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La nave che si finse isola per salvarsi dall’affondamento

La Abraham Crijnssen era una semplice dragamine, destinata ad essere affondata in guerra, ma un colpo di genio salvò nave ed equipaggio

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Che coss’è il genio, se non improvvisazione. Questa frase, presa da Amici miei, è tanto più vera quando si è in guerra e ci si trova ad affrontare una situazione impossibile. In queste situazioni l’ingegno  e la disperazione danno delle idee apparentemente folli, ma che si rivelano geniali, come travestire una nave da guerra da isola tropicale.

Negli anni 30 la marina olandese vara il dragamine HNLMS Abraham Crijnssen. Una nave non particolarmente armata, piccola, con solo tre cannoni da 76 mm e un paio di mitragliere antiaeree da 20 mm. Con 15 nodi di velocità era, appunto, adatta ad occuparsi di mine, non sicuraamente a uno scontro navale.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale si trovava in quelle che allora erano le Indie Orientali olandesi, l’attuale Indonesia. Nel 1942, questo teatro era diventato uno dei palcoscenici centrali della guerra, testimoniando il confronto diretto tra gli Alleati e l’Impero giapponese. La portata e la complessità della guerra nel Pacifico erano senza precedenti, con distanze enormi tra le isole e una logistica di guerra impegnativa.

Giava, in quanto parte delle Indie Orientali Olandesi, aveva un valore strategico significativo. Ricca di risorse naturali, in particolare petrolio, gomma e stagno, era un premio ambito dai giapponesi per alimentare la loro macchina da guerra e i loro sogni espansionistici. La sua posizione fungeva anche da barriera, impedendo ai giapponesi di avanzare a sud verso l’Australia e il Pacifico più ampio.

All’inizio del 1942, la situazione per gli Alleati nel Sud-Est asiatico si stava deteriorando rapidamente. I giapponesi avevano lanciato una serie di campagne di successo, tra cui la rapida conquista delle Filippine, della Malesia britannica e di Singapore. Questa rapida avanzata significava che Giava era minacciata in modo imminente.

La Battaglia del Mare di Giava, che ebbe luogo alla fine del febbraio 1942, fu un tentativo disperato da parte di una flotta alleata combinata, chiamata ABDA, (composta da navi americane, britanniche, olandesi e australiane) di fermare l’avanzata giapponese. Una forza sulla carta notevole, ma mal comandata, poco addestrata e coordinata.

Nonostante la loro coraggiosa resistenza, gli Alleati furono superati in manovra e in armamento, con perdite significative.  La forza ABDA fu spazzata via e Giava venne facilmente invasa e conquistata

Con Giava sotto controllo giapponese restava solo la HNLMS Abraham Crijnssen. Si trattavadi fuggire verso l’Australia, ma con 15 nodi di velocità non c’era nessuna possibilità di salvarsi dai veloci cacciatorpedinieri e incrociatori giapponesi, per non parlare della minaccia aerea. Che fare?

La coraggiosa fuga dell’Abraham Crijnssen

All’ombra della prepotente avanzata giapponese e con lo sfondo della Battaglia del Mare di Giava, persa di recente, la situazione per le navi alleate rimaste nella regione, compresa la HNLMS Abraham Crijnssen, era diventata incredibilmente non più sostenibile.

I mari che circondavano Giava erano ora pieni di navi da guerra, sottomarini e aerei giapponesi, che cercavano attivamente di neutralizzare qualsiasi presenza navale alleata rimasta.

La Abraham Crijnsen camuffata da isola

Di fronte a queste probabilità, l’equipaggio della Crijnssen dovette pensare fuori dagli schemi, dando vita a una delle tattiche di fuga più creative della storia della marina.  Utilizzando il paesaggio naturale a proprio vantaggio, l’equipaggio escogitò un piano per camuffare il dragamine. 

L’obiettivo era quello di far assomigliare la Crijnssen a un’isola piccola e poco appariscente da lontano. Per questo l’equipaggio tagliò rami e perfino piantò alberì sulla nave, dipingendo lo scafo non coperto di vegetazione color rocce e spiaggia, Per gli aerei nemici che volavano sopra la testa o per le navi lontane che scrutavano l’orizzonte, il Crijnssen mascherato si sarebbe, in teoria, confuso perfettamente con le molte altre isole e isolette che punteggiano la regione.

Un particolare della mimetizzazione

Di giorno, si ancoravano vicino alle coste delle isole e coprivano la nave con la vegetazione locale, come rami di alberi e cespugli.Una volta calata la notte, sotto la copertura protettiva dell’oscurità, il dragamine salpava, avvicinandosi alla sua destinazione. Questo movimento notturno permetteva alla Crijnssen di evitare l’individuazione, in quanto i giapponesi avevano meno probabilità di vederla in  movimento. Certo, qualche sentinella si sarà stupita di vedere un’isola la sera che, al mattino, non c’era più.

Per otto giorni e notti pieni di tensione, questa delicata danza di mimetizzazione di giorno e di navigazione prudente di notte continuò. Ogni alba portava una nuova sfida per trovare un punto ideale per l’occultamento, e ogni tramonto annunciava un altro viaggio attraverso acque pericolose. Gli sforzi meticolosi dell’equipaggio, uniti a un pizzico di fortuna, fecero sì che la Crijnssen riuscisse a eludere l’individuazione giapponese durante tutto il suo viaggio.

La nave arrivò a Fremantle, in Australia Occidentale, il 20 marzo 1942, l’ultima nave a fuggire da Java e l’unica nave della sua classe nella regione a sopravvivere.

Proseguì la guerra prima al servizio della marina Australiana, poi ancora di quella Olandese. Negli anni cinquanta, quando gli olandesi abbandonarono l’Indonesia, tronò in patria. Radiata negli anni settanta non fu demolita, ma divenne una nave museo, in ricordo delle sue curiose imprese.

la Abraham Crijnseen trasformata in nave museo

 


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