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La via della libertà

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Al padre nobile di tutti I collettivismi, Karl Marx, si è rimproverato spesso, e non a torto, di aver toppato clamorosamente le previsioni su come sarebbe andata – se non finita, addirittura – la Storia. E cioè con il trionfo della Società senza classi e il crollo inesorabile, scientificamente inesorabile, del capitalismo. Ma vogliamo esaminare un’altra teoria, diametralmente opposta, smentita non dalla storia, ma addirittura dalla cronaca corrente? Farina del sacco del guru del liberismo, del più influente economista del XX secolo, del padre padrone, ideologicamente parlando, del pensiero contemporaneo: Friedrich Hayek. Costui è riuscito nel miracolo autentico di riunire sotto un’unica bandiera – la sua – la destra e la sinistra classiche, i capitalisti e i sindacati, la finanza rapace e la politica di vertice. Tutti persuasi del fatto che il liberismo sfrenato, la disinibita circolazione delle merci, la mitizzata prevalenza del privato sul pubblico, la deregulation spinta siano non solo olio nel motore economico ingolfato del mondo, ma anche l’unico dei mondi possibili, e vivibili.
 
Hayek ha reso ottuse, ottenebrandone le capacità critiche elementari, intere generazioni di presunti intellettuali che oggi spopolano soprattutto nei salotti delle emittenti televisive, radiofoniche, digitali che contano. Se osi dissentire, ti guardano col cipiglio severo e quell’aria insopportabile da sopracciò e, come minimo, ti becchi del populista fascio-comunista. Eppure, c’è una contraddizione così evidente e macroscopica, nel pensiero del gigante Hayek, che persino i suoi epigoni, nani servili, dovrebbero coglierla. L’economista austriaco, nell’opera del 1944 “La Via della schiavitù”, sosteneva la tesi che qualsiasi tentativo di intervento pubblico sull’economia avrebbe portato inevitabilmente a una pianificazione centralizzata e, per passi successivi, a un totalitarismo fascista e comunista. Ebbene, sotto gli occhi di tutti si sta verificando la situazione contraria. Nel laboratorio della UE – un modello ultra-competitivo di società (per pacifica ammissione dei suoi stessi fondatori e sostenitori) dove il neoliberismo non è una opzione, ma un dogma – siamo entrati in una delle economie più pianificate e collettivizzate della storia. Dove c’è addirittura una Commissione di contabili che si fa mandare i piani non quinquennali, ma financo semestrali, su come ogni singolo Stato sta facendo “andare” la sua economia. Roba da far impallidire persino i più rossi, e alti, papaveri del politburo sovietico.
 
Quindi, il turbocapitalismo in salsa europea ha dimostrato come Hayek si sbagliasse di grosso: estromettere in toto lo Stato dalla governance dell’economia può condurre proprio a quella via della schiavitù che Hayek temeva. Anzi, può degenerare in un delirio di pianificazione centralizzata persino peggiore di quella da cui Hayek ci metteva in guardia. Diciamo che la pianificazione non scompare: cambia solo di mano. Scippata agli stati, viene gestita giustappunto da quei Mercati che invocano libertà e che usano Commissioni e Consigli fantoccio con l’unico fine di garantire la sopravvivenza del loro sistema di iniquità, speculazioni e sopraffazione. Ora, confortati dall’evidenza dei suoi errori, cestiniamo Hayek come abbiamo fatto con Marx. Un’altra Storia è possibile.
 
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com

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