Economia
Jerome Powell, Presidente della Fed e l’unico oppositore politico di Trump
Jerome Pawell, il governatore della Federal Reserve, resiste alle pressioni per ridurre i tassi USA, parlando di spinte inflazionistiche dovute ai tassi. In questo modo diventa il principale avversario di Trump

Mentre il Partito Democratico è nel caos e senza leader, tanto che George Clooney si prende pubblicamente il merito di aver affossato Biden, emerge l’unico vero oppositore politico di Trump oin questo momento, e non a caso è una figura teoricamente neutrale.
Jay Powell, l’attuale presidente della Federal Reserve, si sta profilando come una figura centrale, forse l’unica realmente incisiva al momento, nell’opporsi indirettamente alle politiche economiche volute da Donald Trump, mentre la politica è in difficoltà. Un articolo del Financial Times mette in luce proprio questo scontro potenziale, riportando gli avvertimenti di Powell sui rischi legati ai dazi commerciali introdotti dall’amministrazione Trump.
Secondo Powell, I dazi di Trump sono “probabilmente” destinate a mettere a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi fondamentali della Fed: la stabilità dei prezzi e la massima occupazione. Egli ha dichiarato chiaramente che gli effetti di tali politiche “probabilmente ci allontaneranno dai nostri obiettivi”, anticipando “maggiore inflazione e crescita più lenta”. Affermazioni che, tecnicamente, richiederebbero un’azione della Banca Centrale, ma quale?
La Fed si trova quindi di fronte a un dilemma. Da un lato, ha il mandato di mantenere l’inflazione vicina al target del 2% e di promuovere la piena occupazione. Dall’altro, le politiche di Trump, in particolare i dazi, spingono l’inflazione verso l’alto e potrebbero rallentare la crescita economica, mettendo potenzialmente a rischio l’occupazione. Powell ha sottolineato che, sebbene la Fed cerchi di bilanciare questi due obiettivi, la stabilità dei prezzi è una precondizione essenziale per garantire condizioni solide e durature nel mercato del lavoro.
Questa tensione è percepita anche da altri membri influenti della Fed, come John Williams (capo della Fed di New York) e Christopher Waller (governatore), i quali concordano sul probabile aumento dell’inflazione a causa dei dazi. Sebbene Waller ritenga l’impatto temporaneo, altri nel Federal Open Market Committee (FOMC), l’organo decisionale presieduto da Powell, temono che l’inflazione possa diventare un problema più persistente per i consumatori americani. I dati confermano queste preoccupazioni: l’indice dei prezzi PCE, l’indicatore preferito dalla Fed, si attestava già al 2,5% su base annua a febbraio, superando l’obiettivo.
In questo scenario, la politica della Federal Reserve di mantenere i tassi d’interesse fermi nell’intervallo 4,25-4,5% (dopo una serie di tagli nella seconda metà dell’anno precedente) assume un significato politico rilevante. La Fed ha adottato una strategia “wait and see”, attendendo dati economici più chiari per valutare l’impatto effettivo delle politiche di Trump. Però questo attendismo non piace ai mercati finanziari, che si attenderebbero una politica dei tassi più favorevole, proprio perché i dazi di Trump mettono sotto pressione gli utili delle aziende USA.
Questa fermezza nel non tagliare i tassi contrasta direttamente con le preferenze espresse da Trump, che desidererebbe tassi d’interesse più bassi per stimolare l’economia, in particolare settori sensibili ai tassi come quello immobiliare, e per incentivare i consumi. Rifiutando, per ora, di abbassare il costo del denaro nonostante le pressioni implicite e le potenziali ricadute sulla crescita, Powell e la Fed stanno di fatto agendo da contrappeso alle spinte potenzialmente inflazionistiche delle politiche di Trump.
In un momento in cui l’opposizione politica tradizionale sembra meno efficace, la politica monetaria indipendente della Federal Reserve, guidata da un Powell focalizzato sulla stabilità dei prezzi, emerge come il principale meccanismo istituzionale che cerca di moderare o contrastare gli effetti economici dell’agenda di Trump. La Fed pone la lotta all’inflazione come priorità, anche se ciò significa resistere alle richieste di una politica monetaria più accomodante. Nello stesso tempo però, in questo modo, la Federal Reserve si pone anche come principale bersaglio delle critiche trumpiane.
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