Attualità
La fusione dei Comuni: vantaggi reali o perdita d’identità? di Roberta Mucciante
La fusione, nell’ordinamento statale e secondo i canoni del diritto amministrativo italiano, rappresenta l’unione fra due o più comuni contigui ed è disciplinata dal Testo Unico degli Enti Locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. La materia in parola è trattata, nello specifico, all’articolo 15 del suddetto testo unico secondo cui, ad eccezione delle fusioni tra più comuni, non possano esserne istituiti di nuovi con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti. Secondo quanto sancito agli articoli 117 e 133 della Costituzione della Repubblica Italiana, dette modificazioni devono essere deliberate dalla Regione – sentite le popolazioni interessate – nelle forme previste dalle leggi regionali.
Il processo di fusione di Comuni va collocato all’interno del più ampio quadro inerente l’autonomia degli enti locali. Nell’attuale momento storico, fortemente caratterizzato da una profonda crisi economico-finanziaria, il legislatore statale, mosso dall’esigenza di una razionalizzazione delle spese, ha messo in atto un processo di ridefinizione dei territori (dagli ambiti provinciali alla c.d. geografia giudiziaria e – negli anni precedenti – anche dell’esperienza delle Comunità montane), nei confronti del quale il processo di fusione dei Comuni si configura a mo’ di percorso autenticamente “democratico”, proveniente dai livelli territoriali coinvolti e non discendente “dall’alto”, secondo parametri quantitativi predefiniti e senza alcuna riflessione sulle peculiarità dei territori di riferimento. Infatti i Comuni, in quanto depositari di una tradizione millenaria, sono il frutto di una sedimentazione culturale sviluppatasi nei secoli.
Quali sono i vantaggi indotti dalla Fusione dei comuni?
Dalla fusione di questi Enti – per mezzo della messa in rete delle risorse umane, finanziarie e strumentali ed dell’adozione di logiche di polifunzionalità nel personale – è verosimilmente possibile trarre i seguenti benefici:
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Garanzia, nel tempo, dell’offerta di servizi con l’attuale livello qualitativo ed omogeneo in tutto il territorio, anche in caso di future assenze, mobilità o quiescenze del personale;
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minori spese di struttura grazie allo sfruttamento delle economie di scala nei costi e nei tempi, con conseguenti maggiori risorse da dedicare ai servizi ai cittadini e alle imprese, ad esempio per programmi anticrisi e sociali o per incentivare l’efficientamento energetico per cittadini e imprese;
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incremento quantitativo (più ore) e miglioramento qualitativo (apertura in fasce orarie attualmente non coperte) del livello di accessibilità al pubblico;
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grazie all’esenzione temporanea dal patto di stabilità e agli incentivi statali e regionali, possibilità di realizzare investimenti in progettazione di nuove opere pubbliche e in manutenzione di quelle esistenti;
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strategie di programmazione e sviluppo territoriale e urbanistico sovracomunale di area vasta, che prevedano ad esempio la valorizzazione e la cura delle risorse ambientali e idrogeologiche, culturali e sportive presenti;
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creazione di un servizio di trasporto pubblico intercomunale;
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sviluppo di politiche di marketing territoriale;
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Maggiore “peso istituzionale” del nuovo Ente.
I vantaggi economici
Con la nascita del Comune unico si apre la possibilità di accedere a contributi ed incentivi attualmente in vigore per i Comuni che concludono il percorso di fusione. Tanto
lo Stato quanto la Regione riservano infatti interessanti premialità economiche in quanto la fusione è considerata un processo in grado di “fornire risposte ad una necessaria razionalizzazione della spesa ed efficientamento della gestione dei servizi per il cittadino”, che si sommeranno ai risparmi di gestione.
Le cifre sotto riportate, che riassumono i contributi economici prevedibili in caso di fusione, sono da intendersi indicative:
CONTRIBUTO REGIONALE (importo e durata)
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350.000 €/annuali per i primi 3 anni
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200.000 €/annuali per i successivi 12 anni
CONTRIBUTO STATALE (importo e durata)
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Lo Stato eroga, per un periodo di 10 anni, un contributo straordinario commisurato al 20% dei trasferimenti erariali attribuiti per il 2010 ai comuni che hanno dato luogo alla fusione (circa 800.000 €/anno per 10 anni)
IL TOTALE DEI TRASFERIMENTI AMMONTA A CIRCA 9 MILIONI DI EURO IN 15 ANNI.
Si tratta di risorse preziose in una fase economica come quella attuale, un potenziale che potrebbe costituire il “vero motore” di nuove strategie di investimento sul territorio.
A tali risorse occorre aggiungere che il comune unico sarebbe dispensato per 5 anni dal “Patto di stabilità”, secondo cui cui, com’è noto, per contribuire al risanamento dei conti pubblici nazionali, agli enti comunali viene chiesto di incassare di più di quanto spendono e di tenere i soldi fermi in banca. Infine, per legge, il nuovo comune avrebbe la precedenza sui bandi per i finanziamenti erogati dalla regione.
Solo vantaggi?
Alla luce dei rilievi effettuati, se da un lato vi sono evidenti sgravi fiscali e agevolazioni non è detto che la Fusione presenti solo risvolti positivi. Il rischio più evidente – e senza dubbio allarmante – è quello di perdere l’identità territoriale e la storia unica di ogni comune.
Lo studio di fattibilità ha evidenziato alcuni possibili rischi o relative criticità che potrebbero derivare dal percorso di fusione:
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la gestione del pregiudizio secondo cui la fusione può verosimilmente condurre alla perdita dell’identità territoriale. A tal fine è auspicabile prevedere un percorso di coinvolgimento e partecipazione delle Comunità interessate;
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l’esistenza di ambiti operativi e funzioni nei quali si è riscontrata una maggiore criticità, in termini di livello di disomogeneità tra gli Enti o di impatto esterno, per i quali è opportuno creare un percorso immediato di convergenza (Personale, Finanziario, Tributi, Pubblica Istruzione, Manutenzione e Urbanistica e Informatica);
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l’impatto del percorso sul personale di questi Enti, legato ad un “timore della novità” che rende necessario un coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e del personale di questi Comuni.
Brevi riflessioni conclusive
In considerazione dei rilievi effettuati sulla complessa tematica della fusione dei comuni, è opportuno rilevare l’impossibilità di tracciare linee conclusive dai contorni chiaramente circoscritti. La riforma costituzionale in atto, il nuovo ruolo delle Province e delle Città metropolitane, la nuova conformazione degli Enti comunali ha necessità di essere messa alla prova sui territori per poterne definire con certezza lati positivi e zone d’ombra.
È certo che i tempi che viviamo richiedono modifiche profonde del quadro istituzionale-amministrativo, che ha dimostrato la propria inadeguatezza e appare, indubbiamente, ormai inadatto a soddisfare le mutate esigenze dei territori, sia in termini di servizi che di rappresentatività.
Ciò posto, resta il dubbio o meglio il ragionevole timore, che a un rinnovato ed efficiente quadro economico-amministrativo indotto dalla fusione dei comuni – considerati i veri protagonisti della riforma in itinere che conta sulla loro capacità di superare la logica di una contrapposizione politica con gli altri livelli di governo – vada ad affiancarsi un impoverimento identitario e uno smarrimento culturale soprattutto delle aree interne e meno popolose che rischiano di essere non accorpate ma “fagocitate” dalle realtà comunali dotate di maggiore densità.
Vantaggi certi, dunque, ma di cui ad oggi non è ancora possibile definire con certezza il prezzo da pagare.
Un cambiamento sicuramente necessario che reca con sé benefici e problemi e che ad oggi raffigura quale unica certezza proprio la difficoltà di disegnare i contorni definiti degli uni e degli altri.
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