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LA SAGA DEI DE BENEDETTI, LA VICENDA BIO ON E LA CONSOB CHE RESTA A GUARDARE (Di Luigi Luccarini)

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Sono storie così ordinarie nella nostra (povera) Borsa e nel nostro (disastrato) panorama imprenditoriale che alla fine neanche ci si fa più caso.

E invece si dovrebbe.

Ma nello stesso tempo ci si chiedere perché mai Consob che dovrebbe vigilare su vicende di questo genere e intervenire prontamente, si limita spesso a guardare lo svolgersi degli eventi, ad aprire istruttorie che durano il tempo per vederli interamente consumati e (forse) a comminare poi inutili sanzioni quando i giochi sono fatti e qualcuno ci ha rimesso le penne – i soli noti, gli investitori del cosiddetto Parco Buoi.

Noi, in altre parole.

 

E ancora fresca la questione Bio On, la bruttissima storia dell’azienda bolognese attiva nel settore delle bio-plastiche, accusata senza mezzi termini da un fondo internazionale di aver truccato i bilanci e che nel giro di 3 mesi ha visto scendere il proprio valore di quasi il 90%, senza che ancora si sia capito chi abbia ragione nella diatriba e soprattutto chi intenda indagare e come.

E’ così fresca che nessuno sentiva il bisogno di un’altra “storia all’italiana” del tipo di quella che ci apprestiamo a vivere con il gruppo GEDI.

Che non è esattamente l’ultimo arrivato, in Borsa.

Visto che è l’erede del fu Editoriale l’Espresso che a Piazza Affari ha una storia mica da ridere. Fatta di sua inclusione nel Mib30 (allora si chiamava così l’indice delle società a maggior capitalizzazione)  e di valori azionari che nel pieno della “bolla internet” arrivarono fino al prezzo di 20 Euro/azione.

Correva l’anno 2000, quasi 2001.

Oggi il titolo, che nel frattempo ha incorporato anche La Stampa, è sceso a 0,25 centesimi.

Anzi era quanto valeva fino a domenica, quando improvvisamente sul GEDI dimenticato dai più (scambiava negli ultimi 3 mesi una media di 300.000 azioni, pari ad un volume irrisorio di 75.000 Euro al giorno) è uscita “la” notizia in grado di resuscitare anche un morto.

Voi penserete al classico “cavaliere bianco” che decide di acquistare l’azienda offrendo al mercato un prezzo superiore a quello corrente.

E invece no.

Succede che GEDI, notoriamente di proprietà del gruppo De Benedetti, arrivi un’offerta proveniente da… De Benedetti.

Ma non stupitevi: le cose, formalmente, sono a posto.

Perché GEDI, così come la sua controllante CIR, così come la su controllante COFIDE non sono più dell’Ingegner Carlo De Benedetti, ma dei figli, che gestiscono quello che fu l’impero finanziario del padre mediante una holding – la F.lli De Benedetti Sapa – a cui il papà, da buon padre di famiglia, “regalò” i pacchetti azionari di controllo delle sue storiche aziende nel 2013.

Operazione che magari ai tempi sarà sfuggita ai più, ma che aveva un suo significato.

Segnava infatti una sorta di “buen retiro” dell’Ingegnere, “bruciato” dall’operazione Sorgenia, l’azienda elettrica che avrebbe dovuto far tremare ENEL e che invece finì per far venire la dissenteria alle banche sue creditrici quando le sue passività sono arrivate a quasi 2 miliardi di Euro e quelle sono state costrette ad assumersene la gestione per salvare il salvabile.

Dovendo contare peraltro sofferenze mica da ridere, ad esempio il Monte dei Paschi circa 600 milioni, che hanno certo contribuito alla crisi senza fine dell’Istituto di Siena ed al conseguente intervento dello Stato (dei nostri soldi quindi) per salvare il salvabile, eccetera…

Ma questa è un’altra storia, vale solo la pena sottolineare che Sorgenia è ancora là dove l’avevamo lasciata.

Un “crostino” in mano alle banche creditrici, che ancora aspettano di sbolognarlo a qualcuno.

Quel che qui ci interessa è che l’Ingegner Carlo Del Benedetti sembrava davvero essersi rassegnato da quel 2013 al ruolo del pensionato (d’oro, neanche a dirlo) abbandonando di fatto ogni velleità imprenditoriale e cessando ogni incarico nelle sue ex aziende, tutte nelle mani dei figli, che però non hanno dimostrato grandi capacità nel ramo editoriale, facendo perdere a GEDI circa l’80% del proprio valore residuo.

 

Di qui (forse) la sua decisione di scendere nuovamente in campo, in fondo già anticipata dall’intervista concessa un mese fa circa a Ottoemezzo nella quale quasi faceva intendere di essere stato lui il vero deus ex machina dei cambiamenti in corso a Repubblica e non aveva risparmiato critiche al management estromesso – in particolare Eugenio Scalfari e l’ex direttore Calabresi.

 

Quindi, domenica 13 ottobre, l’affondo decisivo. La sua rivelazione alla Agenzia Ansa di aver predisposto di venerdì un’offerta di acquisto cash del 29,9% di GEDI direttamente a CIR, società proprietaria del 45% del gruppo editoriale.

Al prezzo di 0,25 centesimi, cioè quello della chiusura di Borsa del precedente giovedì.

Offerta sottoposta alla condizione di un’uscita di scena dei suoi figli dalle cariche amministrative, nelle quali andavano però confermati Elkann (per Exor) e Perrone (Mercurio/Secolo XIX).

Insomma, in apparenza, un atto di sfiducia verso la prole.

Al quale i tre rampolli hanno subito opposto un netto rifiuto, per tramite di un comunicato stampa CIR dichiarando l’offerta “inadeguata”.

Al quale l’Ingegnere con un successivo comunicato stampa ha risposto accusandoli senza mezzi termini di “incompetenza”.

Tutto di domenica, tutto riportato in real time da Repubblica

Domanda: ma non potevano padre&figli incontrarsi a pranzo e discutere della faccenda, che già tutti loro conoscevano da venerdì, davanti ad un piatto di fettuccine ed un bicchiere di vino rosso?

Risposta: vuoi mettere il rumore che fa l’idea di una saga familiare per il controllo di un azienda che il mercato da un pezzo dà per bollita e su cui nessuno scommette più un Euro? E quanto il rumore può generare in termini di maggior sua quotazione su quello stesso mercato?

Meglio il feuilleton, senza dubbio.

Ancora meglio se a puntate.

Perché il canovaccio è semplice.

Io, papà, vi offro il prezzo attuale di Borsa.

Voi, figli, mi rispondente che a quel prezzo non se ne parla, perchè l’azienda vale molto di più.

Io vi obietto che forse è così, anzi sicuramente, visto che proprio per questo ve la voglio togliere di mano, perché vale molto di più e voi siete incapaci a sostenerne le quotazioni.

Tutto avviene alla luce del sole, con ampio risalto sulla stampa, soprattutto la nostra.

In attesa di altre puntate, il pubblico intanto, già elettrizzato, inizia a muoversi in denaro sul titolo, che infatti il lunedì apre in forte rialzo.

Certo sarebbe molto più semplice se io lanciassi un’OPA sul titolo, o lo iniziassi a rastrellare azioni comprando dal cosiddetto flottante (ce ne è a sufficienza per soddisfarmi) ma così sarei obbligato ad offrire più di 0,25 centesimi e poi dovrei davvero acquistare e quindi sborsare soldi.

Così invece mi limito a fare rumore, a spingere in su la quotazione e magari poi abbandono l’idea dell’acquisto perché il titolo si è spinto troppo oltre le mie possibilità di investimento.

Guardate figli miei, già stamattina è a +14% con volumi di contrattazione 10 volte tanto quelli medi degli ultimi 3 mesi.

Ed anche voi avete bisogno di sostenere il titolo perché GEDI ha in pancia oltre il 4% di azioni proprie ad un prezzo di carico incomparabile con le quotazioni attuali

Fantafinanza? Possibile, ma resta il fatto che l’ipotesi di una saga interna alla famiglia De Benedetti fa un po’ sorridere. E che gli effetti che si sono realizzati sul mercato fino ad ora sono esattamente quelli che i fatti di domenica lasciavano presagire.

C’è poi la questione Romed, la finanziaria di proprietà dell’Ingegnere, quella che ha formulato l’offerta di acquisto cash per circa 37 milioni di Euro, che non sta attraversando un particolare momento di forma stando alle ultime notizie che la riguardano. Al punto da far legittimamente dubitare che quel denaro sia realmente disponibile in breve tempo 

Insomma tanti validi motivi per restare quantomeno perplessi non tanto sui comportamenti dei De Benedetti, padre&figli, che senza scomodare l’icona di Gordon Gekko in qualche modo “ci stanno” in un mercato di Borsa dalle dimensioni un po’ rionali, come è ormai diventato quello italiano.

Ma che in qualche modo chiamano in causa l’inazione di Consob visto che condizioni e termini che l’Ingegnere aveva apposto alla sua offerta apparivano così ristretti da far subito dubitare della sua possibile realizzazione.

E che l’idea di una saga interna alla famiglia De Benedetti, pare contro figli, continua a fare un po’ sorridere.

Ma così continuano ad andare le cose nell’Italietta nostra nella giornata in cui anche Bio On fa segnare un +17% di tutto rispetto.

I titoli non si sospendono. I chiarimenti possono attendere. La Borsa in fondo è una “scommessa”. Ben gli sta o mal gli sta a chi vi si avvicina

Non a caso secondo le più recenti indagini l’analfabetismo finanziario nel nostro paese è arrivato a toccare il 74% dei nostri concittadini, con gli italiani sempre al 63° posto nel mondo per educazione finanziaria, DOPO paesi come il Senegal ed il Madagascar.

Così è, se vi pare. Ed anche se non vi pare.

 

LUIGI LUCCARINI

 

@luigiluccarini

 

  

 

 

 

 


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