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La Transiberiana come ponte diretto USA-Russia: il piano riservato di Trump per le Terre Rare che scavalca Turchia ed Europa
Un piano audace per collegare l’Asia Centrale alla California via Transiberiana. Obiettivo: bypassare il ricatto turco, contenere la Cina e creare un asse diretto USA-Mosca che lascia Bruxelles fuori dai giochi.

La geopolitica è, prima di tutto, logistica. Chi controlla le rotte, controlla il mondo. In questo scenario, mentre l’Europa si attorciglia in regolamenti burocratici, si sta delineando un nuovo, sorprendente asse logistico ed economico che potrebbe definire il prossimo decennio. Al centro di tutto ci sono le Terre Rare (REM), vitali per la tecnologia moderna, e una rotta che sembrava dimenticata: la Transiberiana.
Donald Trump, con il suo approccio pragmatico e transazionale, ha già messo gli occhi sull’Asia Centrale. Durante l’ultimo vertice dei paesi centrasiatici a Washington, sono stati siglati accordi cruciali con Kazakistan e Uzbekistan. Ma c’è un problema: come portare queste risorse critiche in America? La risposta potrebbe non piacere ai falchi della NATO, né tantomeno a una Turchia sempre più ambigua.
Il vicolo cieco turco e il rischio “TRIPP”
Attualmente, l’unica rotta realistica per l’export di minerali dall’Asia Centrale verso l’Occidente passa per il Caspio, l’Azerbaigian e, inevitabilmente, la Turchia. È la cosiddetta “rotta di mezzo” o, come rinominata da alcuni analisti, il TRIPP (Trump Route for International Peace and Prosperity).
Sulla carta sembra perfetto, ma, nella realtà, presenta rischi enormi:
Dipendenza da Ankara: Affidarsi esclusivamente alla Turchia darebbe a Erdogan un potere di ricatto senza precedenti sugli Stati Uniti.
Deriva islamista: Una Turchia troppo potente potrebbe sentirsi libera di finanziare ulteriormente i Fratelli Musulmani o di avvicinarsi alla Cina, rompendo il contenimento americano.
Instabilità: Il Caucaso rimane una polveriera.
Gli Stati Uniti si troverebbero, paradossalmente, a passare dalla dipendenza energetica russa o manifatturiera cinese a una dipendenza logistica turca. Un errore che un’amministrazione realista non può permettersi. Se il contatto c’è, questo deve essere con il produttore, diretto, non con numerosi, pericolosi, passaggi.
La soluzione russa: Vladivostok chiama California
Ed è qui che entra in gioco l’impensabile, o meglio, la Realpolitik pura. Se il conflitto in Ucraina venisse congelato o risolto, si aprirebbe un’opzione logisticamente superiore: la rete ferroviaria russa.
L’idea, analizzata d Andrew Korybko, è affascinante nella sua semplicità economica. Invece di spingere le risorse verso ovest, attraverso colli di bottiglia instabili, le merci potrebbero viaggiare verso est, sulla Transiberiana (TSR), fino al porto di Vladivostok. Da lì, la rotta marittima verso gli hub tecnologici della California è diretta, sicura e priva di intermediari “capricciosi”.
Questa soluzione offre vantaggi strutturali innegabili:
| Caratteristica | Rotta Turca (TRIPP) | Rotta Russa (Transiberiana) |
| Intermediari | Molteplici (Azerbaigian, Georgia, Turchia) | Uno solo (Russia) |
| Sicurezza | Bassa (tensioni nel Caucaso) | Alta (infrastruttura consolidata) |
| Destinazione | Europa/Atlantico | Pacifico/California (Tech Hub) |
| Rischio Geopolitico | Ricatto turco / Islam politico | Interdipendenza USA-Russia |
Il Direttorato Mondiale e l’esclusione dell’Europa
Questa visione si sposa perfettamente con l’idea di un “Direttorato Mondiale” (o un nuovo C5 globale) caro a certi ambienti trumpiani: grandi potenze che gestiscono i propri interessi direttamente, senza il filtro di istituzioni multilaterali divenute obsolete.
Creare un’interdipendenza strategica tra USA e Russia servirebbe a due scopi fondamentali:
Contenimento della Cina: Se gli USA acquistano risorse russe e centro-asiatiche, queste vengono sottratte a Pechino. Una Russia integrata economicamente con il Pacifico americano è una Russia meno dipendente dal Dragone.
Sviluppo della Siberia: Questo flusso commerciale sosterrebbe il piano di sviluppo di Putin per l’Estremo Oriente russo e l’Artico, offrendo al Cremlino un’alternativa economica reale alla vassallizzazione cinese.
In tutto questo, l’Europa è la grande assente: mentre Bruxelles discute di sanzioni e green deal, Washington e Mosca potrebbero ristabilire un collegamento fisico diretto che salta completamente il Vecchio Continente. Le risorse mongole, kazake e siberiane viaggerebbero sui binari russi per alimentare la Silicon Valley, creando un asse del Pacifico del Nord che lascia l’Europa a guardare dalla finestra, irrilevante e aggirata.
Sarebbe l’applicazione finale del pensiero keynesiano applicato alla geopolitica: investire in infrastrutture reali per creare legami economici indissolubili che prevengano i conflitti, ma alle condizioni delle grandi potenze. Un’ironia della storia che vedrebbe la “vecchia” ferrovia zarista diventare l’arteria vitale della tecnologia americana del XXI secolo.
Domande e risposte
Perché gli USA dovrebbero fidarsi della Russia per il trasporto di materiali strategici?
Non si tratta di fiducia, ma di interesse reciproco e diversificazione. Affidarsi solo alla Turchia è rischioso quanto affidarsi alla Cina. Una rotta russa creerebbe un equilibrio: Mosca ha bisogno di vendere e di non essere vassalla di Pechino, mentre Washington ha bisogno di terre rare a prezzi competitivi. Creare una “interdipendenza strategica” riduce il rischio di nuovi conflitti diretti, poiché entrambe le parti avrebbero troppo da perdere economicamente. È la base della détente commerciale.
Che ruolo ha la Cina in questo scenario?
La Cina è il “convitato di pietra”. Attualmente, Pechino beneficia di risorse russe a basso costo a causa delle sanzioni occidentali. Se gli USA riaprissero il commercio via Transiberiana, entrerebbero in competizione per quelle risorse, alzandone il prezzo e negando alla Cina l’esclusiva. Questo rallenterebbe l’ascesa tecnologica e militare cinese. L’obiettivo americano è evitare che la Russia diventi definitivamente un magazzino risorse esclusivo per l’industria cinese.
L’Europa ha un ruolo in questo nuovo asse logistico?
Sostanzialmente no. Il piano descritto taglia fuori l’Europa sia geograficamente che politicamente. La rotta Transiberiana-Pacifico collega direttamente le fonti di materie prime (Eurasia centrale) con i centri di trasformazione (USA/California), rendendo l’Europa un mero spettatore. Questo evidenzia l’irrilevanza strategica dell’UE nelle visioni di un possibile “direttorato” globale basato sugli interessi nazionali delle superpotenze, che preferiscono accordi bilaterali diretti.








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