Analisi e studi
Italia: dati economici mediocri e l’inflazione dovrebbe far pensare
Abbiamo scritto questa mattina della Germania, ma non potevano mancare i dati italiani che, se apparentemente sono un poco migliori, dovrebbero far pensare.
Prima di tutti i dati sul PIL: il PIL italiano è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente nei tre mesi fino a settembre 2023, mantenendo la contrazione dello 0,4% del secondo trimestre e sotto le aspettative del mercato di un’espansione dello 0,1%, secondo una stima preliminare.
La produzione è diminuita nel settore agricolo, forestale e della pesca, seguendo il calo della produzione industriale e lo stallo dei servizi. Il risultato è in linea con le crescenti preoccupazioni per la crescita dell’economia italiana, che ha ceduto all’aumento dei costi di finanziamento della Banca Centrale Europea dopo alcuni trimestri di resistenza.
La Banca d’Italia ha abbassato le proiezioni di crescita per il 2023 e il 2024 nel suo ultimo bollettino, citando l’intensificarsi delle tensioni geopolitiche, l’indebolimento dell’economia cinese e l’inasprimento delle condizioni di credito in Italia e nell’Eurozona.
Ecco il grafico a livello di trimestre su trimestre
E quello su anno
casualmente sono entrambi a zero, meglio della Germnai, ma peggio di buona parte del resto del mondo. Tassi alti e prezzi energetici comunque elevati hanno avuto il loro effetto.
A mostrare che siamo di fronte a un forte rallentamento economico vi è anche l’inflazione, che diventa addirittura negativa mese su mese e va sotto il 2% su base annua, con solo 1,8%. Su base annua il tasso d’inflazione in Italia è sceso all’1,8% nell’ottobre 2023 dal 5,3% del mese precedente, al di sotto delle aspettative di mercato del 2,3% e mostrando la lettura più bassa dal giugno 2021.
La causa principalmente è in un forte calo dei costi energetici, sia non regolamentati (-17,7% vs 7,6%) che regolamentati (-32,7% vs -27,9%). Inoltre, i prezzi al consumo sono rallentati per gli alimenti non trasformati (5% vs 7,7% a settembre) e per gli alimenti trasformati, compresi gli alcolici (7,4% vs 8,9%).
D’altro canto, sono aumentati più rapidamente per i servizi legati all’abitazione (4% vs 3,7%) e per i servizi legati ai trasporti (4% vs 3,8%), che ricordiamo vengono a seguire l’inflazione successivamente la rilevazione ISTAT dell’inflazione. Per quanto riguarda l’inflazione di fondo, al netto dell’energia e dei prodotti alimentari freschi, è scesa ulteriormente al 4,2% dal 4,6% del periodo precedente. Su base mensile, l’IPC è sceso dello 0,1%, questo a segnare che la dinamica salariale, che si è mossa successivamente lo shock esterno, sta rallentando.
Ecco il grafico relativo
Ed ecco l’inflazione mese su mese
Il fatto che l’inflazione sia caduta in questo modo ha una serie di cause e conseguenze:
- la domanda energetica è talmente bassa che, nonostante le tensioni internazionali, anche crescenti, i prezzi sono crollati perché, banalmente, manca la domanda. Aiutano i fattori ambientali, ma il problema è che il sistema produttivo italiano ed europeo sta andando in letargo;
- ora abbiamo che i rendimenti reali di tutti i debiti e titoli di stato italiani diventano POSITIVI, e non poco positivi, dato che un BTP decennale ora rende il 2,9% in termini reali. Molto, e non parliamo dei debiti privati i cui rendimenti reali sono ora alle stelle.
Rendimenti reali positivi sono un forte disincentivo verso la spesa, perché pesano sul debito per investimento e per consumo, mentre vi è una spintta al risparmio per poter avere un ritorno reale positivo passivo. Una situazione quindi pessima per l’economia, perché a sua volta viene a creare una spinta alla recessione.
Avremo una crisi auto alimentante? Lo sapremo solo seguendo il comportamento della BCE e vedendo quello che accadrà nei prossimi mesi. Ci sarebbero le premesse non solo per non alzare i tassi ulteriormente, ma perfino per ridurli.
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