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Le grandi banche USA hanno un problema di crediti in sofferenza

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L’accumulo di crediti inesigibili minaccia di rovinare il crescente ottimismo degli investitori sulle prospettive delle maggiori banche statunitensi in occasione della pubblicazione dei risultati del quarto trimestre di questa settimana.
Secondo le valutazioni degli analisti di Bloomberg riportati da FT, negli ultimi tre mesi del 2023 i prestiti in sofferenza (debiti legati a mutuatari che non hanno effettuato pagamenti almeno negli ultimi 90 giorni) sarebbero saliti di ben 6 miliardi di dollari in un anno a 24,4 miliardi di dollari per i quattro maggiori istituti di credito statunitensi: JPMorgan Chase, Bank of America, Wells Fargo e Citigroup. 

Gli analisti stimano che gli utili delle banche si siano ridotti negli ultimi tre mesi del 2023, trascinati al ribasso da questi prestiti non pagati e dall’impatto persistente dell’aumento dei tassi di interesse, che ha fatto lievitare il costo dei depositi. Inoltre, a dicembre, alcune grandi banche hanno dichiarato di avere intenzione di sostenere una spesa una tantum entro la fine dell’anno per pagare una valutazione speciale imposta dalla Federal Deposit Insurance Corporation per recuperare i 18,5 miliardi di dollari che lo scorso anno i fallimenti della Silicon Valley Bank e della Signature sono costati al fondo assicurativo del regolatore.

In totale, si prevede che i guadagni delle sei grandi banche, tra cui Goldman Sachs e Morgan Stanley, siano scesi in media del 13% negli ultimi tre mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo porterà a dei forti tagli nei costi per mantenere la redditività, e questo significa licenziamenti. Citigroup, che è nel bel mezzo della sua più grande riorganizzazione da anni a questa parte, probabilmente si accollerà una spesa per coprire i licenziamenti e altre spese correlate. Wells Fargo il mese scorso ha dichiarato di voler accantonare 1 miliardo di dollari per i costi di licenziamento nel quarto trimestre.

Nonostante il previsto calo degli utili, gli investitori hanno acquistato le azioni delle banche, che sono salite del 20% dalla fine di ottobre, secondo l’indice KBW Nasdaq Bank. Ad alimentare il rally è stato il segnale della Federal Reserve, che alla fine dello scorso anno ha dichiarato di aver probabilmente finito di aumentare i tassi di interesse.

Ma anche se la pressione dei tassi di interesse si sta attenuando, un aumento dei prestiti non pagati potrebbe continuare a frenare i profitti delle banche. L’attuale livello di crediti in sofferenza è ancora inferiore al picco di 30 miliardi di dollari raggiunto durante la pandemia. Le grandi banche hanno dichiarato di ritenere che l’aumento dei debiti non pagati potrebbe rallentare presto. Nel terzo trimestre, alcune banche hanno ridotto la quantità di denaro accantonato per i futuri prestiti in sofferenza, i cosiddetti accantonamenti, ma se questo rallentamento delle sofferenze non si verificasse sarebbe un problema per la solidità delle banche.

Gli immobili commerciali, e in particolare i mutui su edifici per uffici meno pieni, sono stati uno dei maggiori fattori di aumento dei debiti problematici. I CRE saranno un problema nel 2024, dato che gli spazzi per gli uffici vengono comunque sempre meno utilizzati grazie al lavoro a distanza.

Più di recente, però, le morosità sono aumentate sui prestiti al consumo, in particolare sulle carte di credito e sui debiti automobilistici. Questo ha reso nervosi alcuni analisti, soprattutto perché le riserve che le banche stanno mettendo da parte per le perdite sui prestiti sono considerevolmente inferiori a quelle che hanno accantonato quando i prestiti in sofferenza sono aumentati all’inizio della pandemia. Quindi le banche dovranno accantonare cifre ben maggiori per far fronte ai mancati pagamenti dei prestiti. Una situazione che può essere un problema, se la crescita delle sofferenze dovesse continuare.


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