Analisi e studi
LA SPESA SANITARIA IN GERMANIA (di Valerio Franceschini)
Dopo il post sul Sistema Sanitario del Giappone, Valerio Franceschini passa all’analisi della sanita’ in Germania.
La spesa sanitaria in Germania, ma in generale tra tutti i paesi dell’OCSE, è stata argomento di studio e dibattito per lungo tempo. Sin dalla nascita degli stati del Welfare, l’interesse per lo sviluppo della gestione della spesa sanitaria ha impegnato i vari governi dell’UE sia singolarmente che collettivamente. Si è preferito un management mirato ad una più efficiente gestione dei costi, optando per un giusto equilibrio fra crescita e qualità dei servizi, fra ricerca e sviluppo e soddisfazione del cittadino. Tra i tanti studi che si sono svolti, uno dei più esaustivi è stato pubblicato dal Gruppo Intesa San paolo, che ha studiato l’andamento storico di alcuni indicatori in merito alla gestione sanitaria dei paesi europei.
Il primo elemento riportato è l’evoluzione della spesa, in milioni di euro. In particolare, la Germania, dal 2005 al 2008 è passata da 239,736 a 263,219 milioni di euro impiegati alla tutela della salute nazionale. Nonostante la dimensione di spesa sanitaria che, indicizzata rispetto alla popolazione rappresenta una delle più elevate, la variazione dell’incidenza sul PIL è stata negativa (-1,36). Il trend non è da intendere come mancanza di attenzione finanziaria verso le istituzioni sanitarie, ma come ridimensionamento dei costi gestionali; inoltre la grande crisi che ha colpito l’economia mondiale ha portato i governi centrali ad adottare politiche anticicliche in modo da ridurre i danni del fallimento del mercato dei mutui sub prime; ma, in riferimento allo scenario internazionale, tra le grandi potenze occidentali l’andamento tedesco è di controtendenza, essendo l’unica nazione a registrare un trend negativo. Per meglio comprendere come la spesa sanitaria, e in particolare le sue oscillazioni, influenzino il benessere generale, bisogna analizzare innanzitutto come l’impegno delle risorse nel settore sanitario generino valore aggiunto lordo sul PIL. Dal 1995 al 2005 l’indicatore sanità/ Pil dimostra che all’aumento della spesa è corrisposto un aumento del valore aggiunto, sia diretto che esteso, più che proporzionale e che è andato via via aumentando nel corso degli anni. Questo è stato possibile grazie alla diversificazione creata in termini di domanda dei servizi. I fattori che compongono la curva di domanda del settore sanitario sono principalmente rappresentati dai consumi intermedi delle strutture e degli utenti, dalla domanda privata dei cittadini, dalla domanda pubblica, in altre parole dalle strutture e dagli enti locali, dalla domanda delle istituzioni no-profit, dagli investimenti nel settore, dalle esportazioni.
In tutti i casi, si è visto un intensificarsi della crescita delle singole domande. In ogni caso la rilevazione più indicativa è sicuramente quella sull’evoluzione della diversificazione della domanda che dal 43,85 per cento del 1995, nel 2005 ha raggiunto il 49,1% segnando una progressione costante lungo tutto il decennio. Diversi Stati hanno evidenziato frequenti oscillazioni, o addirittura mancato raggiungimento dei livelli minimi di eccellenza per quanto riguarda il parametro di riferimento.
Un altro aspetto interessante, per quanto concerne lo studio della spesa sanitaria, è il confronto tra le quantità di denaro impiegato nel settore e l’effettivo miglioramento del benessere della comunità, in termini di attese di vita alla nascita e aspettative future. Dalla fine degli anni sessanta fino ad oggi la percentuale d’incidenza della spesa sanitaria sul PIL è sempre stata caratterizzata da un costante aumento, fatta eccezione per il boom degli anni novanta, crescendo dal 6 al 10,5 percento in un quarant’anni.
L’ avanzare della spesa e quindi di una maggiore disponibilità per il miglioramento delle strutture, della classe lavorativa e in generale dell’intero settore, coincide in primis con l’ampliamento del coverage pubblico, anch’esso maturato da un 72,8 per cento, ottimo punto di partenza se si pensa che il periodo di riferimento è immediatamente dopo il dopoguerra, fino al 76,8 per cento del 2009, che, anche se non rappresenta un risultato eccellente, descrive comunque un lento ma costante innalzo della percentuale rispetto agli anni precedenti.
In concorrenza con altri fattori come l’alimentazione, le nuove tecnologie, uno stile di vita prevalentemente più sano e crescenti importi di risorse alla sanità, hanno creato inoltre attese di vita sempre più elevate. Nel 1960 le attese di vita per un neonato erano di 69,1 anni e quelle di un anziano di sessantacinque anni di 12,2. Nel 2009 le stesse categorie riportavano rispettivamente i seguenti dati: 80,2 e 18,0. Non si può naturalmente limitare il merito unicamente all’aumento di disponibilità delle istituzioni, ma non si può neanche tralasciare il rilevante importo che la crescita imprenditoriale ha generato.
In conclusione la spesa sanitaria è influenzata da cinque aggregati di variabili interrelati tra loro:
- Demografia, epidemiologia, morbilità;
- Andamento dei costi di produzione (inflazione settoriale);
- Progresso scientifico e tecnologico (che aumenta i costi e sollecita la domanda di prestazioni);
- Crescita economica e sociale, con ampliamento della nozione di salute e della domanda di prestazioni;
- Assetto istituzionale e regolamentare.
È soprattutto nel medio – lungo periodo che si manifestano le connessioni endogene tra spesa sanitaria e altre variabili economico-sociali, di difficile standardizzazione e quantificazione, ma con effetti potenziali di rilievo sia sul livello assoluto di spesa sia sulla sua sostenibilità finanziaria: le scelte di pensionamento, la partecipazione al mercato del lavoro, la produttività del lavoro, la produttività totale dei fattori, i tassi d’interesse, la crescita economica.
Inoltre, gli andamenti di spesa sono influenzati da variabili country-specific, per le quali non è possibile definire effetti certi. Ad esempio, non è possibile stabilire una relazione univoca tra andamenti di spesa e organizzazione in senso federalista del sistema sanitario. Se sul piano teorico generale l’avvicinamento al cittadino e al territorio dei centri decisionali e di spesa tende a migliorare la responsabilizzazione individuale e l’efficienza gestionale, il concreto esplicarsi di questi effetti dipende dalle caratteristiche specifiche del disegno istituzionale e degli strumenti adottati per la governance.
Un altro snodo critico è quello dell’elasticità della spesa rispetto al reddito e al PIL. Nella letteratura empirica il parametro assume valori nell’intervallo [0; 1,5]. Negli ultimi vent’anni, in particolare, in tutti i paesi industrializzati sono state adottate misure di stabilizzazione che hanno influenzato significativamente l’andamento della spesa sanitaria rispetto al PIL. Proprio l’elasticità al reddito/PIL si presenta come uno dei fattori di maggiore incertezza nelle proiezioni della spesa sanitaria. Dal quadro principale, è evidente che proiezioni incentrate sulla sola demografia catturino solo una frazione dei driver di spesa. Nella versione base, la proiezione dell’impatto di lungo termine della demografia sulla spesa si sostanzia nella stima, con i dati di contabilità sanitaria più recenti, del profilo dei consumi sanitari per sesso e fasce di età; in seguito, al consumo pro-capite si applica un tasso di crescita annuale nominale pari, alternativamente, a quello del PIL pro-capite o del PIL per lavoratore attivo.
Infine, il consumo pro-capite ottenuto per i vari anni della proiezione è moltiplicato per la numerosità del relativo gruppo sesso/età, così come ricavabile dalle più aggiornate proiezioni demografiche (Eurostat e ISTAT). Tuttavia, per quanto sopra evidenziato, la versione base delle proiezioni deve essere integrata contemplando tassi di crescita del consumo pro-capite non necessariamente allineati a quelli del PIL pro-capite (o per lavoratore attivo), e tenendo conto anche del progressivo miglioramento dello stato di salute nelle diverse fasce di età.
Valerio Franceschini
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