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LA RIPRESA CHE NON C’E’ (di Giuseppe PALMA)

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Sarò breve.
Secondo i recenti dati diffusi dall’ISTAT, dal mese di settembre 2014 al mese di settembre 2015, i posti di lavoro in più (al netto delle trasformazioni contrattuali dovute all’entrata in vigore del Jobs Act) sono circa 129.000.

Bene! Sulla base di questo dato, il Governo e la maggioranza parlamentare esultano e gridano che c’è la ripresa!

A parte il fatto che, come ho già evidenziato in altri miei articoli, prima del Colpo di Stato del novembre 2011 il tasso di disoccupazione era all’8,4% mentre oggi è intorno al 12% (il 2015 dovrebbe chiudersi con il tasso di disoccupazione al 12,2%), vi sono ulteriori circostanze che dovrebbero far riflettere. L’aumento dei posti di lavoro in un anno (129.000 in più da settembre 2014 a settembre 2015) vanno letti soprattutto alla luce dei seguenti aspetti:

NONOSTANTE…

  • la decontribuzione per i neo-assunti in vigore dal 1° gennaio 2015 (a partire dal 1° gennaio 2016 sarà più che dimezzata), costata alle casse dello Stato circa 12 miliardi di euro (spalmati nel triennio in cui la decontribuzione medesima trova applicazione), cioè equivalenti al valore di ben 3 punti percentuali di IVA;
  • la radicale riforma del mercato del lavoro per effetto della quale nel marzo 2015 sono entrati in vigore i primi due decreti attuativi del Jobs Act, il quale, se da un lato rende solo formalmente il rapporto di lavoro meno precario, dall’altro riduce notevolmente le garanzie contrattuali e di legge in favore del lavoratore, rendendo nella sostanza il rapporto di lavoro a “precarietà illimitata”;
  • il Quantitative Easing di Draghi che inietta liquidità a partire da marzo 2015;
  • il basso prezzo del petrolio;
  • gli 80 euro in più in busta paga;
  • la completa informatizzazione della giustizia civile (con l’entrata in vigore del processo civile telematico obbligatorio sia per le cause in primo che in secondo grado);
  • la riforma della legge elettorale (Italicum);
  • l’elaboranda riforma della Parte Seconda della Costituzione che sta per essere portata a compimento (la quale, tra tutti i gravi aspetti di criticità che presenta, uccide vigliaccamente l’ampio concetto di democrazia costituzionale insito nella Carta del 1948);
  • i pugni sul tavolo che Renzi ha (avrebbe) battuto a Bruxelles;
  • la presidenza italiana del semestre europeo (luglio – dicembre 2014);
  • la (finta) maggiore flessibilità concessaci dall’UE (si fa per dire, visto che siamo costretti a restare comunque al di sotto del tetto del 3% del rapporto deficit/PIL, a differenza di Francia, Spagna e Inghilterra che viaggiano – già da parecchi anni – sopra il predetto limite)

i posti di lavoro – in un anno – sono aumentati di sole 129.000 unità!!! Dato che, oltre ad essere letto alla luce delle predette circostanze, andrebbe comparato con i posti di lavoro persi nei sei anni di crisi economica, vale a dire circa 900.000!!! (Fonte: Unimpresa).

Se per salvare l’€uro (che impedisce di sfruttare la leva della svalutazione monetaria) si è dovuto svalutare il lavoro (Riforma Fornero e Jobs Act) e massacrare la democrazia costituzionale, allora si può benissimo sostenere che non ne valeva la pena! Se a fronte di tutte le circostanze di cui sopra l’aumento dei posti di lavoro è solo di 129.000 unità in un anno, cosa accadrà nei prossimi anni visto che la decontribuzione verrà più che dimezzata e non c’è quasi più nulla da “riformare” se non qualche altro intervento criminale che miri al massacro dello stato sociale e della libertà?

Ma siamo proprio sicuri che le cosiddette “riforme strutturali” servivano al popolo e non a qualcun altro???

Esulta popolo, esulta… c’è la ripresa!!!

 

Giuseppe PALMA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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