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L’Elefante Bianco del Maghreb: Il Gasdotto Nigeria-Marocco-Europa che si ripaga in 300 anni (forse)
Il megaprogetto del Marocco per portare il gas nigeriano in Europa è un disastro economico annunciato? Un report svela costi folli, 288 anni per il rientro e il vero piano geopolitico di Rabat dietro “l’Elefante Bianco”.

Nel grande gioco dell’energia, dove la geopolitica incontra l’ingegneria, spesso i sogni dei governanti si scontrano con la dura, fredda realtà della calcolatrice. È il caso di quello che viene già definito una “cattedrale nel deserto” sottomarina: il Gasdotto Africa Atlantica (GAA) o Oleodotto Nigeria Marocco. Un progetto faraonico, fortemente voluto dal Marocco, che promette di collegare i giacimenti della Nigeria all’Europa attraversando mezza Africa.
Sulla carta, è il trionfo della diplomazia di Rabat e un potenziale game changer per l’indipendenza energetica europea. Nella realtà dei numeri, analizzata impietosamente dalla società di consulenza North Africa Risk Consulting (NARCO), rischia di essere uno dei più grandi “Elefanti Bianchi” della storia moderna. Un’opera il cui ritorno sull’investimento è stimato in quasi tre secoli. Sì, avete letto bene: 288 anni.
Il Sogno Marocchino: Diventare l’Hub del Gas per l’Europa
Prima di demolire il progetto con i dati, onoriamo la visione. L’idea è grandiosa: un tubo d’acciaio che parte dalla Nigeria, risale la costa dell’Africa Occidentale attraversando ben 11 paesi, arriva in Marocco e da lì si innesta nella rete spagnola ed europea.
L’obiettivo strategico di Rabat è chiaro e ambizioso:
Centralità Geopolitica: Trasformare il Marocco nell’imbuto obbligato per il gas africano diretto verso l’Unione Europea.
Sicurezza Energetica: Garantire al Regno alawita una fornitura stabile, svincolandosi dalle bizze dei vicini (leggi: Algeria).
Leadership Regionale: Porsi come capofila dello sviluppo economico di tutta l’Africa Occidentale.
Secondo l’Ufficio Nazionale Marocchino degli Idrocarburi e delle Miniere (ONHYM), la condotta avrebbe una capacità di 30 miliardi di metri cubi all’anno. Di questi, il Marocco ne esporterebbe circa 18 miliardi verso l’Europa. Una manna dal cielo per Bruxelles, che cerca disperatamente di diversificare le fonti dopo il distacco dalla Russia.
Ma come ci insegna l’economia, tra il dire e il fare c’è di mezzo il costo marginale e, in questo caso, la fisica.
La Doccia Fredda della NARCO: I Numeri non Mentono
L’analisi della North Africa Risk Consulting è una secchiata d’acqua gelida sugli entusiasmi di palazzo. Il termine tecnico utilizzato è “Elefante Bianco”: un bene costoso, difficile da mantenere e che non produce un reddito proporzionato al suo valore.
Vediamo i punti critici sollevati dagli analisti, che smontano pezzo per pezzo la narrazione ufficiale.
1. Il Costo Esplosivo e l’Ammortamento Secolare
Il budget iniziale è stimato in 25 miliardi di dollari. Tuttavia, la storia delle infrastrutture in Africa insegna che i preventivi sono scritti sulla sabbia. Prendendo come esempio il West African Gas Pipeline (WAGP), che ha visto i costi lievitare del 52%, la NARCO stima che il conto finale del GAA si aggirerà intorno ai 38 miliardi di dollari.
Facendo un paragone con il gasdotto Medgaz (Algeria-Spagna, costato 1,4 miliardi e andato in utile dopo 12 anni), e considerando i volumi previsti, il calcolo del ritorno sull’investimento (ROI) assume contorni grotteschi:
Costo stimato: ~38 miliardi USD
Tempo di recupero stimato: 288 anni.
In termini keynesiani, un investimento a lungo termine è accettabile se il moltiplicatore è positivo. Ma un investimento che si ripaga in tre secoli non è economia, è archeologia industriale preventiva.
2. Il Mistero del Gas Scomparso: La Matematica delle Royalties
Qui la questione diventa tecnica e affascinante. Il gasdotto deve attraversare 11 paesi prima di arrivare in Marocco. Nessuno fa passare un tubo gratis. La prassi è il pagamento in natura (gas) per i diritti di transito.
Se applichiamo lo standard regionale (la Tunisia trattiene il 5-7% del gas di passaggio), ecco cosa succede ai 30 miliardi di metri cubi iniziali:
Ogni paese di transito preleva la sua quota (circa il 5%).
Dopo 11 paesi, il volume si riduce drasticamente.
Al confine marocchino arriverebbero a malapena 15 miliardi di metri cubi.
Considerando che il Marocco ha un fabbisogno interno in crescita (stimato a 3 miliardi di mc nel 2040), ciò che resta per l’Europa sono 12 miliardi di metri cubi.
Per dare un contesto: l’Algeria, da sola, ne esporta 44 miliardi. Stiamo parlando di investire 38 miliardi di dollari per coprire una frazione marginale del fabbisogno europeo.
3. C’è davvero il Gas?
Il presupposto di base è che la Nigeria abbia gas da vendere all’infinito. La realtà è diversa:
La produzione nigeriana è calata del 60% negli ultimi due decenni.
Le riserve sono in declino.
La domanda interna nigeriana (168 milioni di abitanti) è in esplosione.
L’idea che la Nigeria possa impegnarsi in contratti trentennali per volumi massicci verso l’Europa, mentre la sua popolazione rischia blackout energetici, è, eufemisticamente, ottimistica.
Tabella Comparativa: Il Sogno (GAA) vs La Realtà Algerina (TSGP)
Mentre il Marocco progetta, l’Algeria ha il suo progetto concorrente: il Gasdotto Trans-Sahariano (TSGP). Mettiamoli a confronto.
| Caratteristica | Gasdotto Atlantico (Marocco) | Gasdotto Trans-Sahariano (Algeria) |
| Percorso | Offshore / Costiero | Onshore (Terraferma) |
| Paesi attraversati | 13 (Instabilità multipla) | 3 (Nigeria, Niger, Algeria) |
| Lunghezza | ~5.600 km (stimati) | ~4.000 km |
| Costo stimato | 25-38 Miliardi $ | Significativamente inferiore |
| Complessità tecnica | Altissima (sottomarino) | Media (terrestre) |
| Fattibilità Politica | Bassa (troppi interlocutori) | Media (rischio Niger) |
| Marketing | Eccellente (“Sviluppo per l’Africa”) | Scarso (Vecchia scuola) |
L’analista Geoff Porter è netto: il progetto algerino, pur con i suoi rischi legati alla sicurezza nel Sahel (Jihadismo in Niger), è infinitamente più fattibile. È più corto, più economico da costruire, e attraversa solo due confini prima di entrare nella rete algerina già esistente e collegata all’Italia. Un pezzo di tragitto, non breve, è già completo, l’Italia è meglio interlacciata alla rete europea della Spagna, ma questo percorso darebbe importanta all’Algeria, non al Marocco.
Perché il Marocco insiste? La “Vanity Economy”
Se i numeri non tornano, perché insistere? Qui entriamo nel campo della psicologia politica e della sovranità.
Secondo gli analisti, il GAA rientra nella categoria dei “Progetti Vanità”, simili al NEOM saudita. Servono a proiettare un’immagine di modernità, potenza e visione futuristica della monarchia. Il Marocco è un paese che sta esplodendo industrialmente, pur fra molte contraddizioni, e questo progetto conferma la sua maggiore presenza internazionale.
Ma c’è di più. C’è un calcolo politico sottile:
Sovranità sul Sahara Occidentale: Il gasdotto passerebbe (e avrebbe un hub) a Dakhla, nel territorio conteso del Sahara Occidentale. Costruire lì un’infrastruttura internazionale significa cementare, de facto, la sovranità marocchina sulla regione, rendendola irreversibile agli occhi del mondo.
L’Arma della Migrazione: Rabat vende il progetto all’Europa non solo come energia, ma come stabilizzatore sociale. “Dateci i soldi per il gasdotto, creeremo sviluppo in Africa Occidentale e fermeremo i migranti”. È una leva negoziale formidabile per ottenere fondi UE, anche se il progetto energetico in sé scricchiola o è, semplicemente, inutile.
Infrastrutture o Miraggi?
In un’ottica puramente economica, il progetto appare insostenibile. Spendere quasi 40 miliardi per trasportare una quantità di gas che diminuisce a ogni frontiera, da un fornitore con riserve calanti, per un mercato (quello europeo) che punta alla decarbonizzazione nel lungo periodo, sembra un azzardo.
Tuttavia, sottovalutare la volontà politica sarebbe un errore. Il Marocco ha dimostrato di saper giocare le sue carte con estrema abilità. Se riuscirà a far finanziare “l’Elefante Bianco” dai contribuenti europei o dalle banche di sviluppo internazionali con la promessa della stabilità geopolitica, il ritorno economico diventerà secondario.
Per ora, però, il Gasdotto Atlantico rimane ciò che la NARCO ha descritto: una magnifica, costosa cattedrale nel deserto (o meglio, in fondo al mare), costruita su proiezioni di domanda e offerta che sembrano appartenere più al libro dei sogni che ai bilanci aziendali.
Domande e Risposte
Perché il progetto viene definito un “Elefante Bianco”?
Il termine indica progetti costosi con scarsa utilità pratica. Secondo l’analisi della NARCO, il costo del gasdotto potrebbe lievitare fino a 38 miliardi di dollari, mentre i ricavi generati sarebbero modesti a causa delle “tasse di transito” in natura pagate agli 11 paesi attraversati. Si stima che l’investimento richiederebbe 288 anni per essere recuperato, rendendolo economicamente insostenibile senza massicci sussidi esterni a fondo perduto.
Il gasdotto risolverebbe i problemi energetici dell’Europa?
Probabilmente no. Sebbene la capacità teorica sia di 30 miliardi di metri cubi, la quantità reale che giungerebbe in Europa sarebbe molto inferiore (circa 12 miliardi). Questo accade perché ogni paese di transito preleva una quota di gas. Inoltre, le riserve della Nigeria sono in declino e la sua domanda interna aumenta. Rispetto ai 44 miliardi di mc esportati dall’Algeria, il contributo di questo gasdotto sarebbe marginale.
Qual è il vero scopo del Marocco se il progetto non è redditizio?
Le motivazioni sono principalmente geopolitiche. Primo, consolidare la sovranità sul Sahara Occidentale facendo passare l’infrastruttura attraverso i territori contesi (hub a Dakhla). Secondo, competere con l’Algeria per l’egemonia regionale. Terzo, utilizzare il progetto come leva diplomatica con l’UE: presentandolo come motore di sviluppo per l’Africa Occidentale, il Marocco può richiedere finanziamenti europei sostenendo che l’opera aiuterà a frenare l’immigrazione illegale.









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