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Economia

L’Arabia Saudita si prepara a una guerra sui prezzi del Petrolio?

Articoli di Reuters e Bloomberg sembrano indicare che l’Arabia Saudita è pronta ad aumentare la produzione di petrolio e a farla aumentare anche all’OPEC+. Si va verso un calo dei prezzi del petrolio e a un’aumento della produzione?

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Il greggio WTI, benchmark statunitense, è in calo di quasi il 4% dopo che fonti citate da Reuters e Bloomberg hanno riferito che l’Arabia Saudita non solo è in grado di sostenere gli attuali prezzi bassi del petrolio, ma che la prossima settimana potrebbe annunciare un aumento della produzione per giugno.

Ecco il WTI come si presenta ora:


Mercoledì, Reuters ha citato cinque fonti anonime secondo cui i sauditi non hanno intenzione di stimolare i mercati petroliferi con ulteriori tagli all’offerta, poiché il bilancio di Riyadh può tollerare prezzi bassi prolungati.

Al contrario, le fonti suggeriscono che i sauditi potrebbero iniziare a produrre di più per conquistare ulteriori quote di mercato dopo aver sacrificato la produzione per i tagli volontari dell’OPEC+ per così tanto tempo.

Inoltre, Bloomberg ha citato mercoledì alcuni trader petroliferi secondo cui i sauditi spingeranno il cartello a un altro aumento dell’offerta la prossima settimana per giugno, e che questa volta sarà esponenzialmente maggiore.

“La storia dimostra che quando la leadership dell’OPEC+ decide di incoraggiare il rispetto degli accordi attraverso la pressione sull’offerta, non si ferma finché non raggiunge il suo obiettivo”, ha dichiarato mercoledì Bob McNally, presidente e fondatore di Rapidan Energy Advisers LLC ed ex funzionario dell’energia alla Casa Bianca, citato da Bloomberg.

All’inizio di questo mese, l’OPEC+ ha annunciato che avrebbe anticipato la prevista eliminazione graduale dei tagli volontari alla produzione di petrolio da parte del cartello, aumentando la produzione di 411.000 barili al giorno a maggio, pari a tre incrementi mensili. Questa mossa è stata la prima indicazione che i sauditi potrebbero essere pronti a rinunciare al loro ruolo di produttori di riserva, dopo aver compensato per troppo tempo i paesi che violano le quote dell’OPEC+, tra cui Kazakistan, Emirati Arabi Uniti e Iraq, che continuano a produrre in eccesso.

Secondo Bloomberg, gli operatori guardano anche alle motivazioni geopolitiche, con i sauditi che cercano di placare Washington, che ha chiesto all’OPEC di intervenire per abbassare i costi del carburante aumentando ulteriormente la produzione.

Mercoledì alle 13:31 ET, il greggio Brent era scambiato a 63,14 dollari, in calo dell’1,79%, mentre il greggio di riferimento statunitense, il West Texas Intermediate (WTI), era in forte calo del 3,53%, a 58,29 dollari.

Il calo dei prezzi del petrolio però rischia di ridurre l’incentivo dei produttori USA ad estrarre, qualcosa che non fa piacer a Trump, che vorrebbe mantenere al massimo la produzione petrolifera USA. Un problema di non facile solizione: i prezzi bassi contengono l’inflazione, ma disincentivano la produzione dello Shale Oil

 


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