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La Bulgaria rimane dipendente dal petrolio russo, anzi ne importa di più

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La Russia è stata colpita da ondate di sanzioni occidentali per l’invasione non provocata dell’Ucraina, anche per quanto riguarda il suo settore energetico, una delle principali fonti di reddito per il Cremlino. Il 5 dicembre sono diventate operative le sanzioni e il tetto al prezzo del petrolio che, almeno potenzialmente, dovrebbe limitare le vendite, e quindi gli utili , di Mosca. Però non sembra andare tutto esattamente secondo i piani.

I dati indicano che le ultime misure stanno avendo un certo impatto. Le esportazioni di petrolio russo sono scese ai minimi di due anni e il prezzo del greggio russo è scivolato a livelli mai visti dall’inizio dell’attacco su larga scala all’Ucraina, il 24 febbraio 2022. Ma mentre quasi tutta l’UE sta tagliando le forniture di petrolio russo, la Bulgaria, anch’essa membro della NATO, sembra essere in controtendenza. Alla fine del 2022, la Bulgaria era diventata il terzo acquirente di petrolio russo al mondo.

La Bulgaria non sta sfidando le sanzioni. Sofia ha ottenuto da Bruxelles un’esenzione che le consente di accettare carichi di petrolio russo consegnati via mare. La misura ha avuto un ampio sostegno in tutto lo spettro politico bulgaro, con Kiril Petkov, l’ex primo ministro di uno dei governi bulgari più filo-occidentali di sempre, che ha esercitato pressioni in tal senso.

Tutto il greggio russo consegnato alla Bulgaria finisce nella raffineria Neftochim di Burgas, che si dice sia il più grande impianto di questo tipo nei Balcani. La raffineria, situata nel porto di Burgas sul Mar Nero, è anche di proprietà di LUKoil, il secondo produttore russo di petrolio. La Bulgaria dipende fortemente da Neftochim Burgas: si dice che ogni auto e camion del Paese sia alimentato dal suo gas e dal suo diesel.

Il denaro proveniente dalla vendita di combustibili fossili è inequivocabilmente uno dei principali contribuenti del bilancio statale russo. Dal 2006, oltre il 60% delle entrate del bilancio federale russo proviene dalle vendite di petrolio e gas naturale, con una quota di petrolio cinque volte superiore a quella del gas.

La quantità di greggio russo caricata nei porti del Paese alla fine del 2022 era in media di 2,65 milioni di barili al giorno. Si tratta di un calo di circa il 14% rispetto al mese precedente, novembre.

“I principali acquirenti sono la Cina e l’India con più della metà, e a dicembre [2022] il terzo più grande acquirente di petrolio russo nel mondo era la Bulgaria”, ha dichiarato Kostantsa Rangelova, esperta di energia presso il Centro per lo Studio della Democrazia con sede a Sofia, in un’intervista con il Servizio bulgaro di RFE/RL. (In precedenza la Turchia occupava la posizione di terzo acquirente).

“La capacità della raffineria di Burgas è di 140.000 barili al giorno e può operare fino al 10% al di sopra di questa capacità. Il dato di dicembre di 150.000 barili al giorno coincide con il 100% di lavorazione del petrolio russo”, ha dichiarato Rangelova.

Dall’inizio del 2022, LUKoil ha lavorato più di 7 milioni di tonnellate di greggio nella raffineria di Burgas. Si tratta di una quantità quasi doppia rispetto al 2021, quando sono state lavorate circa 4,2 milioni di tonnellate.

Tempi duri per LUKoil

Questo status quo, tuttavia, potrebbe non durare per sempre: LUKoil è sempre più sotto pressione a livello globale e in Bulgaria.

Il gigante petrolifero russo sta ricalcolando le sue attività in Europa. Il 9 gennaio, la società ha annunciato di aver raggiunto un accordo per la vendita della raffineria ISAB in Sicilia.

Questo pochi giorni dopo aver annunciato che potrebbe vendere le sue attività in Romania e Moldavia, tra cui stazioni di servizio, una raffineria a Ploiesti, in Romania – dove possiede anche un parco eolico – e depositi di petrolio in entrambi i Paesi.

In Bulgaria, i politici stanno osservando con attenzione se LUKoil riuscirà finalmente a pagare. Come parte dell’esenzione dell’UE, la compagnia russa ha promesso di pagare le tasse locali dai ricavi generati in Bulgaria. È una cosa che LUKoil non ha fatto per anni, e i funzionari da tempo sospettavano che la società stesse falsificando i libri contabili.

Almeno dal 2006, la società ha regolarmente registrato perdite finanziarie annuali, con poche eccezioni. Nel 2020, la perdita è stata di ben 500 milioni di lev (292 milioni di dollari). Nessun profitto dichiarato significa nessuna imposta sul reddito versata allo Stato bulgaro, che quindi è rimasto con un  palmo di naso..

 


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