hanno interrotto gli ordini dopo l’annuncio dei dazi. La dipendenza dall’export ha lasciato il Lesotho vulnerabile: senza un mercato interno o africano su cui ripiegare, il settore tessile rischia di collassare.
A complicare il quadro, i tagli agli aiuti esteri americani hanno aggravato la crisi, colpendo un paese con uno dei tassi di infezione da HIV più alti al mondo (un adulto su quattro). Il governo, guidato dal Primo Ministro Sam Matekane, ha dichiarato lo stato di calamità per accedere a fondi di emergenza e aggirare le procedure burocratiche, ma le prospettive restano cupe.
La coalizione al potere, che controlla il 64% dell’Assemblea Nazionale, fatica a contrastare corruzione, infrastrutture carenti e un debito pubblico al 64% del PIL. Le elezioni del 2027 sono vicine, e le promesse di riforme economiche di Matekane restano difficili da realizzare.Il Lesotho, monarchia costituzionale indipendente dal 1966, si trova con le mani legate. La sua economia, priva di diversificazione e focalizzata esclusivamente sull’export tessile verso gli Stati Uniti, non ha alternative immediate.
Problemi strutturali come un sistema educativo debole e la dipendenza dalle entrate dell’Unione Doganale dell’Africa Australe limitano ulteriormente le opzioni. Come sottolinea Begbie, “non esistono soluzioni rapide”. Il destino del Lesotho dipende ora dai negoziati con Washington, ma con un potere contrattuale minimo, il paese rischia di vedere il suo settore tessile – e con esso la sua economia – sgretolarsi.
Queste sono le conseguenze di una crescita legata esclusivamente all’export che, in modo anche peggiorativo, viene a dipendere da un singolo paese. In un certo senso la sua posizione ricorda quella della UE post Euro, in cui la crescita è stata collegata solo all’export, non a una crescita dei consumi e del benessere interno. Quando si dipende solo dagli altri si è sottoposti alle loro decisioni.
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