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Analisi e studi

La Costituzione economica 8° scheda: artt. 43 e 44

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Siamo oggi all’esame di due degli articoli più “socialisti” della Costituzione economica: gli artt. 43 e 44 che così recitano:

Art. 43.

A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

Art. 44.

Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.

Questi articoli, il primo per le aziende produttive, il secondo per la proprietà terriera, stabiliscono la prevalenza del principio dell’interesse generale e dell’equità nei rapporti sociali rispetto all’interesse privatistico al profitto ed alla rendita.

l’art. 43 affronta il tema della nazionalizzazione, originaria o sopravvenuta di imprese o intere tipologie che abbiano uno di questi requisiti considerati strategici:

  • si riferiscano a servizi pubblici essenziali
  • producano o distribuiscano fonti di energia
  • agiscano in regime di monopolio (anche di fatto)

Questa norma è stata utilizzata ad esempio per creare l’ENEL, raggruppando un insieme di imprese che gestivano l’energia elettrica, soprattutto per evitare che un bene essenziale come l’elettricità fosse gestito esclusivamente con logica di profitto e quindi a discapito dei ceti più poveri.

La nazionalizzazione forzata è ammessa solo in presenza di un prevalente interesse nazionale, tanto da non poter permettere che un privato gestisca o continui a gestire quel bene considerato strategico, e salvo indennizzo. Il riferimento all’espropriazione non è casuale: il procedimento espropriativo è infatti compiuto attraverso un susseguirsi di atti che permettono un controllo e quindi la tutela del soggetto espropriato.

Il fatto che il monopolista, sempre di un bene o servizio considerato di preminente interesse generale, sia di per sé passibile di espropriazione ha una duplice valenza: da una parte non si vuole che un soggetto possa gestire il prezzo del bene o servizio mettendo a rischio la sua fruibilità collettiva e quindi l’attuazione dei diritti costituzionali del singolo cittadino; dall’altra indica che lo Stato deve intervenire affinché non si creino monopoli, in quanto di per sé distorsivi e quindi in ultima analisi a sfavore del cittadino – utente. Con il prevalere negli ultimi anni di questa lettura si è arrivati anche a smembrare dei monopoli pubblici, originariamente costituiti a tutela dell’interesse dello Stato, ma che erano arrivati a rendite di posizione che bloccavano la possibilità di creare innovazione, come nel campo delle telecomunicazioni.

l’art. 44 nasce invece da una precisa necessità storica: al momento dei lavori della Costituente vi erano infatti ancora grandi latifondi ed i contratti agricoli (mezzadria in primis) avevano creato numerose tensioni fra proprietari e coltivatori, tensioni che erano sfociate anche in violente manifestazioni ed occupazioni di terreni incolti. Per razionalizzare lo sfruttamento dei terreni e creare condizioni di maggiore equità sociale, combattendo il potere dei grandi latifondisti i Costituenti imposero obblighi e vincoli e soprattutto limiti di estensione alla proprietà terriera, limiti che nel 1950 furono fissati con la riforma agraria in 300 ettari.

Essi sapevano che era stato il potere dei grandi  latifondisti in Sicilia a creare le condizioni per la nascita del fenomeno mafioso: i primi mafiosi infatti erano delle milizie al servizio dei gabellotti (sorta di affittuari a breve del latifondo, che per ricavare un utile sfruttavano ferocemente i contadini) per tenere a bada i coltivatori ed i braccianti e le loro pretese di miglioramento economico e contrattuale e gestire, dietro forte ricompensa, in qualità di campieri (una specie di sorveglianti) la sicurezza per difendere il territorio dai ladri (con i quali spesso si accordavano). Sovente a capo di queste cosche vi era un personaggio eccellente. Un documento del 1837 del Procuratore Generale di Trapani descrive il fenomeno:

 Vi ha in molti paesi delle unioni o fratellanze, specie di sette che diconsi partiti, senza colore o scopo politico, senza riunione, senza altro legame che quello della dipendenza da un capo, che qui è un possidente, là un arciprete. Una cassa comune sovviene ai bisogni, ora di fare esonerare un funzionario, ora di difenderlo, ora di proteggere un imputato, ora di incolpare un innocente. Sono tante specie di piccoli governi nel governo. La mancanza della forza pubblica ha fatto moltiplicare il numero dei reati. […] Così come accadono i furti escono i mediatori ad offrire transazione pel ricuperamento degli oggetti involati. Il numero di tali accordi è infinito

L’art. 44 quindi interviene pesantemente nella questione agraria imponendo lo smembramento dei grandi latifondi, agevolando la cessione a piccoli e medi proprietari terreni, promuovendo le bonifiche ed un più razionale sfruttamento dei terreni agricoli con la costituzione di unità produttive e la modifica dei contratti agrari che porterà alla scomparsa della figura del mezzadro.

Indubbiamente l’articolo è figlio di un’Italia rurale, in cui la classe contadina era forte e lottava per i propri diritti, ancora quasi totalmente misconosciuti, contro una classe redditiera, formata da vecchi aristocratici e nuovi proprietari terrieri. Un’Italia che noi ormai sentiamo lontana, ma che ricordiamoci è stato il primo nucleo di ripresa economica nel dopoguerra.

Alla prossima scheda.


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