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La scienza ci salverà. Ma chi ci salverà dalla scienza?

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Abbiamo appreso, con grata commozione, del nuovo libro del Professor Burioni il cui titolo suona così: “Virus, la grande sfida – dal coronavirus alla peste: come la scienza può salvare l’umanità”. È più forte di me, sapete. Quando qualcuno mi annuncia la salvezza, non riesco a trattenere le lacrime. Mi succedeva fin da piccolo se davano in tv qualche episodio di Superman o dei Magnifici 4 e, immancabilmente, il mondo veniva salvato (da Superman o dai Magnifici 4, è sottinteso) prosciugandomi le ghiandole oculari.

Poi ho cominciato ad appassionarmi a western e  fantascienza, e giù a piangere di gioia nel vedere la nuova frontiera salvata dai soldati blu contro gli infidi pellerossa, o la terra salvata dai marines contro i subdoli marziani. Poca roba, eh: pellerossa e marziani al Coronavirus gli fanno una pippa, si sa. Ma poi, in effetti, la salvezza arrivava spesso proprio da scienziati che a volte, addirittura, si immolavano per l’umanità. Tu perdevi qualche scienziato, ma ti veniva risparmiata la vita. Da metterci la firma, anche adesso.

Comunque, lo confesso, ho pianto allora, di infantile entusiasmo, e piango ora, di matura gratitudine, nell’apprendere che la “Scienza” ci salverà. Però, però. Però confesso anche un dubbio malandrino: esaurite le lacrime, mi ha colto una virale inquietudine e un diavoletto ha suggerito il nome di un bel po’ di scienziati i quali, fossero vivi, avrebbero avuto di che obbiettare sulla scienza che ci salverà, eccetera eccetera. Parlo degli innumerevoli dottor Stranamore responsabili di milioni di “scientifiche” nefandezze.

Tipo, così a caso, il creatore del Talidomide, gli ideatori della bomba atomica, i brevettatori di apparecchi  con radiazioni ionizzanti, l’inventore della dinamite; il quale ultimo si chiamava Alfred Nobel e –  giusto per farsi perdonare la propria letale trovata –  istituì il Premio che porta il suo nome. Tutti costoro erano scienziati, anzi grandissimi scienziati. E ciascuno di essi ha dato il suo piccolo o grande contributo a guerre, omicidi, malattie, devastazioni, mutilazioni e quant’altro di peggio possa venirvi in mente. Significa che la scienza è cattiva? Giammai. Ma significa, senz’altro, che “Scienza” non fa rima con “Bene”, e tantomeno con “Salvezza”.

Se dalla scienza può venirci qualche speranza di “salvarci” (qualunque cosa intendano gli attuali scienziati missionari della “salvezza” universale), dalla stessa scienza possono scaturire anche innumerevoli motivi di disperazione. Dobbiamo ribellarci a tutti i costi, e con ogni mezzo, all’equazione mediatica: Superscience = Superman. Per riuscirci, basterebbe rispolverare uno dei più grandi filosofi (epistemologi) di fine Novecento, Paul Feyerabend. Ma Feyerabend – molti nostri “scienziati” – pensano sia un centravanti del Manchester City.

In realtà, costui è l’autore di questo immortale epigramma che andrebbe scolpito, a lettere d’oro, sul frontespizio di tutti i secolari templi “scientisti”: “I moderni dottori “scientifici” sono come dittatori fascisti che impongono le loro idee di salute e di malattia con il pretesto di una terapia che, nella maggior parte dei casi, è un esercizio di futilità”. La morale, alla fine, è semplicissima: se la scienza ha la pretesa di salvarci, chi ci salverà dalla scienza e dagli scienziati? Solo la politica, la democrazia, il diritto e la morale. Tutte materie che, per troppi scienziati, valgono quanto l’ora di ginnastica o di religione. Ma forse hanno ragione loro: non sono abbastanza “scientifiche”.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com


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