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Economia

Kenya, strangolato dai debiti in dollari, cerca ossigeno in Cina: la conversione del debito in Yuan non è politica, ma una mossa per sopravvivere

Schiacciato da un debito da 5 miliardi con Pechino per la gigantesca ferrovia SGR, il Kenya avvia le trattative per una mossa pragmatica e inedita: convertire i prestiti da dollari a Yuan. Una soluzione che potrebbe dimezzare i costi e offrire una vitale boccata d’ossigeno alle finanze dello Stato.

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Il Kenya sta attraversando una fase di profonda tensione finanziaria, schiacciato da un debito estero che sta prosciugando le casse dello Stato. In una mossa puramente pragmatica e dettata dalla necessità, il governo di Nairobi ha avviato trattative con la Cina, il suo più grande creditore bilaterale, per una ristrutturazione del debito che potrebbe offrire una vitale boccata d’ossigeno. L’obiettivo non è una scelta di campo geopolitico, ma una disperata ricerca di sollievo finanziario: convertire il debito denominato in dollari in Yuan cinesi.

La proposta, come spiegato dal Segretario al Tesoro John Mbadi, è tanto semplice quanto cruciale. Ogni anno, il Kenya spende circa 1 miliardo di dollari solo per ripagare i prestiti contratti con Pechino. La conversione della valuta del debito, unita a un allungamento delle scadenze di rimborso, avrebbe un impatto immediato e drastico. “Nel momento in cui passiamo dal dollaro USA al renminbi, automaticamente, il tasso di interesse si riduce di quasi la metà”, ha dichiarato Mbadi. “Per noi, questo è un risparmio enorme”.

Un fardello chiamato “SGR”

Il fulcro di questo enorme indebitamento è la Standard Gauge Railway (SGR), la linea ferroviaria ad alta velocità che collega la città portuale di Mombasa a Naivasha, passando per la capitale Nairobi. Costata 5 miliardi di dollari e finanziata quasi interamente con prestiti cinesi, la SGR rappresenta il più grande progetto infrastrutturale del Kenya dall’indipendenza, ma si è trasformata in un fardello finanziario insostenibile. Su un debito estero totale di 40,5 miliardi di dollari, quasi 5,04 miliardi sono dovuti alla sola Cina.

La ferrovia SGR realizzata e da realoizzare (in grigio)

La situazione è talmente critica che il Fondo Monetario Internazionale ha classificato il Kenya come un paese ad alto rischio di stress da debito. Le finanze pubbliche sono sotto enorme pressione a causa di una raccolta di entrate inferiore alle attese e di un accumulo di pagamenti per i prestiti, che sta soffocando la spesa pubblica e la capacità di investimento del paese.

Come nota Mark Setser, senior economist al CFR,  il Kenyua pagava un milairdo di dollari all’anno di rate su 5 miliardi di debito, tantissimo per un paese in via di sviluppo, per un’infrastruttura che, tra l’altro, non ha ancora sviluppato la propria utilità. La Cina preferisce realizzare infrastrutture a debito, non partecipando al capitale, e questo lascia il rischio ai paesi che le ricevono. Inoltre il differenziale dei tassi d’interesse in dollari e in Yuan è tale da rendere molto più interessante il prestito in Yuan, ma Nairobi dovrebbe procurarsi la valuta cinese sui mercati internazionali, o aumentando l’export verso Pechino.

Una soluzione che conviene anche a Pechino

Questa rinegoziazione, sebbene inedita, evidenzia come anche la Cina riconosca il rischio concreto che il Kenya non riesca a onorare i propri impegni. Secondo Yufan Huang, ricercatore della China-Africa Research Initiative presso la Johns Hopkins University, sia la Export-Import Bank of China che l’agenzia di credito Sinosure sono consapevoli dei rischi di rimborso.

Inoltre, Pechino potrebbe subire pressioni politiche per garantire la sostenibilità economica dei suoi progetti faro della Belt and Road Initiative, come la SGR. Un fallimento del Kenya si tradurrebbe in un fallimento del modello di investimento cinese. Permettere al Kenya di “prendere fiato” attraverso questa conversione non è solo un aiuto a un partner in difficoltà, ma anche un modo per proteggere il proprio investimento e promuovere l’internazionalizzazione dello Yuan.

In conclusione, la mossa del Kenya non va letta come un riallineamento strategico verso la Cina, ma come la conseguenza diretta di decisioni passate su grandi opere infrastrutturali finanziate con debito estero. È una lezione di realismo economico: quando gli interessi strangolano un’economia, la priorità assoluta diventa la sopravvivenza finanziaria, non la geopolitica.

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