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La Commissione UE sanzionerà anche la Francia? (di Davide Mura)

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I gilet gialli hanno vinto. Ma non credo che si acquieteranno. Non lo faranno. Ormai il meccanismo è stato innescato, e sono certo che finché Macron non si dimetterà, i francesi incazzatissimi non rinunceranno a battagliare. Da questo punto di vista i cuginetti sono più tosti di noi, che senza colpo ferire ci rassegnammo al Governo Monti. In Italia, per vedere un gilet giallo, devi sperare in un guasto in autostrada, e forse nemmeno in quel caso.

Ottimisticamente (per le élite), può anche darsi che i francesi ripongano i loro famosi gilet nell’armadio. Ma Macron e le suddette élite non si illudano: il malessere è troppo profondo per essere neutralizzato con qualche misura di facciata (quelle annunciate ieri urbi et orbi). Perciò, basterà poco per far scoppiare un nuovo incendio di proteste. Mentre è certo che le misure spendaccione faranno salire il deficit francese oltre la soglia del 3%. In tale caso Macron non solo avrebbe archiviato il Fiscal Compact, ma addirittura avrebbe mandato in soffitta l’art. 1 del protocollo n. 12 del Trattato Fondamentale dell’Unione Europea. Con tanti saluti e baci.

Dunque la domanda è questa: la Commissione europea che farà? Sanzionerà anche la Francia? Sul punto è curioso notare che da Bruxelles hanno or ora fatto trapelare che intendono attendere i dettagli della manovra francese prima di valutare. Ma come? Contro la manovra italiana, che (salvo sorprese) propone un modestissimo 2,4%, le dichiarazioni di fuoco sono partite solo su ipotesi di spesa, e per quella francese bisogna attendere i dettagli? Non vi sembra una presa in giro?

E a proposito di prese in giro, lo spread francese? Di quanti punti è salito? Come solo di qualche punto? Non dovrebbe lievitare come accade normalmente con lo spread italiano ogni qual volta un politico italiano parla di spesa pubblica o scoppia una polemica? E il discorso di Macron che annuncia i bagordi collettivi che faranno aumentare il deficit e probabilmente persino il debito pubblico? Non avrebbe dovuto farlo schizzare a 400 punti base sui “solidissimi” bund tedeschi?

Ehm… no. Lo spread francese rimane quasi del tutto immobile; un encefalogramma quasi piatto. E questo conferma solo un dato di fatto: lo spread è in realtà un metodo di governo. È un sistema attraverso il quale vengono imposte determinate scelte politiche, sfruttando le tendenze umorali dei mercati, e viene brandito a seconda del paese interessato. Così la Francia può star tranquilla: può avere sommosse popolari, manganellate dei riottosi che protestano per avere maggiore dignità e può annunciare un deficit che viola tutte le regole europee, che tanto in quel di Bruxelles staranno zitti e buoni, e al massimo attenderanno, pazientemente, i dettagli prima di parlare (v. sotto). L’Italia populista invece no: deve subito cambiare la manovra, anche se si parla solo di ipotesi e anche se la predetta sia solo timidamente espansiva. Deve tagliare quel deficit, attuare austerità e adattarsi ai diktat, altrimenti lo spread è lì pronto a schizzare in alto, per insegnare agli italiani che si devono votare i politici “responsabili” e non quelli che spendono i soldi – ohibò! – dei pensionati tedeschi e olandesi.

E a proposito di politiche spendaccione, se qualcuno si fosse, anche solo per un istante, illuso che lo sforamento del deficit francese avrebbe ammorbidito la posizione della Commissione sul deficit italiano, ebbene riponga quella speranza nel cassetto delle pie illusioni. La Commissione, a stretto giro di posta, ha già fatto sapere che entro 48 ore l’Italia deve cambiare la manovra, tagliando 12 miliardi di spesa. Perché, giustamente, Salvini, Di Maio e Conte non sono Macron, e l’Italia non è la Francia.

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/12/10/-manovra-riunione-su-investimenti-conte-tria_ca36a41d-17c3-41f2-a354-3aa62a83a0c1.html

 


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